lunedì 28 ottobre 2024

PADRE NOSTRO


 La preghiera 

che Gesù 

ci ha insegnato



-      -   di p. Giuseppe Oddone

L’ultimo sussidio sulla preghiera, l’ottavo, presentato dal dicastero per l’evangelizzazione in preparazione dell’anno del giubileo 2025, riporta le riflessioni del biblista Ugo Vanni, gesuita nato in Argentina, (1929 - 2018) che ha insegnato per molti anni all’Università Gregoriana e al Pontificio Istituto Biblico di Roma.

Il commento al Padre nostro gli è stato richiesto qualche anno fa da Mons. Rino Fisichella per commentare il Catechismo della Chiesa Cattolica, ma conserva tutta la sua freschezza e la sua attualità. Il Padre nostro, sintesi di ogni preghiera, insegnato da Gesù ha subito permeato l’ambiente della chiesa primitiva, le prime comunità cristiane ed è stato considerato da sempre compendio di tutto il Vangelo.

 È formulato solo nel Vangelo di Matteo e di Luca, ma gli elementi costitutivi di questa preghiera sono presenti in tutto il Nuovo Testamento.

Il Vangelo di Marco

 Le richieste del Padre nostro non sono in Marco collegate tra loro in una formula di preghiera. Ma la convivenza con Gesù, lo” stare con Lui” rivela ai discepoli che Egli si rivolge al Padre col termine aramaico di ’abbà come fanno i bambini in famiglia. Ed è l’unica volta che incontriamo questo termine nell’ambito dei Vangeli (Mc 14,36).  I discepoli hanno ascoltato nelle parabole Gesù che parlava del regno di Dio, seminato con la Parola nel cuore dell’uomo, hanno visto il Maestro determinato ad andare a Gerusalemme per compiere drammaticamente la volontà del Padre; Gesù ha poi parlato agli apostoli del pane dopo i miracoli della moltiplicazione, facendo loro intuire che dovevano ricercare un altro pane: “Non capite ancora e non comprendete?…

Non comprendete ancora?” (Mc. 8,17.21).

Egli esige che prima della preghiera si perdonino i fratelli: “Quando vi mettete a pregare, se avete qualcosa contro qualcuno perdonate, perché anche il Padre vostro che è nei cieli perdoni a voi le vostre colpe” (Mc 11,25); i discepoli hanno intuito che Gesù è stato tentato da Satana e lo ha vinto (Mc 1,12), hanno concretamente sperimentato nei vari miracoli che il male ed il maligno non possono reggere alla presenza di Gesù. Tutti questi elementi aderiscono perfettamente alla formula del Padre nostro, ne sono per così dire la preparazione e ci aiutano a comprenderne il significato.

Il Vangelo di Matteo

Il Padre nostro che noi recitiamo riprende la formulazione proposta dal Vangelo di Matteo: essa è inserita nel discorso della montagna, che si apre con le beatitudini e continua esponendo il programma della vita cristiana. Particolare rilievo ha la preghiera del discepolo che è rivolta al Padre che vede nel segreto, che è un dialogo che non ha bisogno di molte parole, caratterizzato da un’intensa intimità filiale. In questo contesto viene inserito il Padre nostro, preghiera che parte dal cuore del credente per raggiungere il cuore di Dio.

Essa, tuttavia, nell’intenzione di Gesù non appare come una formula fissa, ma piuttosto una griglia di riferimento per ogni altra preghiera e per la vita. Padre! La risonanza di questo termine è fortissima nell’ambiente di Gesù: fa riferimento all’ambiente collettivo della famiglia; il padre è colui che comprende ed educa il figlio, e ne riceve le confidenze, ma è anche colui che compatta la famiglia, che vincola i fratelli tra di loro.

Noi diciamo appunto “Padre nostro” con un forte riferimento alla dimensione socio familiare perché i primi cristiani si trovano a vivere insieme e avvertono questo filo che li unisce tutti nei valori più profondi.

 Dio moltiplica la sua paternità: è infinitamente Padre.

E’ il Padre “che sei nei cieli”, il “Padre vostro celeste” che va infinitamente oltre le categorie della paternità terrena. Sia santificato il tuo nome: questa santificazione si realizza non per mezzo di un’aggiunta impensabile alla santità di Dio, ma facendo in modo che la sua santità si diffonda e si realizzi in noi e in tutta la grande famiglia cristiana. Venga il tuo regno: Dio per mezzo di Cristo viene incontro all’uomo con una alleanza di amore e chiede a noi di andare incontro a Lui mediante il sì della fede; il regno di Dio è in sviluppo fino alla fine dei tempi  quando Dio sarà “tutto in tutti”.

Sia fatta la tua volontà.

