Penso
ai nostri buoni propositi falliti. A quei propositi che in altre stagioni della
nostra vita formulammo con tanta motivazione, e che siamo andati abbandonando
per strada. Avevamo giudicato, allora, che tutto sarebbe stato più facile, che
il contesto avrebbe contribuito in modo più favorevole, oppure di essere più
forti - e ci rimane adesso questo imbarazzo intimo che ci frustra e
intristisce. Non siamo dunque capaci di fedeltà ai propositi fatti? ci
domandiamo adesso.
La
risposta è: siamo e saremo migliori se impariamo a ripartire dal punto in cui
siamo caduti. Se, sospinti da un cuore che crede, partiamo dalle nostre
mancanze per ritrovare l'interezza.
È
Dio che, con l'energia ri-creatrice della sua misericordia, alimenta in noi la
possibilità di essere. Perché la conversione, in realtà, la trasformazione
interiore, la riqualificazione etica e spirituale, l'autenticità cui aspiriamo
sono l'opera di Dio in noi. Egli ricuce, ricompone, riconfigura, ripara,
rigenera.
Da
parte nostra è indispensabile la fiducia di nuovo collocata, oggi, nelle sue
mani, avvertendo come lo Spirito semini in noi un gusto di vita ricominciata.
Quello che Dio ci chiede è, una volta di più, il dono di noi stessi. Questo
dono anche fragile, anche balbettante, ha la capacità, una volta riposto nel
cuore di Dio, di intessere tutta la bellezza che non abbiamo fin qui ottenuto.
Nessun commento:
Posta un commento