sabato 15 ottobre 2022

IL RESPIRO DELLA PREGHIERA

 Pregare è come respirare

XXIX domenica del Tempo Ordinario

Letture: Es 17,8-13; Sal 120; 2Tm 3,14-4,2; Lc 18,1-8

 In quel tempo, Gesù diceva ai suoi discepoli una parabola sulla necessità di pregare sempre, senza stancarsi mai:

«In una città viveva un giudice, che non temeva Dio né aveva riguardo per alcuno. In quella città c’era anche una vedova, che andava da lui e gli diceva: “Fammi giustizia contro il mio avversario”.

Per un po’ di tempo egli non volle; ma poi disse tra sé: “Anche se non temo Dio e non ho riguardo per alcuno, dato che questa vedova mi dà tanto fastidio, le farò giustizia perché non venga continuamente a importunarmi”».

E il Signore soggiunse: «Ascoltate ciò che dice il giudice disonesto. E Dio non farà forse giustizia ai suoi eletti, che gridano giorno e notte verso di lui? Li farà forse aspettare a lungo? Io vi dico che farà loro giustizia prontamente. Ma il Figlio dell’uomo, quando verrà, troverà la fede sulla terra?».

 

Commento al Vangelo di don Ciro Lo Cicero

“In quel tempo, Gesù diceva ai suoi discepoli una parabola sulla necessità di pregare sempre, senza stancarsi mai…”. (v.1)

Durante il viaggio verso Gerusalemme Gesù forma i suoi discepoli e, in tale contesto, l’evangelista Luca ci propone una parabola sulla preghiera, in particolar modo sulla necessità di pregare sempre, senza stancarsi mai. Protagonista della preghiera è una donna debole, una vedova, abbandonata dalla società e vittima di prepotenti oppressori. La parabola è provocatoria, bisogna capirla bene, bisogna comprendere il ribaltamento della prospettiva. Gesù vuole dire anzitutto che Dio non è così: Dio non è ingiusto e disonesto; Dio non deve essere convinto a fare il bene. L’insistenza di cui si parla non è la “fissazione religiosa” con la quale si pretende di piegare Dio ai propri voleri, costringendolo a fare la “nostra volontà”.

In quella città c’era anche una vedova, che andava da lui e gli diceva: “Fammi giustizia contro il mio avversario”. (v.3)

La vedova chiede con insistenza che le venga fatta giustizia contro il suo avversario. Ecco il centro d’interesse: la giustizia. Chiedere al Signore che ci “faccia giustizia” significa desiderare con tutte le forze di diventare giusti, di ottenere una buona relazione con lui, di crescere nell’amicizia con il Signore. Significa aspirare con forza e determinazione a vincere il nostro avversario, cioè il male. Ad esempio: se uno non riesce a perdonare chi gli ha fatto un torto e chiede al Signore con costanza e convinzione di essere reso capace di perdono, forse Dio non lo ascolterà? Bisogna semplicemente crederci e insistere nel domandare l’umiltà e la generosità. Il problema, allora è la fede: abbiamo questa fede? Abbiamo, cioè, l’atteggiamento credente e fiducioso per desiderare fortemente ciò che è conforme al progetto di Dio?

Papa Francesco, in una sua omelia, così commenta: “La parabola termina con una domanda: “Ma il Figlio dell’uomo, quando verrà, troverà la fede sulla terra?” (v. 8). E con questa domanda siamo tutti messi in guardia: non dobbiamo desistere dalla preghiera anche se non è corrisposta. E’ la preghiera che conserva la fede, senza di essa la fede vacilla! Chiediamo al Signore una fede che si fa preghiera incessante, perseverante, come quella della vedova della parabola, una fede che si nutre del desiderio della sua venuta. E nella preghiera sperimentiamo la compassione di Dio, che, come un Padre, viene incontro ai suoi figli pieno di amore misericordioso”.

 Buona riflessione e buona domenica a tutti!

 Il Sicomoro

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