La ragione deve aiutarci
a superare
la logica del conflitto
- - di Mauro Magatti
-
Nelle intenzioni del
segretario generale dell’Onu, Antonio Guterres, il “Summit del futuro” ha
l’ambizione di realizzare «una visione inclusiva e sostenibile del nostro
pianeta attraverso l’adozione di patti e dichiarazioni strategiche in grado di
orientare le politiche e le azioni globali».
I temi all’ordine del
giorno (sviluppo sostenibile, pace, innovazione tecnologica, giovani,
governance globale) sono tutti fondamentali.
E saranno affrontati
nella prospettiva di un multilateralismo basato su cooperazione e dialogo.
Se si guarda allo stato
attuale del pianeta – attraversato da gelidi venti di guerra, in fase di
de-globalizzazione e sempre più incerto sugli impegni presi in tema di lotta al
riscaldamento globale – il Summit può apparire una iniziativa velleitaria.
Un incontro di “anime
belle” incapaci di confrontarsi con la dura realtà delle cose, che va in
tutt’altra direzione.
Prova evidente di
un’Organizzazione delle Nazioni Unite ormai irrilevante e che perciò si rifugia
in dichiarazioni generiche, a fronte della sua incapacità di contribuire a
risolvere le crisi che scuotono il mondo.
Una lettura di questo
tipo non è priva di buone ragioni.
Non c’è dubbio, infatti,
che le tante crisi globali sono la prova dell’inadeguatezza degli assetti
istituzionali costruiti dopo la Seconda guerra mondiale.
Che vedevano proprio
nell’Onu l’embrione di un una nuova forma di governance internazionale.
Una crisi che ha
nell’involuzione del Consiglio di sicurezza, bloccato dai veti incrociati delle
grandi potenze (Usa, Cina, Russia, Regno Unito e Francia), la sua
manifestazione più evidente.
In realtà, il Summit
intende sollevare proprio tale questione: come va riprogettata l’Onu di fronte
alle sfide del tempo presente?
Negli ultimi novant’anni
il mondo ha fatto enormi passi in avanti, tutti nella direzione di rendere
ancora più urgente il rafforzamento di una governance globale.
Citiamo tre grandi
trasformazioni: la possibilità della guerra atomica che minaccia l’umanità;
l’integrazione tecno-economica che ha ormai tessuto un’interdipendenza da cui
non ci si può più separare; l’emergere del cambiamento climatico che colpisce
il pianeta nella sua interezza.
In tali nuove condizioni
storiche, la linea di Guterres è quella della ragione contro la stupidità, del
dialogo contro la sopraffazione.
Al contrario, è la
visione del mondo che domina nelle cancellerie della maggior parte dei Paesi –
tutta centrata sugli interessi nazionali e sui relativi obiettivi di potenza –
a essere anacronistica e irrealistica. Il tema della guerra, ad esempio, lo
avvertiamo tutti molto vicino.
Ma, come è stato ripetuto
da tante voci autorevoli, nel contesto contemporaneo l’idea stessa di
“vittoria” perde di significato.
A dimostrarlo l’insensato
attacco di Putin all’Ucraina (con più di un milione di morti!) che ha creato
una situazione disastrosa da cui ora nessuno sa più come uscire: comunque
andranno le cose, il vincitore non ci sarà.
Avranno, avremo perso
tutti.
Lo stesso si può dire per
quanto riguarda l’economia.
Se la globalizzazione
pensata ingenuamente come panacea di tutti i problemi ha manifestato i suoi
limiti, allo stesso modo l’idea di rinchiudersi in una guerra commerciale tra
aree del mondo, oltre a essere senza futuro, non è neppure praticabile.
I temi dell’energia,
delle materie prime, della finanza, della tecnologia riguardano necessariamente
tutti.
E, d’altra parte, non ci
può essere alcuna crescita economica senza continuare il processo di
integrazione di quella quota di popolazione ancora esclusa dal benessere che
oggi siamo in grado di generare.
Per non dire delle grandi
questioni delle migrazioni e del riscaldamento climatico, questioni che possono
essere affrontate solo nello spirito del dialogo e della collaborazione,
cercando di trovare quei compromessi – sempre difficili, ma necessari – per
andare nella direzione del bene comune, sempre più pre-condizione di ogni
sviluppo locale.
Ha dunque ragione
Guterres: il mondo ha bisogno di una nuova governance se non vuole sprofondare
nella spirale di una “guerra civile globale”.
Affinché questa visione
possa affermarsi è però necessario che l’opinione pubblica si mobiliti.
A cominciare dai giovani.
Non è vero che il mondo è
andato avanti perché il più forte ha sconfitto il più debole.
La storia piuttosto
insegna che si avanza perché di fronte alle sfide più difficili la ragione,
nella sua integralità, è capace di illuminare la strada del futuro, animando
quella speranza di un mondo migliore che letteralmente smuove le montagne.
L’auspicio, pertanto, è
che nelle scuole, nelle università, nelle associazioni e nelle parrocchie si
parli nelle prossime settimane dei risultati o delle mancanze di questo summit.
Aiutiamoci a sconfiggere
la logica triste della potenza e del conflitto per abbracciare con speranza
l’unica via che la nostra ragione ci indica per il futuro di tutti.
Nessun commento:
Posta un commento