nella Chiesa,
uniti al clero
siano protagonisti
Si è svolto in Vaticano in convegno dei presidenti e dei referenti delle Commissioni per il laicato delle Conferenze
Episcopali. Papa Francesco ha indicato loro la strada da percorrere insieme per arrivare a
“un Popolo di Dio nella missione”: il dramma della Chiesa è che Gesù continua a
bussare la porta, ma da dentro perché non lo lasciamo uscire
Superare i modi di agire in autonomia
Francesco ha esordito ricordando ai
presenti che “c’è ancora tanta strada da fare perché la Chiesa viva come un
corpo, come un vero Popolo”, ma è Dio ad indicare la via da seguire, quel
“vivere più intensamente e più concretamente in comunione”. Quindi il vescovo
di Roma parla dei tanti “binari paralleli che non si incontrano mai” e che
siamo chiamati a superare:
Il clero separato dai laici, i
consacrati separati dal clero e dai fedeli, la fede intellettuale di alcune
élites separata dalla fede popolare, la Curia romana separata dalle Chiese
particolari, i vescovi separati dai sacerdoti, i giovani separati dagli
anziani, i coniugi e le famiglie poco coinvolti nella vita delle comunità, i
movimenti carismatici separati dalle parrocchie, e così via. Questa è la
tentazione più grave in questo momento.
Un popolo unito nella missione
Il Papa sottolinea come tutto il
Popolo di Dio sia unito da un’unica fede, non è “né populismo, né elitismo, ma
il santo Popolo fedele di Dio”, che è “animato dallo stesso Spirito santificatore
e orientato alla stessa missione di annunciare l’amore misericordioso di Dio
Padre”. Quest’ultimo aspetto, l’essere uniti nella missione, è decisivo:
La sinodalità trova la sua sorgente e
il suo scopo ultimo nella missione: nasce dalla missione ed è orientata alla
missione. Condividere la missione, infatti, avvicina pastori e laici, crea
comunione di intenti, manifesta la complementarietà dei diversi carismi e
perciò suscita in tutti il desiderio di camminare insieme.
Gli esempi non mancano, a partire da
Cristo, per arrivare a San Paolo e ancora ai “grandi momenti di slancio
missionario della Chiesa”:
Lo vediamo in Gesù stesso, che si è
circondato, fin dall’inizio, di un gruppo di discepoli, uomini e donne, e ha
vissuto con loro il suo ministero pubblico. Mai da solo. E quando ha inviato i
Dodici ad annunciare il Regno di Dio li ha mandati “a due a due”. La stessa
cosa vediamo in San Paolo, che ha sempre evangelizzato insieme ai
collaboratori, anche laici e coppie di sposi. Non da solo. E così è stato nei
momenti di grande rinnovamento e di slancio missionario nella storia della
Chiesa: pastori e fedeli laici insieme. Non individui isolati, ma un popolo che
evangelizza! Il santo Popolo di Dio.
Siamo tutti discepoli
Dopo aver ricordato l’importanza
della formazione dei laici, “indispensabile per vivere la corresponsabilità”
purché non sia “scolastica, limitata a idee teoriche”, ma “anche pratica”, il
Pontefice ha invitato tutti a recuperare una ecclesiologia integrale, “come era
nei primi secoli, nella quale tutto viene unificato all’appartenenza a Cristo”,
riuscendo così a superare “una visione sociologica che distingue classi e
ranghi sociali e che si basa in fondo sul potere assegnato ad ogni categoria”:
L’accento va posto sull’unità e non
sulla separazione. Il laico, più che come “non chierico” o “non religioso”, va
considerato come battezzato, come membro del Popolo santo di Dio, è il
sacramento che apre tutte le porte. Nel Nuovo Testamento non compare la parola
“laico”, ma si parla di “credenti”, di “discepoli”, di “fratelli”, di “santi”,
termini applicati a tutti: fedeli laici e ministri ordinati.
Il pensiero del Papa va poi alla
Lettera alla Chiesa di Laodicea, “quando Gesù dice io sono alla porta e busso”.
Ma “oggi il dramma della Chiesa è che Gesù continua a bussare la porta, ma da
dentro perché non lo lasciamo uscire! Tante volte la Chiesa è imprigionata, non
riesce a far uscire il Signore. Il Signore è venuto per la missione e ci vuole
missionari”.
Una maggiore collaborazione
Questa corresponsabilità vissuta tra
lici e pastori permetterà di “superare le dicotomie, le paure e le differenze
reciproche”. Per Francesco “è ora che pastori e laici camminino insieme, in
ogni ambito della Chiesa e in ogni parte del mondo”. Da qui l’appello a una
maggiore valorizzazione dei laici, con un pensiero particolare alle donne:
I fedeli laici non sono “ospiti”
nella Chiesa, sono a casa loro, perciò sono chiamati a prendersi cura della
propria casa. I laici, e soprattutto le donne, vanno maggiormente valorizzati
nelle loro competenze e nei loro doni umani e spirituali per la vita delle
parrocchie e delle diocesi. Possono portare, con il loro linguaggio
“quotidiano”, l’annuncio del Vangelo, impegnandosi in varie forme di
predicazione. Possono collaborare con i sacerdoti per formare i bambini e i
giovani, per aiutare i fidanzati nella preparazione al matrimonio e per
accompagnare gli sposi nella vita coniugale e familiare. Vanno sempre
consultati quando si preparano nuove iniziative pastorali ad ogni livello,
locale, nazionale e universale. Si deve dare loro voce nei consigli pastorali
delle Chiese particolari. Devono essere presenti negli uffici delle Diocesi.
Possono aiutare nell’accompagnamento spirituale di altri laici e dare il loro
contributo anche nella formazione dei seminaristi e dei religiosi.
Il Pontefice ricorda poi una domanda
che gli fu posta, ovvero se un laico possa essere direttore spirituale. La
risposta è che si tratta di “un carisma laicale, non presbiterale”, dipende “se
il Signore ti dà la capacità di farlo”. Quindi l’importanza del ruolo dei laici
anche negli ambienti secolari:
E, insieme con i pastori, devono
portare la testimonianza cristiana negli ambienti secolari: il mondo del
lavoro, della cultura, della politica, dell’arte, della comunicazione sociale.
Infine, dal Papa un monito: non
cadere nel clericalismo. “I laici clericalizzati – dice - sono una peste nella
Chiesa”.
CARD.
KEVIN FARRELL - INTERVENTO [IT]
DOTT.SSA
LINDA GHISONI - INTERVENTO [IT]
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