col cuore
in un tempo
di contrapposizioni
La
dinamica del “comunicare cordialmente”
Il
tema si collega idealmente a quello del 2022, che invitava all’ascolto e a
quello precedente che esortava a “andare e vedere” quali condizioni per una
buona comunicazione. Questa volta il Papa vuol soffermarsi sul “parlare con il
cuore”. Il cuore è infatti ciò che muove all’accoglienza, al dialogo e alla
condivisione, innescando una dinamica che Francesco definisce come quella del
“comunicare cordialmente”. L’accoglienza dell’altro è ciò che permette, dopo
l’ascolto, di “parlare seguendo la verità dell’amore”. Scrive:
Non
dobbiamo temere di proclamare la verità, anche se a volte scomoda, ma di farlo
senza carità, senza cuore. Perché “il programma del cristiano – come scrisse
Benedetto XVI – è ‘un cuore che vede’”. Un cuore che con il suo palpito rivela
la verità del nostro essere e che per questo va ascoltato. Questo porta chi
ascolta a sintonizzarsi sulla stessa lunghezza d’onda, al punto da arrivare a
sentire nel proprio cuore anche il palpito dell’altro. Allora può avvenire il
miracolo dell’incontro.
Parlare
con il cuore significa lasciar intravedere la partecipazione “alle gioie e alle
paure, alle speranze e alle sofferenze delle donne e degli uomini del nostro
tempo”, afferma il Papa. E’ un appello che interpella particolarmente chi
comunica in un contesto oggi “così propenso all’indifferenza e
all’indignazione, a volte anche sulla base della disinformazione, che falsifica
e strumentalizza la verità”.
Il
dialogo con il cuore di Gesù con i discepoli di Emmaus
Papa
Francesco indica l’esempio di un comunicatore con il cuore nel “misterioso
Viandante che dialoga con i discepoli diretti a Emmaus”: parlando con amore,
Gesù accompagna “il cammino del loro dolore”, rispettando i loro tempi di
comprensione. Il Papa scrive ancora: In un periodo storico segnato da
polarizzazioni e contrapposizioni – da cui purtroppo anche la comunità
ecclesiale non è immune – l’impegno per una comunicazione “dal cuore e dalle
braccia aperte” non riguarda esclusivamente gli operatori dell’informazione, ma
è responsabilità di ciascuno. Tutti siamo chiamati a cercare e a dire la verità
e a farlo con carità.
Parole
che fanno del bene
Questo
richiamo interpella in modo particolare i cristiani, prosegue Francesco, dalla
cui bocca “non dovrebbero mai uscire parole cattive”, ma solo parole capaci di
fare del bene agli altri e di scalfire anche i “cuori più induriti”. E’ la “forza
gentile dell’amore” che il Papa indica, invitando a ripensare alle sue
conseguenze sociali:
Ne
facciamo esperienza nella convivenza civica dove la gentilezza non è solo
questione di “galateo”, ma un vero e proprio antidoto alla crudeltà, che purtroppo
può avvelenare i cuori e intossicare le relazioni. Ne abbiamo bisogno
nell’ambito dei media, perché la comunicazione non fomenti un livore che
esaspera, genera rabbia e porta allo scontro, ma aiuti le persone a riflettere
pacatamente, a decifrare, con spirito critico e sempre rispettoso, la realtà in
cui vivono.
San
Francesco di Sales, patrono dei giornalisti
Di
san Francesco di Sales, dottore della Chiesa, vescovo di Ginevra in un tempo di
accese dispute con i calvinisti e proclamato da Pio XI patrono dei giornalisti
cattolici, Francesco dice che “il suo atteggiamento mite, la sua umanità, la disposizione
a dialogare pazientemente con tutti e specialmente con chi lo contrastava lo
resero un testimone straordinario dell’amore misericordioso di Dio”. Per il
santo la comunicazione era un “riflesso dell’animo” e una manifestazione di
amore. Noi “siamo ciò che comunichiamo” ci ricorda e il suo insegnamento,
osserva il Papa, appare “controcorrente” in un tempo in cui spesso la
comunicazione viene strumentalizzata. I suoi scritti suscitano una lettura
“sommamente piacevole, istruttiva, stimolante” dice Papa Francesco citando le
parole di san Paolo VI e poi commenta:
Se
guardiamo oggi al panorama della comunicazione, non sono proprio queste le
caratteristiche che un articolo, un reportage, un servizio radiotelevisivo o un
post sui social dovrebbero soddisfare? Gli operatori della comunicazione
possano sentirsi ispirati da questo santo della tenerezza, ricercando e
raccontando la verità con coraggio e libertà, ma respingendo la tentazione di
usare espressioni eclatanti e aggressive.
Il
sogno del Papa
“Parlare
con il cuore”, il tema di questa Giornata mondiale si inserisce nel processo
sinodale che la Chiesa sta vivendo e Papa Francesco osserva che l’ascolto
reciproco è il dono più prezioso che possiamo farci. C’è tanto bisogno, scrive,
di un linguaggio “secondo lo stile di Dio, nutrito di vicinanza, compassione e
tenerezza”. E descrive il suo sogno: Sogno una comunicazione ecclesiale che
sappia lasciarsi guidare dallo Spirito Santo, gentile e al contempo profetica,
che sappia trovare nuove forme e modalità per il meraviglioso annuncio che è
chiamata a portare nel terzo millennio. Una comunicazione che metta al centro
la relazione con Dio e con il prossimo, specialmente il più bisognoso, e che
sappia accendere il fuoco della fede piuttosto che preservare le ceneri di
un’identità autoreferenziale.
Un’escalation
che va frenata cominciando dalle parole
Il
Papa guarda ancora al contesto di conflitto globale che stiamo vivendo e
ribadisce quanto sia necessaria, “una comunicazione non ostile” per promuovere
una “cultura di pace” capace di “superare l’odio e l’inimicizia”. L’escalation
bellica che oggi l’umanità teme, scrive Francesco, “va frenata quanto prima
anche a livello comunicativo” perché le parole spesso si tramutano in azioni
belliche di efferata violenza”. E, dunque, insiste:
Abbiamo
bisogno di comunicatori disponibili a dialogare, coinvolti nel favorire un
disarmo integrale e impegnati a smontare la psicosi bellica che si annida nei
nostri cuori. (…) Va rifiutata ogni retorica bellicistica, così come ogni forma
propagandistica che manipola la verità, deturpandola per finalità ideologiche.
Va invece promossa, a tutti i livelli, una comunicazione che aiuti a creare le
condizioni per risolvere le controversie tra i popoli.
La
preghiera del Papa per i comunicatori
Il
messaggio di Papa Francesco si conclude sottolineando che lo sforzo di “trovare
le parole giuste” per costruire “una civiltà migliore” è richiesto a tutti, ma
in particolare è una responsabilità affidata agli operatori della comunicazione
e per loro invoca il Signore perché con la loro professione improntata alla
“verità nella carità”, possano aiutare a riscoprirci fratelli e sorelle e a
“sentirci custodi gli uni degli altri”.
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