Il Vangelo è un libro di strade e di
vento. E di incontri. Gesù conosceva l’arte dell’incontro, questo gesto povero
e disarmato, potente e generativo. Siamo a Gerico, forse la più antica città
del mondo. Gesù va alle radici del mondo, raggiunge le radici dell’umano.
Gerico: simbolo di tutte le città che verranno dopo.
C’è un rabbi che riempie le strade di
gente, e un piccolo uomo curioso «cercava di vedere Gesù».
Quello di Zaccheo si direbbe un caso
disperato. C’è il muro della folla e lui è basso. Gli basta solo vederlo, di
parlargli non spera. Ma poi per dirgli cosa, il ladro di Gerico, impuro,
esattore delle tasse, ricco di bustarelle, favori, furti? Cosa c’entra lui con
l’amico dei poveri?
Zaccheo, piccolo uomo, conosce i
propri limiti ma non si piange addosso, piuttosto si inventa una soluzione:
l’albero! E quell’albero diventa la sua libertà.
All’avvicinarsi di Cristo si deve
sempre sentire aria di libertà.
«Corse avanti e salì su un sicomoro».
Tre pennellate precise: corre, sale sull’albero, cambia prospettiva. Ed ecco
che la bassa statura diventa la sua fortuna, l’uomo piccolo di valori diventa
un gigante di intraprendenza del bene.
Anche Gesù sa cambiare prospettiva:
passa e alza lo sguardo. Ed è subito sintonia, tenerezza chiamata per nome:
Zaccheo, scendi. Tra l’albero e la strada uno scambio di sguardi centra il
cuore del piccolo uomo, raggiungendone la parte migliore.
Poi, la sorpresa delle parole: devo
fermarmi a casa tua.
A Dio manca qualcosa, manca Zaccheo,
manca l’ultima pecora, manco io.
Zaccheo cerca di vedere Gesù e scopre
che Gesù cerca di vedere lui. Il cercatore si sente cercato, l’amante si
scopre amato, ed è subito festa.
Se Gesù avesse detto: “Zaccheo ti
conosco, so che sei un ladro, ma se restituisci il maltolto oggi verrò a casa
tua”, egli sarebbe sicuramente rimasto sull’albero. Invece dice: “devo
fermarmi”, per stare con te. Anche Zaccheo come un discepolo (li scelse perché
stessero con lui Mc 3, 14).
Dio «deve», ma non per la mia buona
condotta, il suo sguardo si posa su ciò che mi manca per una vita piena. Parola
che interpella la mia parte migliore, che nessun peccato potrà cancellare.
Zaccheo, solito alla legge dello
sfruttamento, capisce da Gesù che la vita è altro, e fa più di ciò che esigeva
la legge, forse meno di quello che Gesù vorrebbe, ma in totale libertà. Cuore
nuovo, cuore libero, vangelo.
Gesù non gli elenca gli errori, non
li giudica, non punta il dito. Il rabbi lo conquista con la sorpresa
dell’amicizia, che ripara le vite in frantumi.
Allora scese “in fretta” e lo accolse
pieno di gioia. Sono poche parole: fretta, accogliere, gioia, ma che dicono
sulla conversione più di tanti trattati. E mentre la casa si riempie di amici,
Zaccheo si libera delle cose: «Metà di tutto è per i poveri e se ho rubato…».
Ora può abbracciare l’intera sua vita di difetti e generosità, può coprire il
male di bene.
Così oggi Dio viene a casa mia, a tavola
con me. E Gerico diventa ogni strada del mondo dove per ognuno c’è un albero,
per ognuno uno sguardo. La casa di Zaccheo è la mia, e sulla soglia ti attendo:
vieni!
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