(...) In quel tempo, Gesù ritornò in Galilea con la potenza dello Spirito e la
sua fama si diffuse in tutta la regione. Insegnava nelle loro sinagoghe e gli
rendevano lode. Venne a Nàzaret, dove era cresciuto, e secondo il suo solito,
di sabato, entrò nella sinagoga e si alzò a leggere. Gli fu dato il rotolo del
profeta Isaìa; aprì il rotolo e trovò il passo dove era scritto: «Lo Spirito
del Signore è sopra di me(...) Nella sinagoga, gli occhi di tutti erano fissi
su di lui. Allora cominciò a dire: «Oggi si è compiuta questa Scrittura che voi
avete ascoltato».
Commento di p. Ermes Ronchi
Tutti gli occhi erano fissi su di lui.
Erano appena risuonata la voce di Isaia: parole così antiche e così amate, così
pregate e così desiderate, così vicine e così lontane.
Gesù ha cercato con cura quel brano nel
rotolo: conosce bene le Scritture, ci sono mille passi che parlano di Dio, ma
lui sceglie questo, dove l'umanità è definita con quattro aggettivi: povera,
prigioniera, cieca, oppressa. Allora chiude il libro e apre la vita. Ecco il
suo programma: portare gioia, libertà, occhi guariti, liberazione. Un messia
che non impone pesi, ma li toglie; che non porta precetti, ma orizzonti.
E sono parole di speranza per chi è
stanco, è vittima, non ce la fa più. Dio riparte dagli ultimi della fila,
raggiunge la verità dell'umano attraverso le sue radici ammalorate. Adamo è
povero più che peccatore; è fragile prima che colpevole; siamo deboli ma non
siamo cattivi, è che abbiamo le ali tarpate e ci sbagliamo facilmente. Nel
Vangelo mi sorprende e mi emoziona sempre scoprire che in quelle pagine accese
si parla più di poveri che di peccatori; più di sofferenze che di colpe. Non è
moralista il Vangelo, è liberatore.
Dio ha sofferto vedendo Adamo diventare
povero, cieco, oppresso, prigioniero, e un giorno non ha più potuto
sopportarlo, ed è sceso, ha impugnato il seme di Adamo, ha intrecciato il suo
respiro con il nostro respiro, i suoi sogni con i nostri. È venuto ed ha fatto
risplendere la vita, ha messo canzoni nuove nel cuore, frantumi di stelle
corrono nelle nostre vene. Perché Dio non ha come obiettivo se stesso, siamo
noi lo scopo di Dio. Il catechismo sovversivo, stravolgente, rivoluzionario di
Gesù: non è l'uomo che esiste per Dio ma è Dio che esiste per l'uomo. E
considera ogni povero più importante di se stesso. Io sono quel povero. Fiero
per fierezza d'amore: nessuno ha un Dio come il nostro.
E poi Gesù spalanca ancora di più il
cielo, delinea uno dei tratti più belli del volto del Padre: «Sono venuto a
predicare un anno di grazia del Signore», un anno di grazia, di cui Gesù soffia
le note negli inferi dell'umanità (R. Virgili); un anno, un secolo, mille anni,
una storia intera fatta solo di benevolenza, a mostrare che Dio non solo è
buono, ma è soltanto buono.
«Sei un Dio che vivi di noi» (Turoldo).
E per noi: «Non ci interessa un divino che non faccia fiorire l'umano. Un
divino cui non corrisponda la fioritura dell'umano non merita che ad esso ci
dedichiamo»" (D. Bonhoffer).
Forse Dio è stanco di devoti solenni e
austeri, di eroi dell'etica, di eremiti pii e pensosi, forse vuole dei giullari
felici, alla san Francesco, felici di vivere. Occhi come stelle. E prigionieri
usciti dalle segrete che danzano nel sole. (M. Delbrêl).
(Letture:
Neemìa 8,2-4a.5-6.8-10; Salmo 18; Prima Lettera ai Corinzi 12,12-30; Luca
1,1-4; 4,14-21)
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