È difficile smentire
questa considerazione dellex ministro francese della Cultura, Jack Lang. Il
patrimonio culturale che i nostri padri ci hanno lasciato è sterminato.
Purtroppo, però, soprattutto in epoca recente, essi hanno avuto come eredi dei
veri e propri stupidi o barbari che hanno cominciato allegramente a sfregiare
quel lascito, a coprirlo di capannoni e di orridi edifici, a calpestarlo con
disprezzo. Ormai questo lamento sulla devastazione ambientale e monumentale,
spesso persino avallata da leggi insensate, è diventato un luogo comune che
talora è bollato come maniacale.
È così che si abbassa progressivamente lo stile di vita, che si trovano giustificazioni per gli scempi edilizi o per gli orridi graffiti urbani, che ci si disinteressa di arte e di musei a partire già dalla scuola, protesa solo su Internet e sull’inglese. La corruzione non è solo una questione di etica ma anche di estetica: il Nobel messicano Octavio Paz (1990) affermava che un popolo comincia a guastarsi quando corrompe la sua grammatica e il suo linguaggio.
Banalità, volgarità, stupidità che ci assediano sono il segno della perdita non solo del senso del bene ma anche del bello. La bruttezza delle città e delle cose genera anche brutture e brutalità morali. La degenerazione nello stile di comportamento trascina con sé un calo dei valori e della dignità umana.
Per questo è
necessario riscoprire i veri diamanti della cultura, della spiritualità, della
bellezza.
* G. Ravasi, Breviario laico, Mondadori
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