La
tragedia dell’istruzione digitale
ovvero la rivincita di Platone
L'intervento
del professore Enrico Nardelli dell’università di Roma Tor Vergata, direttore
del Laboratorio Nazionale “Informatica e Scuola” del CINI e già presidente di
Informatics Europe
No,
non si tratta della situazione di cui si lamentano quelli (troppi, purtroppo)
che sostengono che gli insegnanti italiani sono indietro perché «ignorano le
potenzialità delle tecnologie digitali».
È
invece la rivincita di quelli che, sottolineando la centralità dell’elemento
umano nei processi educativi, hanno sempre ribadito che nell’istruzione non è
un elemento davvero essenziale avere, ad esempio, un tablet per ogni studente o
reti superveloci nell’intero edificio scolastico, mentre lo è avere insegnanti
ben preparati e ben pagati, con un ruolo sociale riconosciuto e difeso. In un
mio recente intervento ho ricordato come gli aspetti relazionali del rapporto
tra docente e studente siano fondamentali per il successo del processo
educativo. Si tratta di una riflessione elaborata da Platone nei suoi Dialoghi,
dove si ritrova l’osservazione che la componente affettiva della relazione
educativa tra didàskalos e mathetés, maestro e allievo, è un aspetto
fondamentale della paideia, la crescita etica e spirituale del discepolo. La
tecnologia, se opportunamente utilizzata, può essere eventualmente usata per
potenziarla, ma non deve mai sostituirla, pena l’impoverimento e la distruzione
della nostra umanità.
A
questo punto abbiamo una certificazione autorevole che chi ha ragione tra
queste due posizioni sono gli scettici dell’uso della tecnologia digitale nelle
scuole e non gli entusiasti. Si tratta del recente rapporto UNESCO An
Ed-Tech Tragedy? (= Una tragedia per l’istruzione digitale?), di cui,
chissà perché, non mi pare si sia parlato molto sui grandi giornali d’opinione
che avevano invece sottolineato come effetto positivo il fatto che la pandemia
avesse costretto gli insegnanti italiani a “diventare digitali” (che mi sembra
un po’ come tessere le lodi del Titanic perché è importante saper nuotare – ma
lasciamo stare queste divagazioni).
Per
farla breve, il rapporto sottolinea come all’inizio della pandemia la grande
speranza fosse effettivamente quella di sfruttare questa situazione per
diffondere nel mondo della scuola la tecnologia digitale. Come sempre accade,
le motivazioni erano nobili e condivisibili: rendere il processo educativo più
efficiente e metterlo a disposizione di tutti.
Invece,
man mano che le soluzioni digitali venivano dispiegate come mezzo primario per
erogare l’istruzione obbligatoria, ci si è accorti delle conseguenze dannose e
non volute risultanti dalla transizione da un’educazione in presenza basata
sulla scuola come luogo fisico ad un insegnamento a distanza supportato dalla
tecnologia.
Il
sommario del rapporto riporta che alcuni sostengono che la tecnologia ha
salvato una situazione di emergenza e preservato la continuità
dell’apprendimento per un numero significativo di studenti, anche se non tutti
gli studenti ne hanno tratto beneficio. Ma l’evidenza globale – prosegue il
documento – rivela un quadro più cupo. Una dipendenza senza precedenti del
sistema educativo dalla tecnologia si è tradotta in esclusione, disuguaglianza
sconcertante, danni involontari e modelli di apprendimento che antepongono le
macchine e il profitto alle persone.
Il
semplice elenco dei capitoli della sezione del rapporto che analizza tali
guasti (“Act II: From Promises to Reality”) (= Atto 2°: dalle promesse alla
realtà) è sufficiente a far capire la portata del disastro compiuto:
-la
maggior parte degli allievi è rimasta indietro;
le
disuguaglianze sono aumentate;
-gli
allievi si sono impegnati di meno, hanno raggiunto risultati inferiori, e hanno
abbandonato l’istruzione obbligatoria;
-l’istruzione
è stata affossata e impoverita;
-l’immersione
nella tecnologia è stata dannosa per la salute;
-i
costi ambientali sono aumentati;
-il
settore privato ha rafforzato il controllo sull’istruzione pubblica;
-una
sorveglianza senza precedenti si è diffusa nel settore dell’istruzione.
Questi
sono, lo ripeto, i titoli dei capitoli del rapporto dell’UNESCO sopra citato,
non mie opinioni. Mi sembrano valutazioni assai rilevanti.
Il
documento prosegue discutendo quali alternative avrebbero dovuto essere
considerate, dal tenere le scuole aperte all’uso di soluzioni non tecnologiche.
La
parte finale del rapporto fornisce alcune raccomandazioni per l’uso futuro
della tecnologia digitale nel mondo dell’istruzione, che si auspica più
rispettoso della componente umana, tra cui vale la pena sottolineare
l’indicazione che sostiene che l’apprendimento in presenza ha la priorità su
altre modalità e quella che sottolinea la necessità di difendere l’istruzione
dalla diminuzione delle opportunità di usufruirne in modo libero, accessibile e
disponibile, diminuzione che è conseguenza della tecnologia digitale.
Appunto,
“la
rivincita di Platone”.
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