NON E' BURNOUT
MA ASSENZA DI GIOIA
Il termine è stato coniato da un sociologo, Corey Keyes, colpito da quante persone non depresse non
stessero comunque prosperando. La sua ricerca rivela che le persone che tra
dieci anni soffriranno di depressione e disturbi d’ansia non sono quelle che stanno
sperimentando questi sintomi oggi. Sono quelle che oggi stanno ‘languendo’. Ma
qual è il pericolo insito in questo status emozionale? Secondo lo psicologo, è
l’inconsapevolezza. “Non riesci a percepire te stesso scivolare lentamente
nella solitudine. Sei indifferente alla tua indifferenza - scrive sul NYT -. E
quando non riesci a capire che stai soffrendo, non puoi cercare aiuto né fare
molto per aiutare te stesso”.
Molto stanno facendo scienziati e medici per curare i sintomi
fisici del long
Covid. Nel frattempo però molte persone si trovano a fare i conti con le
ripercussioni psicologiche. Queste possono colpire duramente e a sorpresa,
proprio mentre la paura dello scorso anno si solleva. “All’inizio non ho
riconosciuto tutti i sintomi che avevamo in comune - scrive l’autore -. Amici
che mi dicevano di avere problemi a concentrarsi. Colleghi che, anche col
vaccino all’orizzonte, non erano affatto eccitati per l’arrivo del 2021. E io
che invece di balzare giù dal letto ogni mattina mi metto a giocare un’ora a
Words with Friends”.
Un antidoto al “languishing” però c’è. Prima di tutto, è
necessario dare un nome a questa emozione, capire che non siamo soli, ma che,
al contrario, è un qualcosa che in molti stanno sperimentando. Il NYT ricorda
che la scorsa estate la giornalista Daphne K Lee ha twittato un’espressione
usata in Cina che potrebbe tradursi con il “rimandare l’andare al letto per
vendetta”. Sembra che fosse costume comune rimanere svegli a lungo durante la
notte reclamando la libertà persa durante il giorno. Un comportamento che
rivela una voglia di riprendere il controllo. Tanti lo stavano sperimentando e
allora tanto valeva dargli un nome. Lo stesso bisognerebbe fare per il
“languishing”.
Come possiamo combattere questa assenza di gioia, questa
stasi, dunque? In inglese, c’è la parola “flow”,
“flusso”/“fluire”, che potrebbe essere proprio l’arma giusta contro l’emozione
del 2021. Con questo termine si intende quello stato di abbandono piacevole che
proviamo quando siamo completamente assorbiti da qualcosa, quel momento in cui
perdiamo la cognizione del tempo, dello spazio. Può essere un progetto a cui
teniamo molto o una serie tv su Netflix: entrambi possono avere quel magico
potere di trasportarci via. E di salvarci, seppure per un momento, dalla
negatività.
L’ultimo avvertimento che lo psicologo lascia nell’articolo è
quello di fare attenzione a dedicare a noi stessi un tempo non frammentato. La
pandemia ci ha costretti a cambiare mansione ogni dieci minuti, passando dal
nostro lavoro ai nostri figli alla cura della casa in un batter d’occhio. Tutto
questo favorisce il “languishing”. Siamo noi ad avere il potere di dargli il
colpo di grazia. Ma per farlo non possiamo ignorare la sua esistenza. Non
esistono solo le malattie fisiche, ma anche quelle
mentali. E questo è un qualcosa che, mentre ci accingiamo a vivere l’epoca
postpandemica, dobbiamo assolutamente ricordare. “Se non hai la depressione,
non vuol dire che tu non stia soffrendo. Se non hai il burn out non vuol dire
che tu non sia esaurito - conclude Grant -. Sapendo che molti di noi stanno
‘languendo’, possiamo finalmente iniziare a dare una voce a questa sommessa
disperazione”.
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