CAPODANNO
SU
MARTE
Alessandro D’Avenia
Qui
su Marte il Capodanno è “la Festa” perché l'anno è
oltremodo lungo e cade in inverni con temperature attorno ai 120°C sotto zero
che ci costringono a invertire sonno e veglia: 16-20 ore il primo, 4-8 la
seconda. Nessuno esce di casa se non chi è stato poco previdente con le scorte
e deve raggiungere il Meta-Market attraverso i tunnel stagni a marciapiedi
magnetici mobili.
La
lunghezza dell'anno e il rigore invernale rendono
l'attesa del nuovo giro attorno al Sole ancora più spasmodica, perché la vita
qui è ripetitiva come il paesaggio ed estrema come le stagioni, e allora
speriamo che accada qualcosa di nuovo, di inatteso: la scoperta di un pianeta
abitabile o anche solo di una fonte d'acqua. Per questo i nostri miti narrano
del pianeta coperto d'acqua, stranamente chiamato Terra dagli uomini che vi abitavano e migrarono qui,
abbandonandolo proprio il giorno di Capodanno: non bastava più solo un anno
nuovo, ci voleva un mondo nuovo.
E
così intrapresero quello che i poemi chiamano il Viaggio, lasciando quel luogo. “C'era una volta un
pianeta in cui le terre galleggiavano sull'acqua...”, comincia così la favola
più nota e amata dai nostri bambini, a cui non sveliamo che si tratta solo di
una storia fino a che riusciamo. E così proprio a Capodanno ci abbandoniamo
anche noi, tornando bambini, a questi racconti di fantasia, durante il
cosiddetto Rito della Festa...
Così
chiamiamo il racconto che si svolge nell'ultimo giorno
dell'anno. Durante il sonno indotto che quel giorno abbiamo deciso duri 24 ore
e che per questo è il giorno più bello dell'anno: al nostro cervello viene
narrato il Sogno. Non è un racconto orale perché comunichiamo solo per
via neurale non potendo sprecare ossigeno per altro scopo oltre la
respirazione.
Durante
il sonno di quel giorno la Voce, l'intelligenza artificiale innestata alla nascita nel
nostro cervello per segnalare anomalie, regolare il riposo e garantire
l'equilibrio psichico, “racconta” le storie mitiche ambientate sulla Terra,
prima del Viaggio. Tutto quello che vediamo nel Sogno sembra raggiungere la
pelle, che qui dobbiamo sempre proteggere dalle radiazioni con la membrana
sintetica, che regola la temperatura ottimale ma impedisce di toccare
direttamente i corpi. Così al Risveglio, il primo giorno del Nuovo Anno, nei
nostri circuiti sinaptici scorre di nuovo Speranza, la droga che non siamo ancora riusciti a
sintetizzare artificialmente, perché la parte più arcaica e debole del nostro
cervello la produce solo in presenza della bellezza che provoca la meraviglia
che innesca l'energia necessaria all'azione e al lavoro: senza Speranza le
persone si fermano.
E
così la Voce mostra il Sogno: la Terra fantastica
dove abitavano gli antenati che compirono il Viaggio. Spiagge incontaminate su
isole disperse in distese d'acqua immense e protette da barriere di corallo;
foreste di piante verdi alte decine di metri con radici che sprofondano nel suolo
e comunicano tra loro; montagne di una pietra che cambia colore in base alla
luce del Sole e che un tempo erano i fondali dei mari che coprivano il
pianeta...
Il
Sogno è poi popolato di animali fantastici dai nomi bizzarri:
le tigri, eleganti quadrupedi dal manto dorato striato di nero
e denti affilati come lame; le giraffe dal collo lungo più di un metro tanto da
svenire quando si sollevano troppo rapidamente; i volatili detti farfalle per le ali sottilissime e colorate, che
nascerebbero da pelosi vermi striscianti e vivono solo una settimana; gli
insetti detti lucciole per le code luminose che si accendono su
distese di fili verdi durante la notte; e poi esseri capaci di vivere nelle
acque e muoversi grazie ad ali subacquee...
La
Voce mostra colori possibili solo nel
Sogno perché privi di correlativi fisici su Marte, dove non sono in uso le
parole per indicare distese d'acqua o di cielo cangianti in base all'ora del
giorno: blu, verde, azzurro, turchese, indaco, ciano, cobalto, zaffiro...
per noi sono solo suoni. Abbiamo bisogno di queste storie, anche se sappiamo
essere solo Sogni.
Niente
di questo è mai esistito, ma i Sogni, stimolando i recettori
della Speranza proteggono la psiche dalla monotonia, dalla paura, dalla fatica
della vita di qui, senza mari blu, alberi verdi e nuvole bianche. Il nostro
cervello, in attesa di una mutazione genetica, non può fare a meno della
Speranza del Capodanno.
Per
questo abbiamo il Rito che quel giorno ci permette di
sognare una vita in cui l'aria è respirabile, ci si può parlare e toccare
liberamente, l'acqua non è misurata, la città non è dentro la cupola di acciaio
e le abitazioni sono tutte diverse, e soprattutto non ci sono sabbia e polvere
in ogni angolo...
A
Capodanno finalmente vediamo la Terra del Sogno,
anche se sappiamo essere solo un'illusione per resistere. Ai nostri bambini
facciamo credere che un pianeta simile esiste davvero nel nostro Sistema, ma è
irraggiungibile, troppo lontano. Mio figlio l'altro giorno mi ha detto che da
grande inventerà un modo per fare il Ritorno.
“Dove?”.
“Sulla Terra di acque, papà”. Era così
contento che quasi gli ho creduto anche io, il Presidente di questo pianeta,
l'uomo che sa meglio di chiunque altro che la Terra del Sogno è frutto della
Speranza a cui affidiamo, ogni Capodanno, tutto quello che non avremo mai:
mari, tigri, foglie, baci, fiumi, conchiglie, farfalle, aria, colori e carezze.
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