la violenza
sulle donne,
qual è il ruolo
degli uomini?
«Gli uomini hanno un
ruolo centrale», dicono i cartelloni nella metropolitana milanese in occasione
della Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le
donne. Il 25 novembre è importante guardarlo anche dalla parte degli uomini:
come si lavora con chi ha compiuto un reato? Cosa è davvero efficace in ottica
educativa e preventiva? Qual è la cosa più urgente da fare oggi per realizzare
un vero cambiamento? Un dialogo con tre esperti: Paolo Giulini, presidente e
fondatore del Centro italiano per la promozione della mediazione, Stefano
Ciccone, tra i fondatori di Maschile plurale e Luca Milani, professore di
Psicologia dello sviluppo e dell'educazione all'Università Cattolica
Nella Giornata
internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne è importante
ovviamente parlare del supporto alle vittime di violenza, ma anche del ruolo
che hanno gli uomini. Senza quel cambiamento, nulla cambierà. È un passaggio di
prospettiva che traspare anche nelle frasi della campagna di sensibilizzazione
promossa nella metropolitana milanese da Atm e dalla Rete antiviolenza del
Comune di Milano: l’anno scorso la campagna puntava sulla conoscenza del numero
d’emergenza dedicato 1522, con il claim «Diamo alle donne i mezzi
per combattere la violenza» cancellato a pennarello da una mano anonima alla
fermata di Porta Romana e sostituito con la scritta «Diamo agli uomini la
capacità di non essere violenti!». Quest’anno la campagna gioca su slogan
costruiti attorno ai nomi delle fermate: Duomo diventa l’occasione per dire
«Scegli che tipo d’uomo essere», Isola invita a «Isola chi fa violenza, non chi
la subisce» e Centrale scandisce a chiare lettere che «Gli uomini hanno un
ruolo centrale».
Ma come lavora chi lavora
con uomini maltrattanti? E quali sono le priorità della prevenzione, per fare
in modo che si attui un vero cambiamento? Reti, cambiamento come opportunità e
alleanza intergenerazionale sono le tre parole chiave per tre esperti della
materia.
Stefano Ciccone,
tra i fondatori di Maschile plurale, spiega che «occorre costruire il desiderio
di cambiamento maschile. Bisogna vedere il cambiamento non come una minaccia o
una perdita per gli uomini, ma come un’opportunità». Paolo Giulini,
presidente e fondatore del Centro italiano per la promozione della mediazione
dice che serve «una grande capacità di costruire reti, di gestire
collaborazioni tra centri antiviolenza e chi si occupa degli uomini
maltrattanti e violenti è assolutamente la ricetta necessaria per contrastare
questo fenomeno e per minimizzarne i danni». Luca Milani,
professore ordinario di Psicologia dello sviluppo e dell’educazione presso
l’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano punta invece su «un’alleanza
generazionale tra la generazione X e i ragazzi, che – diversamente da quel che
si pensa – non sono meno sensibili agli stereotipi del maschile. Anzi, sui
social e nei testi di tante canzoni c’è un ritorno di un certo “maschilismo di
cartone”».
Nessun commento:
Posta un commento