 E’ aderire a ciò che Dio vuole attraverso ai comandamenti, alla sua Parola incarnata in Cristo, e anche attraverso alla nostra storia personale e agli imprevisti della vita. Dacci oggi in nostro pane quotidiano. Chiediamo il nutrimento fatto dall’uomo e per l’uomo, condiviso in famiglia e tutto ciò che rende la vita familiare non solo possibile, ma anche gradevole: in sintesi una vita vissuta con serenità e con dignità. Il pane è nostro, non mio. Lo chiediamo gli uni per gli altri.

 Rimetti a noi i nostri debiti come noi li rimettiamo ai nostri debitori.

Ognuno con i suoi peccati ha dei debiti verso Dio e Dio colma questo vuoto con il suo amore, ma vuole che nello stesso tempo come famiglia di Dio saniamo le fratture che abbiamo con i nostri fratelli per non bloccare quel flusso di bontà che scende da Lui ed a Lui attraverso il perdono deve tornare. Non possiamo pretendere di raggiungere Dio da soli, escludendo gli altri.

Non abbandonarci alla tentazione, ma liberaci dal male.

Le ultime due richieste riguardano ancora il mistero del male, del peccato. Tutti siamo nel deserto della vita esposti alla tentazione. Con l’aiuto di Dio possiamo superare la prova e consolidare i nostri valori cristiani. Ma data la debolezza umana la tentazione può avere uno sbocco negativo: chiediamo allora al Signore che ci eviti di entrare in quelle situazioni il cui esito sarebbe rovinoso, facendoci cadere nel potere del “maligno”. Il Padre celeste ha tuttavia debellato il male attraverso alla morte ed alla risurrezione di Gesù e con il pentimento sincero è sempre possibile riprendere il nostro cammino di fede. 

Quando “il mio Padre celeste” di Gesù è diventato anche “il vostro Padre celeste” dei discepoli si ha come un passaggio dal cuore di Gesù al cuore dei cristiani e la preghiera del Padre nostro si rivela in tutta la sua bellezza e in tutto il suo significato. Il Padre nostro in San Paolo Anche in San Paolo si possono trovare numerosi riferimenti al Padre nostro. Per ben due volte l’apostolo afferma che noi cristiani, guidati dallo Spirito, nelle assemblee ci rivolgiamo a Dio e “gridiamo: Abbà! Padre!” (Rom. 8.15; cfr. Gal.4,5.6).

E’ lo Spirito di Gesù, effuso nei nostri cuori, che ci rende figli di Dio, ci santifica, attiva la nostra speranza nella venuta del regno di Dio ora e poi alla fine dei tempi, ci dona la mente, la volontà di Cristo per realizzarla nel nostro comportamento,  ci offre il pane eucaristico e il pane quotidiano del nostro lavoro, ci aiuta a vincere il male con il bene, ci rende capaci di perdono e di amore vicendevole e dà la forza di resistere alle tentazioni con la preghiera e di respingere Satana, vivendo con gioia la nostra filiazione divina.

Il Padre nostro in San Luca

Troviamo la formula del Padre nostro, con qualche omissione, anche nel vangelo di Luca. Ma Luca è più vicino alla mentalità di Paolo che a quella di Matteo. La preghiera rivolta al Padre nasce proprio dallo Spirito di Gesù, dall’esperienza del Signore che prega: “Signore, insegnaci a pregare!” (Lc 11,1). La risposta di Gesù è immediata, perentoria, coinvolgente: “Quando pregate, dite” (Lc. 11,2). Il cielo ove abita il Padre è il cuore di ogni credente, ove agisce lo Spirito “riversato” in noi. La santificazione del nome di Dio e l’avvento del suo regno avvengono nell’appartenenza alla comunità cristiana, obbediente alla voce dello Spirito.  Chiediamo con insistenza ogni giorno il pane quotidiano e ci affidiamo pienamente a Dio, domandiamo perdono dei nostri “peccati”, sappiamo che solo Lui può perdonarci, perché “anche noi infatti perdoniamo ai nostri debitori” come Gesù sulla croce.

 Infine, imploriamo di essere liberati dalla tentazione: è implicito che dietro ogni tentazione c’è un tentatore, il maligno, che si infiltra nelle strutture umane. Solo il sostegno del Padre, ottenuto con la preghiera, ci aiuta ad uscire indenni e a neutralizzare il male. Possiamo pertanto considerare la formula della preghiera in Luca, non tanto come una riduzione del Padre nostro, ma come un approfondimento secondo la linea di San Paolo, di cui Luca fu collaboratore. 

