di Save the Children:
aumentano povertà
e crisi educativa
Giunto alla dodicesima edizione il lavoro della Ong lancia l’allarme su
minori e denatalità. Messi a fuoco anche gli effetti della pandemia che ha
acuito il gap di servizi per l’infanzia tra il nord e il sud dell'Italia, in
particolare nella scuola. Raffaela Milano: usare fondi del Piano nazionale di
ripresa e resilienza per colmare le diseguaglianze
In Italia cresce la povertà assoluta tra i minori, si amplia la
diseguaglianza economica tra aree geografiche e diminuiscono gli investimenti
nell’istruzione e nella prima infanzia, il tutto in un contesto di denatalità
senza precedenti. E’ un quadro a tinte fosche tracciato dalla XII edizione
dell'Atlante dell'infanzia a rischio in Italia 2021 "Il futuro è già
qui" di Save The Children che è stato presentato oggi a Roma, a pochi
giorni dalla Giornata Mondiale dell'Infanzia e dell'Adolescenza.
Crisi demografica
È l’inverno demografico l’aspetto più emblematico delle condizioni sempre
più marginali in cui versa l’infanzia in Italia. Save The Children registra
che, negli ultimi 15 anni in Italia, la popolazione di bambine, bambini e
adolescenti è diminuita di circa 600 mila minori e oggi meno di un cittadino su
6 non ha compiuto i 18 anni. L’ong parla di un Paese in cui l’infanzia è “a
rischio di estinzione”. “Dai tempi del baby boom ad oggi la rotta sembra
infatti essersi clamorosamente invertita – si legge nel rapporto - una marcia
indietro che ha travolto la curva demografica e l’ascensore sociale, sempre più
in caduta libera e che rischia di trascinare il futuro delle giovani
generazioni e del Paese intero”.
Povertà sempre più diffusa
Tra le cause delle culle vuote sicuramente l’aumento degli indici di
povertà assoluta. Nello stesso lasso di tempo si contano infatti un milione di
bambine, bambini e adolescenti in più senza lo stretto necessario per vivere
dignitosamente. Durante l’anno della crisi pandemica, il
2020, i bambini e i ragazzi che vivevano in condizioni di povertà senza
accedere a beni e servizi essenziali erano il 13,5% del totale, ovvero un
minore su sette.
Povertà alimentare
La quota di "under-18" in povertà relativa presenta forti
disuguaglianze territoriali con differenze significative tra regione e
regione. Se in Trentino-Alto Adige la stima era dell’8%, meno di 1 minore
su 12 in povertà relativa, in Campania e Basilicata era del 34%, riguardava
cioè 1 bambino su 3, nel 2020. L’Eurostat ha calcolato anche la povertà
alimentare tra i bambini, facendo cioè una stima del numero di minori che non
consumava neanche un pasto proteico al giorno. Nel 2019 il 6% dei minori
tra uno e 15 anni sperimentava questa forma di povertà e nel 2020, con la
chiusura prolungata di scuole e mense, la povertà alimentare potrebbe aver
colpito ancora più bambini in condizioni svantaggiate.
Crisi educativa
Un capitolo a parte merita la crisi educativa, particolarmente acuita dalle
misure adottate per il contenimento del Covid-19. Tra il 2010 e il 2016 la
spesa per l’istruzione è stata tagliata di mezzo punto di PIL, e si è
risparmiato anche sui servizi alla prima infanzia, le mense e il tempo pieno,
lasciando che, allo scoppio della pandemia, i divari e le disuguaglianze si
ampliassero ulteriormente. La percentuale di ragazzi tra i 18 e i 24 anni che
non studiano e non hanno concluso il ciclo d’istruzione raggiunge il 13,1% (a
fronte della media europea del 9,9%) e quella di NEET – giovani tra i 15 e i 29
anni che non lavorano, non studiano e non sono inseriti in alcun percorso di
formazione - raggiunge il 23,3%.
Divari sin dalla prima infanzia
Le diseguaglianze e la povertà educativa si sperimentano sin dalla
primissima infanzia. In Italia solo un bambino su 7 (14,7%) usufruisce di asili
nido o servizi integrativi per l’infanzia finanziati dai Comuni. Il dato molto
basso cela enormi differenze nell’offerta territoriale, causa ed effetto di
grandi diseguaglianze: in Calabria solo il 3,1% dei bambini ha accesso al nido,
opportunità offerta invece al 30,4% dei bambini che nascono nella provincia di
Trento. I più danneggiati sono i minori provenienti da famiglie meno abbienti.
I dati INVALSI hanno certificato che gli adolescenti che erano già in
condizione di svantaggio hanno subito le conseguenze più gravi.
La sfida ambientale
In questo contesto si inserisce anche la crisi climatica e il rischio
ambientale. I ragazzi sono gravati da scarsi servizi di mobilità con il
rischio, per molti, di vivere segregati in periferie prive di opportunità. In
Italia, sono quasi 2 milioni i minori (il 21,3% del totale) vivono in aree
inquinate e dove, nel 2020, circolavano oltre 4 autovetture per ogni minore
residente. Sempre nel 2020 sono stati iscritti all’anagrafe 404.104 nuovi nati
e immatricolate 1.437.259 vetture, 3,5 per ogni nuovo nato. Un dato, quello
della motorizzazione privata, che va confrontato con quello relativo, ad
esempio, alla disponibilità di autobus per il trasporto pubblico locale,
fondamentale per la mobilità degli adolescenti, che è in media di 76 mezzi ogni
100mila abitanti. Sono conseguentemente pochissimi i bambini e i ragazzi tra i
6 e i 17 anni che utilizzano solo mezzi di trasporto pubblici per andare a
scuola: poco più di uno su 4 (25,9%), con la percentuale che scende a meno di
uno su 5 al Sud e nelle isole (18,6%).
Cittadinanza scientifica
Infine in esclusiva per l’Atlante di Save the Children, viene riportata
un’indagine Ipsos sulla “Cittadinanza scientifica”. In pratica emerge che gli
adolescenti restano fiduciosi, credono nella scienza e nelle opportunità che
può offrire per combattere le grandi sfide del pianeta. Un minore su tre crede
che tra dieci anni la scienza dovrà trovare risposte all’invecchiamento della
popolazione e alla crisi climatica.
“L’Atlante 2021 fotografa un’Italia sempre più diseguale dal punto di vista
sociale ed educativo. Diseguaglianze che vanno lungo la linea geografica nord
sud”, spiega a Vatican
News Raffaela Milano, direttrice dei Programmi Italia-
Europa di Save the Children. “L’impatto della pandemia è stato forte – prosegue
Milano - e ha riguardato soprattutto l’educazione con l’aumento della
dispersione scolastica e la diminuzione delle competenze didattiche, e poi ci i
problemi relazionali e psicologici per cui andrebbe pensato un piano
straordinario”.
L’opportunità del PNRR
Per far fronte a questa crisi sociale la dirigente di Save the Children
guarda con speranza al Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR) combinato
alla nuova programmazione dei fondi europei e alla Child Guarantee: “Bisogna
fare in mondo che questi fondi, che per la prima volta investono anche in
servizi e strutture per l’infanzia, non vadano a rafforzare solo i territori
più attrezzati per partecipare ai bandi. Bisogna concentrarsi sulle aree più
povere e meno attrezzate per colmare le diseguaglianze, basti pensare
all’abisso che c’è nell’offerta di asili nido tra la Calabria e il Trentino, la
spesa sociale è sbilanciata in Italia”.
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