Padre
Faggioni: la Lumen Gentium e la chiamata universale alla santità
Padre
Maurizio Faggioni, francescano minore e docente di Bioetica all’Accademia
Alfonsiana, al quale è stata affidata la relazione del pomeriggio, sulla
“chiamata universale alla santità e santità canonizzabile oggi” ha citato san
Paolo, quando nella Lettera agli Efesini scrive che il Padre “ci ha scelti,
prima della creazione del mondo, per essere santi e immacolati di fronte a Lui
nella carità”. E poi la costituzione conciliare Lumen Gentium, che al punto 40
chiarisce che “I seguaci di Cristo, chiamati da Dio” nel battesimo della fede
“sono stati fatti veramente figli di Dio e compartecipi della natura divina, e
perciò realmente santi”.
Le
virtù cristiane, non esclusiva dei santi canonizzati
Padre
Faggioni ha citato anche l’esortazione apostolica Gaudete et exsultate di Papa
Francesco, scritta nel 2018 con l’obiettivo di “far risuonare ancora una volta
la chiamata alla santità, cercando di incarnarla nel contesto attuale, con i
suoi rischi, le sue sfide e le sue opportunità. Perché il Signore ha scelto
ciascuno di noi ‘per essere santi e immacolati di fronte a Lui nella carità’ ”.
Le virtù cristiane, che non sono una esclusiva dei santi canonizzati, ha
sottolineato il relatore, “ma sono e devono essere lo stile di ogni cristiano”,
possono essere esercitate, scrive il Papa “in modo ordinario e in modo
straordinario”. E accanto ai santi già beatificati e canonizzati, aggiunge, “mi
piace vedere la santità nel popolo di Dio paziente: nei genitori che crescono
con tanto amore i loro figli, negli uomini e nelle donne che lavorano per
portare il pane a casa, nei malati, nelle religiose anziane che continuano a
sorridere”.
Suor
Melone: l'idea sbagliata della santità irraggiungibile
In
mattinata, intervenendo sulla “perenne attualità dei santi”, suor Mary Melone,
teologa già rettore della Pontificia Università Antonianum e oggi superiora
generale delle Suore Francescane Angeline, ha ricordato che nonostante il
cammino della Chiesa dalla Lumen Gentium alla Gaudete et exsultate, “rimane
ancora molto diffusa l’idea della santità come di un qualcosa di
irraggiungibile, della eroicità delle virtù come di una condizione di
superiorità che non è alla portata di tutti”. Ma deve essere chiaro, ha
sottolineato la religiosa, che “l’eroicità delle virtù non può essere intesa
come l’impegno con cui l’uomo si guadagna da solo, con le proprie forze, la
salvezza”, ma “si configura come risposta al dono di grazia di Dio”. Eroicità
per i santi, ribadisce anche nell’intervista a Vatican News, “vuol dire dare
tutto ciò che possono”, e questo “è alla portata di tutti i cristiani”.
Francesco
d'Assisi e i santi che parlano a tutte le lingue
Il
santo, ha proseguito suor Melone, “è imitabile non tanto nei suoi singoli gesti
e nei suoi comportamenti, quanto piuttosto perché egli esercita una forza di
attrazione tale da spingere anche altri a cercare, sul suo esempio, la propria
forma di sequela di Cristo”. E ciò che attrae nell’esempio dei santi “è la
percezione di una vita bella, pienamente riuscita. Nel vissuto dei santi si
coglie con immediatezza il dilatarsi delle potenzialità dell’umano ad opera
dell’amore di Dio”. E ciò che li rende contemporanei ad ogni uomo, in ogni
epoca, “è l’aver assunto in pienezza la forma di Cristo, il loro poter dire”,
come san Paolo ai Galati, “non sono più io che vivo, ma Cristo vive in me”.
Parlando di san Francesco di Assisi, nel giorno della sua festa, la religiosa
francescana ha sottolineato la sua peculiarità “data dal fatto che ogni
generazione, in ogni epoca, ha ritenuto il messaggio di Francesco attuale per
il proprio tempo”, e “lo ha riconosciuto contemporaneo a sé, alla propria
situazione di vita di fede”.
