La Pontificia Commissione per la Tutela dei Minori ha
concluso ieri due giorni di lavoro in plenaria. A Vatican News, uno dei
componenti, Ernesto Caffo, invoca un “cambio di cultura”: gli abusi sessuali e
di potere chiedono un intervento precoce, altrimenti i “rischi che ricadono
sulle persone che stanno in silenzio diventano drammatici”
Vademecum e nuovi strumenti
Una sottolineatura la Commissione pontificia ha voluto farla
sul Vademecum pubblicato lo scorso 16 luglio da parte della
Congregazione per la Dottrina della Fede, definito un contributo al
“"rafforzamento dell'amministrazione della giustizia” che “chiarisce
meglio come debbano essere ascoltati coloro che hanno subito abusi”. Il
Vademecum si aggiunge al complesso di normative che, afferma Ernesto Caffo,
rendono più incisivo il lavoro della Commissione:
R. – Da una parte, avendo strumenti così importanti occorre declinarli in azioni concrete, in una formazione di tutti coloro che sono coinvolti, partendo ovviamente dalle Conferenze episcopali a tutte le varie Congregazioni, cercando di trovare il modo di spiegare secondo il Vademecum come attuare scelte legate a nuove competenze che devono maturare, sapendo bene che ci sono tantissime aree di difficile interpretazione che vanno lette guardando anche alle diverse culture. Quindi questo è stato ed è lo sforzo un po' di tutta la Chiesa oggi, e anche della nostra Commissione, di trasformare questa notevole mole di strumenti normativi in azioni. Anche perché i bisogni che vediamo emergere di tutela dei minori aumentano, quindi dobbiamo assolutamente trovare modalità ancora più efficaci e più adeguate ai tempi.
Secondo lei, manca ancora qualcosa a livello normativo per
affrontare compiutamente il fenomeno degli abusi?
R. – Credo che uno dei temi maggiori sia il coordinamento tra
tutte le iniziative e tutte le diverse componenti della Chiesa per affrontare
questo tema, che deve essere visto sia all'interno e sia all'esterno della
Chiesa – anche nei movimenti laici – perché possa in qualche modo essere
efficace. Ci deve essere un cambio anche di cultura per comprendere che attorno
al tema degli abusi sessuali c'è tutta una serie di tematiche legate per
esempio all’abuso di potere e tutto quello che è il tema di non rispetto dei
diritti. È molto interessante vedere come stiano maturando idee anche posizioni
all'interno della Chiesa che possono essere di grande aiuto.
Nel corso dell'estate si sono tenuti una serie di webinar
sulla tutela dei minori e delle persone vulnerabili durante il Covid-19,
iniziativa che si è svolta in collaborazione con l'Unione nazionale delle
superiori generali (Uisg). Che risultati ha prodotto questo lavoro?
R. – È emerso un grande bisogno di confronto e anche, devo
dire, l’esigenza di poter avere risposte ai grandi temi che sono quelli legati
alla tutela dei più fragili. La cosa interessante è stata la presenza globale
in tante persone che da tutte le parti del mondo si interrogavano e questo ci
porta ovviamente a cogliere quest'opportunità come uno stimolo per andare
avanti, però con una grande voglia da parte di tutti di potersi confrontare
cercando di utilizzare le best practices, le conoscenze a disposizione,
rendendole fruibili a tutti. E le nuove tecnologie sicuramente hanno prodotto
un grande vantaggio per tutti e questo va mantenuto e va sviluppato
ulteriormente tra Commissione e Usg in questa direzione.
L’Associazione “Telefono Azzurro” che lei presiede è da tanti
anni il “termometro”, in particolar modo in Italia, delle voci delle vittime di
abusi e delle loro famiglie. Qual è la situazione oggi?
R. – Sicuramente questo periodo di Covid ha facilitato
l'accesso a sistemi di aiuto che possono essere anche quelli digitali. Noi
abbiamo visto emergere molte violenze familiari e tanti disagi che prima erano
presenti sotto il profilo mentale che poi diventano anche violenze quando molte
volte non c'è un supporto adeguato alla famiglia. Quello di cui c'è bisogno
oggi sono modalità per chiedere aiuto, ma questo vale anche per quanto riguarda
la Chiesa, cioè sui temi che le diocesi italiane hanno attivato di ascolto
delle vittime, di ascolto delle famiglie fragili, tutto questo è molto
importante perché dobbiamo dare voce a chi ha bisogno. E questo è un po' un
percorso che riteniamo vada ancor più sviluppato e su questo vedo la Chiesa
molto sensibile e molto attenta, come devo dire lo sta diventando parte del
mondo delle istituzioni. Perché se non interveniamo precocemente, i rischi che
ricadono sulle persone che stanno in silenzio e che non chiedono aiuto a
nessuno diventano drammatici.
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