I ragazzi di oggi dormono due ore in meno rispetto a prima”
Di redazione
“Uno smartphone in mano a un bambino è come un go-kart
in autostrada”. Con questa immagine forte e provocatoria, lo psicoterapeuta
Alberto Pellai ha voluto sottolineare, durante il Meeting per l’amicizia tra i
popoli a Rimini, i rischi legati all’uso precoce e incontrollato degli
strumenti digitali da parte dei più giovani.
Nel corso dell’incontro “Social e intelligenza
artificiale: non serve lo schermo per crescer smart”, Pellai ha
evidenziato come la vita online dei ragazzi sia un mondo spesso sconosciuto ai
genitori, un contesto che può riservare spiacevoli sorprese. Per questo è
fondamentale che scuola e famiglia collaborino per educare i ragazzi ad un uso
consapevole e responsabile del digitale.
Secondo Pellai, il mondo online, basato
sull’attivazione dopaminergica, genera dipendenza e frammentazione
dell’attenzione, con conseguenze negative sul sonno e sulla capacità di
concentrazione. “I nostri figli dormono, grazie al digitale, due ore in
meno a settimana rispetto a prima“, ha affermato lo psicoterapeuta.
“I ragazzi sono ferro, il mondo digitale è
un campo magnetico che li tiene attaccati. Fare entrare questa cosa nella vita
di un bambino è uno degli errori più gravi che si possano fare”,
aggiunge.
L’invito di Pellai è chiaro: è necessario analizzare a
fondo le funzioni e le caratteristiche specifiche di strumenti e piattaforme
digitali, per poter guidare i ragazzi verso un utilizzo consapevole e
responsabile, che non si trasformi in una pericolosa dipendenza.
Il ministro dell’Istruzione e del Merito, Giuseppe
Valditara, ha annunciato a luglio, la decisione di eliminare gli smartphone
dalle scuole e di limitare l’utilizzo del digitale soprattutto alla primaria e
alla media. Una decisione condivisa da Pellai: “Dai 9 ai 14 anni il
cervello è molto fragile nei confronti dell’ingaggio proposto dalla vita
online”.
Poi conclude: “Un dodicenne che vuole fare i
compiti di matematica e ha lo smartphone per usare la calcolatrice riceve
notifiche da altre app molto più attraenti. È difficile che dica ‘non le
guardo, devo fare i compiti’: nel cervello di un dodicenne c’è uno tsunami, il
cervello cognitivo non sta dietro a quello emotivo. Il lavoro dell’adulto è
canalizzare il cervello emotivo verso obiettivi diversi dal paese dei balocchi
promesso dalle app”.
Nessun commento:
Posta un commento