Manifesto dei medici cattolici contro l’eutanasia
L’Amci pubblica un documento che spiega la necessità di contrastare le derive legislative eutanasiche e che chiede di applicare la legge del 2010 sulle cure palliative. Il testo arriva mentre il Parlamento italiano prosegue l’esame del Ddl Bazzoli sul fine vita. Il presidente Boscia: cultura mortifera alimentata dai problemi del sistema sanitario
-Marco Guerra – Città del Vaticano
L’Associazione dei Medici cattolici italiani (Amci) torna a ribadire la sua contrarietà rispetto ogni eventuale deriva mortifera della legislazione e del sistema sanitario, con un manifesto che spiega le ragioni dal titolo: “Il medico è per la vita, no al disumano ragionevole per pietà”. I camici bianchi cattolici diffondono questo testo nell’attuale cornice politica, che vede ben due iniziative in favore dell’eutanasia e del suicidio assistito: una è il referendum che mira a depenalizzare l’art. 579 del Codice penale che punisce l’omicidio del consenziente (quesito la cui legittimità sarà valutata nelle prossime settimane dalla Consulta); l'altra è rappresentata dal disegno di legge Bazzoli sul fine vita in discussione al Parlamento.
Non scambiare il disumano per pietà
Il manifesto dei medici cattolici ribadisce l’assoluta incompatibilità tra
l’agire medico e l’uccidere, la necessità di garantire l’accesso alle cure
palliative e alla terapia del dolore su tutto il territorio nazionale e
denuncia il pericolo di abbandono terapeutico per tutti i soggetti fragili ai
quali vorrebbero offrire la “dolce morte” piuttosto che cure mediche e
prossimità umana. Si esorta quindi a “non scambiare il disumano per
pietà”. Il testo a firma del presidente dell’Amci, Filippo Maria
Boscia, mette in evidenza che “alcuni iniziano a distinguere tra 'vita' e
'non vita', tra 'degna' e 'non degna', tra il 'morire con dignità' e il 'morire
senza dignità', etichettando così, con soggettivi giudizi, molte condizioni di
vita fragile".
“Riconosciamo che la richiesta di suicidio assistito o di eutanasia nasce
sovente dal rifiuto di continuare a vivere in condizioni di precarietà e grave
sofferenza - si legge ancora - ma dovremmo essere molto attenti a non accettare
con facilità il disumano per pietà, il disumano ragionevole per compassione”.
L’Amci riconosce poi che una morte degna è da assicurarsi a tutti: questo è un
principio essenziale del curare e questa azione non può trovare scorciatoie
rispetto a pratiche di sostegno e di accompagnamento dell’ammalato nelle fasi
ultime della sua vita. Chiara anche la difesa dei principi deontologici e
dell’obiezione di coscienza, il suicidio assistito e l’eutanasia - ribadiscono
- "non sono opzioni terapeutiche possibili o praticabili nell’alleanza
medico-paziente e nella relazione di cura e di fiducia".
Attuare subito legge su cure palliative
Per tutti questi motivi l’Amci chiede che lo Stato non giunga a negare
forme di assistenza e tutela a malati cronici, anziani, disabili e malati di
mente, avvalorando forme di eutanasia sociale o selezione dei fragili e dei
deboli, ed esorta le amministrazioni pubbliche ad attuare le grandi
potenzialità della legge 38/2010 per garantire l’accesso alle cure palliative e
alla “terapia del dolore” accompagnando questo alla “necessità di mantenere i
malati terminali in un percorso esistenziale, sostanziato al massimo da rapporti
umani ed affettivi”. Questo forzo, secondo l’Amci, rappresenta “un’opportunità
di dialogo e perfezionamento assistenziale verso l’eubiosia (contrario di
eutanasia), cioè buona vita, vera sfida per un rinnovato umanesimo della
cura”.
Boscia (Amci): temiamo la cultura eutanasica
“In questo ultimo periodo la rilevanza del ‘bene vita’ va sfilacciandosi
sotto il peso dell’esaltazione delle libertà individuali, in un momento
particolare della pandemia in cui negli ospedali si registra il rifiuto delle
cure”. Così il presidente dell’Amci, Filippo Maria Boscia ai
nostri microfoni approfondisce i punti più importanti del
Manifesto. “Come medici impegnati per la cura - prosegue - dobbiamo mettere in
luce la differenza tra il lasciar morire e il far morire”. Secondo il
presidente dei medici cattolici, stiamo vivendo in cultura eutanasica
alimentata da alcuni problemi del sistema sanitario come gli ospedali pieni, il
rinvio dell’assistenza e degli interventi e l’abbandono delle famiglie e dei
pazienti. “Quando si percepisce di non essere accettati nella malattia – spiega
ancora – vien voglia di dire facciamola finita ma è proprio qui che
dobbiamo centrare la questione”.
Prossimità e cura per combattere la cultura della morte
Il dottor Boscia evidenza il bisogno di malati e disabili di vivere
relazioni di prossimità: “È questo che manca e che spinge la gente a chiedere
la morte. Non abbiamo alternative come medici, possiamo solo esercitare per la
vita, la depenalizzazione dell’eutanasia non ci può entusiasmare, se ci
chiedono di aiutare a morire compromettono le basi del bene comune e principi
di solidarietà e giustizia verso i più fragili, è una questione di
civiltà".
Ragioni economiche dietro l’eutanasia
Il presidente
dell’Amci si sofferma, infine, sull’importanza della terapia del dolore: “Le
malattie non curabile non esistono, ci sono malattie inguaribili croniche ma
queste vanno maggiormente curate perché abbiamo difronte un malato più fragile
degli altri". Per Boscia la deriva mortifera ha anche ragioni legate alle
scelte di allocazione delle risorse, “perché curare i più fragili costa”.
Boscia esclude quindi qualsiasi tipo di “avvicinamento” dei medici cattolici a
un testo di legge eutanasico: “Faremo un cammino di ascolto ma che deve essere
partecipato da tutti i battezzati nella Chiesa”. “Il grido per l’eutanasia è un
grido di allarme di chi soffre – conclude – ma quando noi medici ci avviciniamo
a questo dolore si crea un dialogo educativo, che dovrebbero conoscere anche i
giovani, perché parliamo del passaggio più umano della nostra vita”.
Vatican News
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