Il Padre nostro in Giovanni

Una formula del Padre nostro non appare direttamente negli scritti dell’apostolo Giovanni. Vi è invece la grande preghiera di Gesù al Padre nel capitolo 17 del suo Vangelo. È di una vertiginosa profondità. Gesù è l’unigenito pieno di grazia e di verità, che viene dal Padre, che vive in contatto con Lui ora per ora, momento per momento, che opera in unione con Lui, che glorifica il suo nome, in particolare quando è innalzato sulla croce per attirare tutti a sè.  Gesù è “una cosa sola” col Padre, dona ai discepoli la vita eterna, vuole che essi “siano una sola cosa come noi” (Gv 17,11), prega che siano tenuti lontani “dal Maligno (Gv. 17,15), che contemplino “la mia gloria, quella che Tu mi hai dato”.

 E’ grazie alla fede e all’accoglienza di Gesù che siamo diventati figli di Dio (Gv. 1,12); Egli ci pone profondamente in rapporto con il Padre: “E’ Cristo che viene donato continuamente alla comunità dalla mediazione dello Spirito. E così il Padre santifica e glorifica il suo nome, coinvolge in una situazione di regno che si realizza giorno per giorno, stabilisce una reciprocità di amore che porta a desiderare appassionatamente la realizzazione della sua volontà. Dando Cristo come nutrimento, il Padre dona quanto c’è di meglio per l’uomo, per la sua vita presente e futura, spingendolo ad amare col suo stesso tipo di amore e difendendolo da qualunque insidia. Muovendosi nell’orbita di Cristo, il cristiano diventerà pienamente figlio del Padre” (pp. 100-101).

 Conclusioni

Il Padre nostro è un condensato di vita. Continua a viaggiare nella storia della Chiesa sempre con nuove risonanze. Ogni generazione di credenti lo ha riletto, approfondito e interpretato e così sarà fino alla fine dei secoli.  Per esemplificare mi permetto di citare la rilettura poetica di Dante, che troviamo nel Purgatorio, regno della preghiera.

  «O Padre nostro, che ne’ cieli stai,  non circunscritto,

ma per più amore  ch’ai primi effetti di là sù tu hai, 

                                       laudato sia ‘l tuo nome e ‘l tuo valore  da ogni creatura,

com’è degno  di render grazie al tuo dolce vapore.                               

Vegna ver’ noi la pace del tuo regno, 

ché noi ad essa non potem da noi,  s’ella non vien, con tutto nostro ingegno.                        Come del suo voler li angeli tuoi  fan sacrificio a te, cantando  osanna, 

così facciano li uomini de’ suoi.

      Dà oggi a noi la cotidiana manna,

 sanza la qual per questo aspro diserto  a retro va chi più di gir s’affanna.

 E come noi lo mal ch’avem sofferto  perdoniamo a ciascuno,

 e tu perdona  benigno, e non guardar lo nostro merto.

                      Nostra virtù che di legger s’adona,  non spermentar con l’antico avversaro,

 ma libera da lui che sì la sprona. 

          (Purg. XI, vv 1-21)

 

 Parafrasando: Dio Padre è nei cieli, non limitato da essi, Lui che tutto circoscrive; si dice così per il maggiore amore che Egli ha per le prime cose da Lui create: gli angeli ed i cieli stessi. C’è poi per la santificazione del nome di Dio una sottolineatura trinitaria e una indiretta citazione del cantico delle creature di Francesco: “laudato sia” il tuo nome (Il Figlio), il tuo valore (il Padre), il tuo dolce vapore (lo Spirito).

 Il regno di Dio è un regno di pace: ad essa l’umanità non può giungere da sola, ma soltanto con l’aiuto di Dio, richiesto nella preghiera. Gli angeli sono perfetti e gioiosi esecutori della volontà di Dio, altrettanto sappiano fare gli uomini con la loro volontà nei confronti del Padre.  Nell’aspro deserto della vita chiediamo il pane (la manna) quotidiano, materiale e spirituale: senza di esso tutte le nostre fatiche non portano a nulla, anzi ci fanno solo retrocedere. Come noi perdoniamo a tutti le sofferenze che ci hanno causato direttamente o indirettamente, così chiediamo a Dio di perdonarci per il suo amore, non certo per i nostri meriti.

Infine, domandiamo al Padre di non mettere alla prova la nostra virtù, che si abbatte (s’adona) facilmente, e di non lasciarci in balia del demonio, l’antico avversario, che ci sprona al male.

Il Padre nostro, parafrasato da Dante, è rivolto al Padre da anime in stato di purificazione, ma è anche una preghiera fatta da loro per chi è rimasto sulla terra, una preghiera che unisce spiritualmente i vivi, ossia la Chiesa militante, con i defunti, con le anime oltre il confine della vita terrena, tutti in cammino verso il paradiso, nostra definitiva casa nell’unione perfetta con il Padre che è nei cieli.

CEI

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