Questo è il mio sangue.
Dal
Vangelo secondo Marco - Mc 14,12-16.22-26
Che
grande mistero d’amore, che siamo chiamati a contemplare e ad adorare in questo
sacramento meraviglioso. Il testo del Vangelo di oggi ci fa ripercorrere
l’istituzione dell’Eucaristia che avviene nel momento della Pasqua ebraica.
Gesti e parole di Gesù aiutano i discepoli (e noi) a capire che ha preparato
ben di più della cena pasquale ebraica: ha preparato “la Cena del Signore”.
L’agnello immolato, sacrificato dagli ebrei la notte dell’Esodo, il cui sangue
salvò i primogeniti di Israele dall’angelo della morte, era “pallida figura”
del Cristo, il cui sangue versato è capace di salvare dalla morte quanti
credono in Lui.
Dal
Vangelo possiamo cogliere le due dimensioni ed effetti “principali”
dell’Eucaristia. Anzitutto ci unisce più profondamente al Signore. Nell’Eucaristia,
infatti, incontriamo Lui e ci nutriamo di Lui: «prendete e mangiate, questo è
il mio corpo (= questo sono io)». Ricevuta con fede, l’Eucaristia opera una
sorta di “trasfusione”, non di sangue ma di sentimenti e pensieri. Il cibo
mangiato, infatti, viene assimilato dal corpo e trasformato in energia e
sostanze vitali; mediante l’Eucaristia Cristo ci assimila a sé e infonde in noi
se stesso, i suoi sentimenti, i suoi pensieri:
«Mentre
dunque il cibo corporale viene assimilato dal nostro organismo e contribuisce
al suo sostentamento, nel caso dell’Eucaristia si tratta di un Pane differente:
non siamo noi ad assimilarlo, ma esso ci assimila a sé [divinizzandoci], così
che diventiamo conformi a Gesù Cristo, membra del suo corpo, una cosa sola con
Lui» (Benedetto XVI). È qualcosa di meraviglioso, di immenso. Ovviamente il
sacramento sarà efficace in noi nella misura in cui lo accogliamo con fede,
volendo e cercando di vivere una vera e profonda unione con Cristo.
L’Eucaristia non è un amuleto, ma è una persona con la quale si vuol fare
comunione e vivere in comunione. Ecco perché per accostarvisi è necessario essere
in uno stato di grazia e amicizia con Dio. Avrebbe poco senso ricevere
l’Eucaristia se non si è e non si vive in comunione con Lui.
Inoltre
l’Eucaristia ci unisce tra noi. Facciamo caso a un dettaglio: «Gesù ha corretto
il modo di esprimersi dei discepoli. Gli avevano chiesto: Dove vuoi che andiamo
a preparare perché tu mangi la pasqua?”. Gesù si dare al padrone: “Dov’è la
sala dove io possa mangiare la Pasqua con i miei discepoli?”. E ai due dice:
“Là preparate per noi”. L’Eucaristia è un pasto comunitario» che ci unisce tra
noi, facendo di noi un corpo solo. Diceva san Giovanni Crisostomo: «Che cos’è
il pane consacrato? Corpo di Cristo. E che cosa diventano coloro che si
comunicano? Corpo di Cristo. Non molti corpi: un Corpo solo, quello di Cristo».
E
san Giovanni Paolo II: «L’Eucaristia è istituita perché diventiamo fratelli;
viene celebrata perché da estranei e indifferenti gli uni gli altri, diventiamo
uniti, uguali ed amici; è data perché, da massa apatica e fra sé divisa, se non
avversaria, diventiamo un popolo che ha un cuore solo e un’anima sola». Quando
riceviamo l’Eucaristia e rispondiamo “Amen” è come se dicessimo: così sia
Signore, ti accolgo e, accogliendo te, accolgo tutti. Posso dire che è davvero
così? Con quanto amore ricevo Cristo? Con quanto amore lo riconosco negli
altri? Ci farà bene chiederci con quanto amore (per Cristo e per i fratelli e
sorelle) ci accostiamo all’Eucaristia; e, soprattutto, chiediamogli la grazia
che ravvivi in noi l’amore per Lui, che pur di stare con noi e in noi continua
a rendersi presente in poco pane!
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