venerdì 30 novembre 2018

UNESCO: I BAMBINI VITTIME DI ESPULSIONI E DISCRIMINAZIONI

Dossier su educazione e migrazioni: 
in 2 anni persi un miliardo e mezzo di giorni di scuola dagli alunni profughi nel mondo
Una persona su 8 è un migrante interno, una su 30 non vive nel Paese in cui nasce. Spiega l’ex ministra dell’Istruzione Stefania Giannini, da maggio vicedirettrice dell’Unesco: «Viviamo in un mondo in movimento, spesso drammatico: 4 milioni di bambini tra i 5 e i 17 anni sono rifugiati, 11 milioni sono migranti. Dal 2016 ad oggi hanno perso un miliardo e mezzo di giorni di scuola».
L’occasione della conta è la presentazione, all’Università Cattolica di Milano, del Rapporto mondiale di monitoraggio dell’educazione 2019 (Global Education Monitoring) dell’Unesco. «Il titolo indica la direzione: 'Migrazioni, spostamenti forzati e educazione: costruire ponti, non muri'» e fa il punto su come la migrazione impatta sull’istruzione, nei Paesi di partenza come in quelli di arrivo.
E le risposte sono diverse: in alcuni casi migliorano i livelli di alfabetizzazione dei migranti, in altri peggiorano. La scuola infatti è il luogo in cui si costruiscono ponti; ma – sottolinea il rapporto – non sempre: «Negli Stati Uniti, che nel 2014 contavano 11 milioni di immigrati irregolari – spiega Giannini –, la minaccia di espulsione tiene i bambini lontani dalla scuola. Così nel 2017 il tasso di assenteismo del distretto scolastico di Las Cruces, nel New Mexico, è aumentato del 60%».
Il rapporto ha uno sguardo globale, critica le nazioni – come Thailandia, Tanzania e Bangladesh – che chiudono le porte delle classi ai bambini privi di documenti. «L’Italia – ricorda la vicedirettrice Unesco – ha una scelta immensa da tutelare: accettare nelle aule tutti i bambini, indipendentemente dallo status giuridico dei genitori». Un principio importantissimo, che talvolta viene minato per quanto riguarda l’accesso a mense, asili e ciò che dipende dagli enti locali.
Un esempio: la Dote Scuola della Regione Lombardia, che serve per acquistare i libri alle medie, non viene assegnata in base alla frequenza scolastica ma alla residenza. «Vuol dire – è emerso nel convegno – lasciare senza testi i ragazzi che non hanno i documenti. Nel caso dei comunitari, come i rumeni, i figli dei disoccupati. Insomma i più poveri».
Per Milena Santerini, direttrice del Centro di ricerca sulle Relazioni Interculturali della Cattolica e organizzatrice dell’incontro, «è arrivato il tempo dell’intercultura 2.0. Non un insegnamento, ma un modo di essere dei docenti e della scuola, che assuma una dimensione integrante per tutti, ricordandosi che le differenze non sono solo etniche». Del resto il 61% degli alunni stranieri è nato in Italia e rischia dunque di sentirsi straniero a casa propria.
«Il Rapporto – nota Santerini – permette di confrontare le politiche locali con le raccomandazioni internazionali: l’incremento dei servizi per l’infanzia è un punto di forza del nostro Paese, ma solo il 77% dei bambini di cittadinanza non italiana li frequenta contro il 94% dei nativi. L’istruzione professionale e l’educazione degli adulti sono invece settori deboli».
Durante il convegno si sono alternate voci dell’università, della società civile e delle istituzioni; sono sfilate esperienze significative come l’Istituto comprensivo Casa del Sole di via Padova a Milano, il progetto Espar che ha sperimentato un passaporto per riconoscere le competenze professionali dei richiedenti asilo, i corsi universitari per rifugiati di Uninettuno, la Scuola della Pace della Comunità di Sant’Egidio.
Quest’ultima esprime una forte preoccupazione per gli effetti del Decreto sicurezza approvato martedì alla Camera: «All’hub regionale di Bresso hanno annunciato l’allontanamento di diversi titolari di permesso umanitario, che rischiano così di diventare senza dimora. Sono arrivati i primi rigetti per le domande di residenza di richiedenti asilo: vuol dire, tra l’altro, meno opportunità educative».
Infatti la Garante per l’infanzia e l’adolescenza Filomena Albano, in audizione il 19 novembre alla Camera, ha espresso serie preoccupazioni per il futuro del 58,9% degli oltre 12mila minori non accompagnati presenti sul territorio nazionale che a breve compiranno 18 anni.




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