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di Edoardo Giribaldi – Città del
Vaticano
“Il
profumo di una persona cara”, che rende una presenza familiare. La sincronia
dei "nostri passi" con quelli "altrui”. Il vivere insieme,
sfidando ogni giorno le divisioni “sotto i nostri occhi”. Nell’omelia della
veglia di Pentecoste, presieduta questa sera – 7 giugno – in piazza San Pietro,
Papa Leone XIV esorta ancora una volta all'unità, a una “armoniosa sintonia”
nel cammino della Chiesa, tesa "fra il già e il non ancora”.
Volgersi
al Regno
“Lo
Spirito del Signore è sopra di me”, l’invocazione del brano liturgico tratto
dal Vangelo di Luca viene rilanciata dal Papa ad una piazza San Pietro che,
contando anche le aree limitrofe, conta circa 70.000 presenti. Lo fa affinché
lo Spirito stesso “visiti le nostre menti, moltiplichi i linguaggi, accenda i
sensi, infonda l’amore, rafforzi i corpi, doni la pace".
È
questa la conversione secondo il Vangelo: volgerci al Regno ormai vicino.
“Mi
ha mandato a portare ai poveri il lieto annuncio, a proclamare ai prigionieri
la liberazione e ai ciechi la vista” – prosegue il passo liturgico. È
testimonianza viva, secondo Leone XIV, di una realtà in continuo cambiamento,
“perché Dio regna, perché Dio è vicino”. La vigilia di Pentecoste diventa così
profondo coinvolgimento nella prossimità divina, grazie allo Spirito “che
unisce le nostre storie a quella di Gesù”.
Siamo
coinvolti, cioè, nelle cose nuove che Dio fa, perché la sua volontà di vita si
realizzi e prevalga sulle volontà di morte.
Il
profumo di una persona cara
“Mi
ha consacrato con l’unzione e mi ha mandato a portare ai poveri il lieto
annuncio, a proclamare ai prigionieri la liberazione e ai ciechi la vista; a
rimettere in libertà gli oppressi, a proclamare l'anno di grazia del Signore”,
cita il Papa. Parole in cui riconosce “il profumo del Crisma”, con cui ciascun
battezzato e cresimato è stato segnato, unito “alla missione trasformatrice di
Gesù”.
Come
l’amore ci rende familiare il profumo di una persona cara, così riconosciamo
stasera l’uno nell’altro il profumo di Cristo. È un mistero che ci stupisce e
ci fa pensare.
Estroversi
e luminosi
Leone
XIV rievoca l’episodio della Pentecoste: “Maria, gli Apostoli, le discepole e i
discepoli che erano con loro”, investiti da uno “Spirito di unità”, capace di
raccogliere “per sempre nell’unico Signore” le unicità di ciascuno.
Non
molte missioni, ma un’unica missione. Non introversi e litigiosi, ma estroversi
e luminosi.
Duemila
anni dopo, piazza San Pietro si presenta “come un abbraccio aperto e
accogliente”, eloquente simbolo della comunione ecclesiastica, sperimentata
concretamente dai diversi movimenti, associazioni e nuove comunità presenti a
Roma in occasione degli eventi giubilari a loro dedicati.
"Dio
non è solitudine"
Un’altra
memoria, ben più recente, riporta il Papa alla sera della sua elezione:
“guardando con commozione il popolo di Dio qui raccolto, ho ricordato la parola
'sinodalità'”. In essa risuona “il syn”, il “con”, che esprime “il
segreto della vita di Dio”.
Dio
non è solitudine. Dio è 'con' in sé stesso – Padre, Figlio e Spirito Santo – ed
è Dio con noi.
La
sinodalità è anche una strada – odós – da percorrere. Perché
“dove c’è lo Spirito c’è movimento, c’è cammino. Siamo un popolo in
cammino".
Questa
coscienza non ci allontana ma ci immerge nell’umanità, come il lievito nella
pasta, che la fa tutta fermentare. L’anno di grazia del Signore, di cui è
espressione il Giubileo, ha in sé questo fermento.
Armonizzare
i passi con quelli degli altri
Nel
contesto di un mondo “lacerato e senza pace”, la Pentecoste e il suo appello a
“camminare insieme” assumono forza profetica. Leone XIV la intravede in una
“terra” che “riposerà”; in una “giustizia” che “si affermerà”; nella gioia dei
poveri.
La
pace tornerà se non ci muoveremo più come predatori, ma come pellegrini. Non
più ognuno per sé, ma armonizzando i nostri passi ai passi altrui. Non
consumando il mondo con voracità, ma coltivandolo e custodendolo, come ci
insegna l’Enciclica Laudato si’.
La
"storia" si forma nel riunirsi
“Dio
ha creato il mondo perché noi fossimo insieme”, afferma il Pontefice. E questa
“consapevolezza”, in ambito ecclesiale, prende proprio il nome di “sinodalità”.
Una via che pone domande, invita ciascuno a “riconoscere il proprio debito”,
così come “il proprio tesoro”, sentendosi frammento “di un intero”, al di fuori
del quale “tutto appassisce, anche il più originale dei carismi”.
