Recensione di
David Valentini
Io
e Gio, è l’esordio di Francesco Prosdocimi, classe 1991. La trama è fra le più
semplici: Pietro deve trovare un modo per prendersi cura del fratellino
Giovanni, di appena dieci anni, dopo la scomparsa dei loro genitori.
Allontanarsi da una casa piena di ricordi e rifugiarsi in una baita in montagna
nel profondo nord italiano è la soluzione rinvenuta per tornare alla vita.
Di
fatto, questo libro è a metà fra un romanzo breve e un racconto lungo, in
quanto presenta un lasso di tempo ben preciso, situato dopo il lutto e prima
del ritorno alla normalità: un lasso di tempo nel quale accade poco o niente ma
che risulta fondamentale perché senza questa “fuoriuscita forzata dalla vita”
probabilmente i due fratelli non riusciranno a tornare padroni delle proprie
esistenze.
Interessante
è notare come ciò che è accaduto prima e ciò che verrà dopo restano in qualche
modo fuori dalla narrazione.
Tutto
ciò che sappiamo della vita precedente di Pietro e Giovanni è infatti racchiuso
nella perdita dei genitori e in un personaggio di nome Robbi, la cui unica
funzione è fare da esecutore testamentario delle ultime volontà genitoriali:
occuparsi, cioè, dell’eredità. Nient’altro sappiamo di come si svolgevano le
giornate prima dell’incidente che ha privato i due fratelli di un padre e di
una madre. La casa stessa, quando viene il momento di ritrovarla dopo tanto
tempo, non viene visitata: l’esplorazione viene rimandata a un giorno. Oggi no,
si dicono, «Ma un altro giorno sì» (p. 148). È appena il caso di sottolineare
come per Pietro stia avvenendo un enorme processo di rimozione e di negazione,
che comincia a sciogliersi in occasione di alcune risposte che il ragazzo
fornisce al fratello (papà giocava nel Vicenza, anche lui ha sbagliato un
rigore ecc.). Giovanni, dal canto suo, si chiude in un mutismo pericoloso che
gli impedisce, per buona parte della narrazione, di avere contatti con i
coetanei, arrivando ad attirare l’attenzione degli assistenti sociali. Come a
dire che ognuno affronta il dolore a modo proprio, certamente, ma anche che
nessuno si salva da solo, e accettare la mano che viene tesa è il primo passo
per la guarigione. Ecco allora che diversi personaggi arrivano a fungere da
aiutanti in questo viaggio di uscita dall'inferno: il burbero signor Mueller,
la professoressa di Gio, l'allenatore di calcio della squadra locale. Non ci
sono antagonisti in questo libro perché, come capita nella vita vera, spesso il
vero nemico è solo quel qualcosa che è accaduto e con il quale non si possono
fare i conti. Non c'è scontro finale con la morte, se non la volontà di
riprendere a vivere. Questo ci dice Prosdocimi per tutte le 160 pagine di Io e
Gio.
Di
tutto ciò che verrà dopo abbiamo piuttosto qualche accenno. Prosdocimi lascia
briciole qua e là: un dialogo, una promessa, la possibilità di qualcosa di
grande. L’arco temporale di Io e Gio è tutto nel presente, in questi piccoli
gesti quotidiani – prendersi cura di un gatto trovatello, una cioccolata calda,
dei film visti decine di volte – che paiono insignificanti ma che, messi
insieme, sono in grado di guarire le persone.
Ciò
che di questo esordio si può e si deve segnalare è la bellezza di dialoghi
essenziali, brevi frasi ridotte all’osso che sanno però evocare l’affetto che
scorre fra due fratelli che hanno perso tutto e che si ritrovano ad avere solo
l’altro come compagnia. C’è una delicatezza di sottofondo, che scorre
sotterranea per tutto il libro e che viene ben rappresentata anche dalla
copertina, nella quale compaiono Pietro e Giovanni, seduti sul bordo di un
fiume, in attesa silenziosa di qualcosa che verrà.
Io e Gio
di Francesco Prosdocimi
Neo edizioni, aprile 2023
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