Perché
i santi affascinano, e il loro fascino dura nel tempo, come ad esempio
Francesco che ricordiamo oggi? Perché lo possiamo definire un santo per tutti i
tempi?
Perché
i santi hanno la capacità, in maniera più evidente ed immediata, di comunicarci
la freschezza del Vangelo. Ci fanno capire nel tempo che il Vangelo ha una
logica che è per l'uomo, che dà la pienezza di vita all'uomo, e questo
affascina. I santi lo traducono nella loro vita, e l'uomo in ogni tempo se ne
sente attratto.
Su
san Francesco lei sottolineava che ogni generazione ha visto il suo messaggio
attuale, per il suo tempo…
Francesco
in modo particolare ha un fascino perché ha accolto alcune dimensioni del
Vangelo che riescono a parlare tutte le lingue. Ieri si diceva, nell'apertura
del convegno, che santi come lui riescono a parlare anche lingue di non
credenti. Il suo messaggio di fratellanza universale sicuramente riesce a
raggiungere il cuore di tanti e vorrei dire anche di tanti giovani. Chi ha
l'occasione di andare ad Assisi vede che i luoghi di Francesco sono i luoghi
forse tra i più frequentati dai giovani. Forse perché Francesco con quel suo
amore semplice, libero, che la povertà esprime, riesce davvero a toccare quelle
attese che sono in ciascuno di noi, ma forse particolarmente nei giovani.
La
povertà di Francesco è difficile e complessa, e la storia del francescanesimo
lo attesta. Però ha un contenuto di libertà: la povertà di Francesco più che
privazione è libertà dal dominio delle cose e libertà anche dalla paura. È per
questo che attraversa i secoli: perché questo forma di povertà è una forma che
libera il cuore.
Lei
si chiedeva anche: ma se i santi sono esempio di eroicità delle virtù, come
possono anche essere imitati? La loro non è una perfezione irraggiungibile?
La
tentazione di considerarli irraggiungibili c'è sempre, anche perché il
linguaggio non ci aiuta. L'eroicità, noi la decodifichiamo con le immagini
degli eroi che la nostra cultura ci presenta. Ma per i santi vuol dire dare
tutto ciò che possono, e questo è possibile per ogni uomo. C'è una santità
canonizzabile che ovviamente ha alcuni criteri per un giudizio, ma questo
“tutto ciò che possiamo” è alla portata di tutti. Non a caso la Gaudete et
exsultate ricorda che la santità è una chiamata che riguarda tutti cristiani
Ci
può spiegare cosa intendeva, dicendo che i santi possono essere imitati per
generatività?
Intendo
generatività come quella forza di attrazione che un santo pone. Chi va, per
esempio, a visitare i luoghi dove ha vissuto un santo, di solito ne esce
affascinato, colpito, sicuramente da ciò che ha scoperto e ha conosciuto ma
porta via, normalmente, il desiderio di fare qualcosa di simile. E quindi
l'esempio è generativo suscita un desiderio di fare la stessa cosa, secondo le
proprie capacità.
Ronzani:
il santo, non emancipato da Dio, ma incorporato a Cristo
Prima
di suor Melone era intervenuto l’agostiniano padre Rocco Ronzani, docente
dell’Istituto Augustinianum, su “L’attualità della santità in una prospettiva
patristica”, sottolineando che in sant’Agostino e nei Padri, il santo non è
“emancipatus” da Dio, ma “incorporato a Cristo che lo emancipa dalla schiavitù
del peccato”.
Manes:
le Beatitudini, manuale di santità donato da Gesù
Sempre
nella sessione del mattino, due relatrici hanno affrontato il tema de “Le
Beatitudini, via alla santità”. Rosalba Manes, docente di Teologia biblica
della Pontificia Università Gregoriana, ha ricordato che nella Gaudete et
exsultate il Papa chiarisce che Gesù ci ha spiegato, con semplicità cos’è
essere santi nel discorso delle Beatitudini, perché “In esse si delinea il volto
del Maestro, che siamo chiamati a far trasparire nella quotidianità della
nostra vita”. E i beati sono felici grazie alla “consolazione, sazietà, visione
di Dio e comunione con Lui, beni annunciati da Gesù che non riguardano il
futuro ma il presente che egli è venuto a qualificare”. Gesù, ha concluso la
teologa “con le Beatitudini annuncia il programma della sua vita e missione,
descrive il suo stile mite, misericordioso e improntato alla giustizia, la sua
vita ‘a braccia aperte’, quella che ognuno di noi con il battesimo è chiamato a
vivere per fiorire in pienezza”.