Vedete:
tutta la creazione esiste solo nella modalità dell’essere insieme, talvolta
pericoloso, ma pur sempre un essere insieme. E ciò che noi chiamiamo 'storia'
prende forma solo nella modalità del riunirsi, del vivere insieme, spesso pieno
di dissidi, ma pur sempre un vivere insieme. Il contrario è mortale, ma
purtroppo è sotto i nostri occhi, ogni giorno.
Attualizzare
la Parola
Le
aggregazioni e comunità presenti in piazza rappresentano, nella visione del
Papa, “palestre di fraternità e di partecipazione”, cellule “di incontro” e di
“spiritualità”. Stare insieme, dunque, per scoprire come “il mondo” e “i cuori”
cambiano attraverso “lo Spirito di Gesù”. Per esercitarsi a quella “dimensione
contemplativa” che “sconfessa l’autoaffermazione, la mormorazione, lo spirito
di contesa, il dominio delle coscienze e delle risorse”.
Il
Signore è lo Spirito e dove c’è lo Spirito del Signore c’è libertà. L’autentica
spiritualità impegna perciò allo sviluppo umano integrale, attualizzando fra
noi la parola di Gesù. Dove questo avviene, c’è gioia. Gioia e speranza.
Tesi
fra il "già" e il "non ancora"
Portare
questo messaggio è evangelizzare: non una “conquista umana del mondo”, ma
piuttosto, dice Leone XIV, “l’infinita grazia che si diffonde da vite cambiate
dal Regno di Dio”.
È
la via delle Beatitudini, una strada che percorriamo insieme, tesi fra il 'già'
e il 'non ancora', affamati e assetati di giustizia, poveri di spirito,
misericordiosi, miti, puri di cuore, operatori di pace.
Una
strada già tracciata, che non contempla “sostenitori potenti, compromessi
mondani, strategie emozionali”.
L’evangelizzazione
è opera di Dio e, se talvolta passa attraverso le nostre persone, è per i
legami che rende possibili.
In
sinergia, per affrontare le sfide dell'umanità
Il
pensiero finale dell'omelia del Pontefice è nuovamente rivolto alle Chiese
particolari, alle comunità parrocchiali. Invita ciascuno a legarsi
“profondamente” ad esse, per alimentare e spendere i propri “carismi”.
Attorno
ai vostri vescovi e in sinergia con tutte le altre membra del Corpo di Cristo
agiremo, allora, in armoniosa sintonia. Le sfide che l’umanità ha di fronte
saranno meno spaventose, il futuro sarà meno buio, il discernimento meno
difficile. Se insieme obbediremo allo Spirito Santo! Maria, Regina degli
Apostoli e Madre della Chiesa, interceda per noi.
Il
giro in Papamobile
Prima
della celebrazione, l’arrivo del Papa in piazza San Pietro, passando dall'arco
delle Campane a bordo della Papamobile, è accolto dal giubilo e dal colpo
d’occhio dei vessilli delle diverse comunità accorse a Roma, che sventolano
nell’aria tiepida del crepuscolo romano. Dopo l’inno del Giubileo, a scandire
il percorso del Pontefice attorno all’emiciclo berniniano è la musica dei Gen
Rosso, il gruppo nato da un dono di Chiara Lubich, fondatrice del Movimento dei
Focolari: una chitarra e una batteria, entrambe di colore rosso. Il giro in
Papamobile si prolunga per circa mezz’ora, durante la quale Leone XIV dispensa
benedizioni alla folla, in particolare ai bambini.
La
realtà ecclesiale dei movimenti
Il
Papa si avvia quindi verso l’altare, accolto dall’arcivescovo Rino Fisichella,
pro-prefetto del Dicastero per l’Evangelizzazione e responsabile
dell’organizzazione del Giubileo. “Davanti a lei è presente la grande e
multiforme realtà ecclesiale dei movimenti”, afferma Fisichella, sottolineando
come la loro partecipazione rappresenti un “segno evidente della grande opera
di evangelizzazione”, portata avanti con “convinzione e credibilità”.
L’arcivescovo conclude evidenziando come il momento di preghiera voglia essere
anche un’invocazione di sostegno al Pontefice, affinché possa essere ricolmato
di “gioia” e, nei momenti di difficoltà, di forza.
Sette
fiamme per sette lampade
“Il
datore di ogni bene, che nell’unico battesimo e nella varietà dei carismi e
ministeri manifesta il corpo della Chiesa, accompagni i movimenti e le
associazioni che rappresentate e che arricchiscono la missione evangelizzatrice
della Sposa di Cristo”, proclama Leone XIV, introducendo la Veglia e il
canto Veni, Creátor Spíritus. Sulle sue note, alcuni rappresentanti
delle associazioni e dei movimenti presenti si accostano al cero pasquale posto
accanto all’ambone, da dove attingono la luce per accendere sette lampade, le
cui fiamme sono mosse e protette con le mani a coppa per via del forte
vento. Segue la proclamazione del Vangelo, l'omelia, il rinnovo delle
promesse battesimali e l’invocazione allo Spirito Santo. La Veglia si conclude
con la Benedizione Apostolica. La schola e l’assemblea
intonano poi il Regina Caeli.
LEGGI L'OMELIA INTEGRALE DI PAPA LEONE XIV
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