ma non accanto
Scuola e «didattica virtuale»
Ora che l’acronimo «Dad» ci risulta familiare, possiamo avere
uno sguardo più pacato e coglierne i vantaggi Un aspetto negativo è
rappresentato dal perdurante divario digitale, e la carenza antropologica di
questa tecnologia
Nelle lezioni a distanza si stabilisce una parità tra
insegnanti e studenti, ma viene meno l’affiancamento. Bene il legame
fiduciario, ma c’è il rischio di non essere capiti,
U n risvolto positivo è che nel luogo virtuale della
lezione a distanza nessuno si trova più in alto di altri. Il docente si abbassa
al livello dello studente, o que- st’ultimo sale al suo, e tutti
stanno alla pari; chi tiene la lezione perde la sua posizione di
superiorità, la sua
icona non appare più grande o più visibile di quella degli
altri, ed egli o ella scende simbolicamente dalla cattedra. Ciò apre a docenti
e studenti maggiori possibilità di confronto franco e diretto e di dinamiche di
co-protagonismo all’interno di una didattica che si mantenga a viso aperto e
resti egualitaria. D’altro canto, tramite lo schermo di un computer si può solo
stare di fronte, mai accanto a qualcuno. La lezione a distanza non può
sottrarsi a questo vincolo visuale ed è costretta a rimanere “frontale” in
ogni suo momento: il docente e lo studente sono obbligati ad un vis-à-vis continuo,
senza che nessuno dei due possa mutare posizione e collocarsi a fianco
dell’altro. Ed invece lo studente ha spesso bisogno di qualcuno che gli si
affianchi, che lo sostenga e che talvolta anche lo spinga: lo sanno bene gli
insegnanti delle scuole elementari, ma lo sperimenta anche chiunque altro
insegni, se non in aula, certamente durante il tutoraggio, la supervisione di
elaborati e così via. In questa situazione i protagonisti della lezione
rischiano di irrigidire il loro fronteggiarsi, trasformandosi
gradualmente in interlocutori antagonisti, incapaci di orientarsi assieme
verso un obiettivo comune. Assieme alla possibilità di stare accanto, si perde
anche l’assiduità, cioè il rimanere seduti in prossimità di un altro, quasi che
la didattica a distanza fosse simbolicamente segnata da intermittenza e
incostanza. U n secondo punto rilevante è che il luogo della
didattica a distanza ha dimensioni variabili e talvolta riduce drasticamente la
propria ampiezza. Quando lo studente spegne il video del suo computer per
meglio seguire la lezione o risparmiare connessione, il docente non sa più dove
lo studente si trovi e perde con lui contatto visivo e possibilità di riscontro
immediato. In questa situazione, egli può solo affidarsi alla persona che sta
dietro al nome che legge sullo schermo, confidando nella sua attenzione e
ricettività e, più in generale, nella sua buona volontà e senso di
responsabilità. In altri termini, la didattica a distanza – soprattutto in
questo momento di transizione tecnologica in cui una rete affidabile non è
ancora diffusa in tutto il nostro paese e in cui la velocità di connessione è
variabile da zona a zona – è spesso costretta ad essere fiduciaria da parte del
docente e responsabile da parte dello studente, con un maggior coinvolgimento
etico di entrambi. Ma quanto impatta negativamente sulla lezione l’assenza di
contatto percettivo? In aula, chi insegna riesce sempre in qualche modo a
verificare se ciò che propone è efficace e a cogliere il grado di attenzione
dei presenti, capendo quando è il momento di ripetere un punto o di divagare
per un attimo, in attesa di un cenno di assenso o di uno sguardo che ritorni
vigile. Quando invece gli audio e i video degli studenti sono spenti, il
docente da remoto corre per lunghi tratti il rischio concreto di non venire
capito, se non addirittura di parlare nel vuoto. nfine, occorre
notare che la ridotta lo-Icalizzazione della didattica a distanza
comporta il potenziamento del suo aspetto verbale. Una volta
che l’aula viene smaterializzata ed i corpi del docente e degli studenti
relegati ad immagine solo parzialmente visibile o del tutto assente, ciò che
risalta è quello che il docente e gli studenti si dicono e su cui interagiscono
a parole. Con la lezione trasferita in un nonluogo e, se registrata, in un
non-tempo, e con il linguaggio del corpo decurtato, il discorso, pronunciato e
scritto, assurge a elemento didattico centrale, in controtendenza rispetto ai
socials in cui esso funge invece da mera didascalia dell’immagine. Forse la
didattica del futuro, in un momento ancora da definire, saprà meglio ricordarci
che, se fin dai tempi di Aristotele l’uomo è animale razionale ( zoon
logistikon), lo è precisamente perché dotato di parola, e che, in
tutte le cose veramente umane, al principio ed alla fine si situa sempre, in
forma orale o scritta, il logos. Per il momento, tuttavia, la didattica a
distanza si presta troppo apertamente ad essere solo educazione della mente,
prescindendo dal corpo e dal resto della persona, con il rischio di veicolare
un logos disincarnato ed educativamente “eretico”. A desso che
la prima fase dell’emergenza Covid-19 è finita e la didattica a distanza ha
cessato di essere una costrizione imposta dalle circostanze, adesso che
l’acronimo DaD ci risulta familiare e la cosa che esso designa ci è nota per
esperienza diretta, possiamo forse iniziare a rivolgerle uno sguardo più pacato
e ad intravederne le potenzialità positive, in attesa del futuro riassetto
dell’insegnamento che la tecnologia, bruscamente o gradatamente, di sicuro
produrrà. Ma nel frattempo non dobbiamo dimenticare i suoi limiti oggettivi,
difficilmente eludibili in questa fase di perdurante digital divide, e
la sua insuperabile carenza antropologica.
*Scuola IMT Alti
Studi Lucca
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