I bambini ci insegnano che la realtà ha tre dimensioni, come una scatola di scarpe, ma poi bisogna scoprire la quarta: il tempo.
Da questa dimensione
dipende la contentezza che si prova anche solo bevendo una birra al bar:
contento vuol dire «contenuto», la contentezza è l'esperienza dell'essere
abbracciati dall'istante, da un tempo pieno di senso.
-
di Alessandro
D’Avenia
La
ripresa della routine quotidiana dopo le vacanze è spesso accompagnata dalla
tristezza, come se si passasse dalla vita vera, quella libera della pausa
estiva, a una vita prigioniera, fatta della ripetizione di gesti, orari e
impegni prescritti.
In
questa ripetizione manca la gioia, che sembra dipendere solo dallo
straordinario, come mostra la nostra iper-comunicazione social estiva. A corto
di gioia quotidiana, viviamo l'ordinario per fuggirne.
Come
si fa invece a trovare lo straordinario nell'ordinario, la gioia nel
quotidiano? In un bel film del 2016 di Jim Jarmusch, intitolato Paterson, nome
sia della cittadina del New Jersey in cui si svolge la storia sia del
protagonista (interpretato da Adam Driver), un autista ripete la sua routine
quotidiana, come accade con le fermate del suo autobus. Eppure, Paterson trova
gioia proprio in quella ripetizione, non in quanto ripetizione, ma in quanto
ripresa, termine con il quale il filosofo danese Kierkegaard intitolò un saggio
attorno al desiderare l'istante, permettendogli così di offrirci i suoi tesori.
Insomma, le cose sono generose con noi non se le «aumentiamo» o manipoliamo, ma
solo se trovano le nostre mani aperte. La nostra mancanza di gioia in fondo è
sordità alla realtà: assurdo viene da «sordo», e la vita diventa assurda nella
misura in cui noi siamo sordi ai suoi spunti. Ciò vale in qualsiasi ambito:
lavoro, amore, luoghi... diventano noiosi e vuoti nella misura in cui li
ri-petiamo e non li ri-prendiamo. Come fare?
Se
siamo aperti, liberi, in ascolto, quel lavoro, quell'amore, quel luogo...
saranno occasione di «ri-presa», cioè qualcosa che è sì come prima ma sempre
con qualcosa di nuovo da darci, come quando riprendiamo (non nel senso di farne
un video ma di tornare a guardarli senza stancarci) i tramonti, i volti, i
libri... riprendere è trovare il nuovo nello stesso (ri-genera), invece
ripetere è trovare lo stesso nello stesso (ri-produce). Nel riprendere c'è
gioia, nel ripetere no.
L'ossessione
di «riprendere» con i telefoni è ricerca di questa novità, ma di fatto
riproduciamo (le cose accadono dentro i cellulari più che dentro di noi) lo
straordinario, come se non ci fosse spazio di risonanza per gli spunti
dell'ordinario. Paterson, anche se «ripete» orari e percorsi, in realtà li
«riprende»: trova bellezza nelle conversazioni che sente in autobus,
nell'incontro con una bambina alla fermata, nelle stravaganze della moglie... E
ci riesce semplicemente perché è aperto, sa ascoltare il mondo, anche quando
modula un lamento: Paterson è uomo dell'istante, trova la gioia nel dettaglio,
anche in una scatola di fiammiferi blu e in una pausa pranzo su una vecchia
panchina. Così tutto diventa «evento», cosa che lo porta a scrivere poesie su questi
istanti eterni.
La
vita eterna non è quella dopo la morte, ma quella traboccante di senso che si
apre nel quotidiano, il tempo della durata nel tempo degli orologi. Frankl capì
che rimaniamo liberi se prendiamo sul serio il presente: «La svalorizzazione
del presente, della realtà che circonda l’internato tende a far trascurare i
possibili spunti per dare una forma alla realtà, spunti in qualche modo
presenti anche nella vita del lager. La totale svalorizzazione della realtà
induce a lasciarsi andare, poiché comunque tutto è inutile».
La
nostra mancanza di gioia dipende spesso da questa «svalorizzazione» del
presente, a cui diventiamo sordi anche per la continua proiezione nel mondo
immaginario della comunicazione e della pubblicità. Vorrei allora «ri-prendere»
la rubrica dopo la pausa estiva e farne, ogni «maledetto» lunedì, un
allenamento per provare a rimanere aperti, in ascolto della realtà, così da
ricevere gli spunti che, anche in condizioni avverse, la vita offre sempre,
fosse anche solo in un albero, in uno sconosciuto o nel volto di uno studente.
Per gioire bisogna saper «rischiare» l'istante, ascoltarlo, persino amarlo...
Solo così ogni lunedì sarà una ripresa: saremo noi a riprenderci dalla
tristezza e a riprenderci la libertà.
Nella
quotidiana ripetizione Paterson ritaglia sempre del tempo per questo
allenamento a rimanere aperto (leggendo, osservando, scrivendo), e così coglie
le infinite possibilità che, come le parole celate in una pagina bianca, la
realtà offre. Preferiresti forse essere un pesce? Si chiede a un certo punto.
Senza nulla togliere ai pesci, l'autista-poeta sa che la condizione umana può
essere una gioia se la si prende e ri-prende per il verso giusto.
Ma
quanto coraggio e quanto silenzio richiede tutto questo? Forse solo qualche
minuto, ogni giorno, a partire da oggi.
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