La tecnologia non sfiguri l’essenza profonda dell’uomo
Il Papa riceve i partecipanti alla plenaria della Pontificia
Accademia per la Vita, riunita da oggi a mercoledì prossimo per riflettere su
un modello antropologico che armonizzi la diversità delle discipline evitando
“l’egemonia tecnocratica”
-
di Alessandro De
Carolis - Città del Vaticano
Nell’era dell’intelligenza artificiale, in cui serpeggia il
timore che gli algoritmi diventino un metro di misura pervasivo delle cose
umane, c’è bisogno di ricomprendere il rapporto tra uomo e macchina. E per
farlo è fondamentale capire “ciò che qualifica l’essere umano”, la sua natura
più profonda. È la considerazione di fondo da cui scaturisce la riflessione
della Pontificia Accademia per la Vita, che da oggi a mercoledì, si interroga
in assemblea generale sul tema “Human. Meanings and Challenges”. Ed è la stessa
considerazione da cui parte il Papa nel discorso rivolto ai partecipanti alla
plenaria.
Dentro un orizzonte più ampio
Per prima cosa Francesco definisce non “plausibile”
distinguere tra “processi naturali e processi artificiali”, dove i primi sono i
soli “autenticamente umani” mentre i secondi sono “estranei o addirittura
contrari all’umano”.
Quello che occorre fare, piuttosto, è inscrivere i saperi
scientifici e tecnologici all’interno di un più ampio orizzonte di significato,
scongiurando così l’egemonia tecnocratica.
Questa deriva - cioè la pretesa, dice, di “riprodurre
l’essere umano con i mezzi e la logica della tecnica” - la si
può notare fin nel racconto biblico e antichissimo della Torre di Babele. Il
Papa lo sfronda dal solito e frettoloso luogo comune per cui si trattò di una
“punizione distruttiva”. Al contrario, spiega, l’intervento di Dio in quella
circostanza fu una “benedizione propositiva.
Esso, infatti, manifesta il tentativo di correggere la deriva
verso un “pensiero unico” attraverso la molteplicità delle lingue. Gli esseri
umani vengono così messi di fronte al limite e alla vulnerabilità e richiamati
al rispetto dell’alterità e alla cura reciproca.
Creatività "responsabile"
Esiste, osserva Francesco, negli uomini ipertecnologici di
oggi, che costruiscono “macchine parlanti”, la “tentazione insidiosa” di
“sentirsi protagonisti di un atto creatore” simile a quello divino e dunque,
afferma, ci viene “chiesto di discernere come la creatività dell’uomo affidato
a sé stesso possa esercitarsi in modo responsabile”. Per questo è necessario,
prosegue, ”sviluppare una cultura che, integrando le risorse della scienza e
della tecnica, sia capace di riconoscere e promuovere l’umano nella sua
specificità irripetibile”.
Affrancarsi dall'"indietrismo"
Due, evidenzia il Papa, sono le modalità per procedere in
questo “compito culturale”. La prima si basa sullo “scambio transdisciplinare”,
un “laboratorio culturale” fatto di “un reciproco scambio” che rielabori le
conoscenze e superi, indica, “la giustapposizione dei saperi” attraverso “il
vicendevole ascolto e la riflessione critica”. La seconda modalità è evidente,
riconosce Francesco, nel “procedere sinodale” della Pontificia Accademia.
Si tratta di uno stile di ricerca esigente, perché comporta
attenzione e libertà di spirito, apertura a inoltrarsi su sentieri inesplorati
e sconosciuti, affrancandosi da ogni sterile “indietrismo”.
In questa linea, conclude il Papa “il cristianesimo ha
sempre offerto contributi di rilievo, riprendendo da ogni cultura in
cui si è inserito le tradizioni di senso che vi trovava inscritte” e “reinterpretandole alla
luce della relazione con il Signore, che nel Vangelo si rivela, e avvalendosi
delle risorse linguistiche e concettuali presenti nei singoli contesti”.
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