Anes
Bello: la piccola schiera dei santi contro il male
Dopo
di lei Angela Anes Bello, già docente di Storia della filosofia alla Pontificia
Università Lateranense, ha sottolineato come nelle Beatitudini Gesù non parli
astrattamente di mitezza o povertà, ma di coloro che “concretamente mostrano di
essere miti o poveri”. La santità, ha spiegato, “che può e deve mostrarsi già
in questa vita, è finalizzata all’accordo, alla pace fra gli esseri umani,
accordo che si può ottenere essendo miti, misericordiosi, giusti, pacifici,
semplici, trasparenti, e tutto ciò si ottiene attraverso un processo di
perfezionamento e di superamento del male”. Una parola che non è presente nel
discorso di Cristo, “ma tutti gli atteggiamenti descritti dimostrano la
necessità di una lotta contro le tendenze negative, contro quello che
sant’Agostino definisce il male morale”. L’ideale non è la sofferenza, ha
concluso Anes Bello, “come sembrerebbe ad una lettura superficiale, ma l’ideale
è un modo migliore che non si ottiene senza sofferenza. Se tutti accettassero
di essere miti, misericordiosi, giusti, non ci sarebbero più persecuzioni. Ma
il male continua ad essere presente nel mondo, la santità è propria di coloro
che sono il sale della terra, una piccola schiera che può diventare sempre più
numerosa se ci si mette alla sequela della Parola”.
Riccardi:
la santità è resistenza alla disumanizzazione
Di
santità degli scartati e di chi vive accanto a loro si è occupato nell'ambito
del convegno lo storico e fondatore della Comunità di Sant'Egidio Andrea
Riccardi. Il suo è stato un attraversamento di figure che hanno testimoniato
una vita rifiutata o accanto a poveri ridotti a “immondizia che non ha valore”.
Cosa significa parlare di santità in un mondo dove gli slums ospitano il 31%
della popolazione mondiale e ci abita il 72% della popolazione subsahariana? E'
stato mosso da questo interrogativo l’intervento del fondatore della Comunità
di Sant’Egidio che, dopo aver citato Papa Francesco, è tornato a ciò che hanno
scritto sul tema don Tonino Bello, san Giovanni Crisostomo, il cardinal
Wojtyla. Si è soffermato in particolare sull’esperienza di chi ha finito i
propri giorni nei campi di sterminio nazisti, segno di quella che ha definito
“corrente impetuosa di santità”, “vittoria disarmata della santità sulla
disumanizzazione di un sistema di disprezzo e di odio che voleva nullificare
l’uomo”. Padre Massimiliano Kolbe, Titus Brandsma sono solo alcuni esempi.
Suor
Emmanuelle e fratel Carlo, apostoli degli scartati
Di
suor Emmanuelle, al secolo Madeleine Cinquin, religiosa di Sion, soprannominata
‘l’angelo degli straccivendoli’ poiché ha vissuto a lungo in mezzo ai bambini
di una bidonville a Il Cairo, Riccardi ha parlato ampiamente ricordando quanto
lei usava ripetere: "I poveri mi hanno insegnato il Vangelo che avevo
letto sulla carta". È alla luce di storie come questa che lo storico della
Chiesa ha scandito come sia “insensata la contrapposizione tra spiritualità e
solidarietà”. Infine il pensiero è andato alla fede e alla preghiera di tanti
rifugiati morti nelle traversate in mare: “un mondo inesplorato”, ha affermato.
E, ancora, alla recente canonizzazione di fratel Carlo di Gesù, importante
proprio perché additava alla Chiesa degli inizi del '900 “la dislocazione in
mezzo agli scartati come via alla santità”. Studiare questa santità inutile, è
stato l’invito di Riccardi, con pazienza e finezza spirituale perché non vadano
disperse queste gocce di vita e di sangue.
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