che Gesù
ci ha insegnato
- - di p. Giuseppe Oddone
L’ultimo
sussidio sulla preghiera, l’ottavo, presentato dal dicastero per
l’evangelizzazione in preparazione dell’anno del giubileo 2025, riporta le
riflessioni del biblista Ugo Vanni, gesuita nato in Argentina, (1929 - 2018)
che ha insegnato per molti anni all’Università Gregoriana e al Pontificio
Istituto Biblico di Roma.
Il
commento al Padre nostro gli è stato richiesto qualche anno fa da Mons. Rino
Fisichella per commentare il Catechismo della Chiesa Cattolica, ma conserva
tutta la sua freschezza e la sua attualità. Il Padre nostro, sintesi di ogni
preghiera, insegnato da Gesù ha subito permeato l’ambiente della chiesa
primitiva, le prime comunità cristiane ed è stato considerato da sempre
compendio di tutto il Vangelo.
È formulato solo nel Vangelo di Matteo e di
Luca, ma gli elementi costitutivi di questa preghiera sono presenti in tutto il
Nuovo Testamento.
Il
Vangelo di Marco
Le richieste del Padre nostro non sono in
Marco collegate tra loro in una formula di preghiera. Ma la convivenza con
Gesù, lo” stare con Lui” rivela ai discepoli che Egli si rivolge al Padre col
termine aramaico di ’abbà come fanno i bambini in famiglia. Ed è l’unica volta
che incontriamo questo termine nell’ambito dei Vangeli (Mc 14,36). I discepoli hanno ascoltato nelle parabole
Gesù che parlava del regno di Dio, seminato con la Parola nel cuore dell’uomo,
hanno visto il Maestro determinato ad andare a Gerusalemme per compiere
drammaticamente la volontà del Padre; Gesù ha poi parlato agli apostoli del
pane dopo i miracoli della moltiplicazione, facendo loro intuire che dovevano
ricercare un altro pane: “Non capite ancora e non comprendete?…
Non
comprendete ancora?” (Mc. 8,17.21).
Egli
esige che prima della preghiera si perdonino i fratelli: “Quando vi mettete a
pregare, se avete qualcosa contro qualcuno perdonate, perché anche il Padre
vostro che è nei cieli perdoni a voi le vostre colpe” (Mc 11,25); i discepoli
hanno intuito che Gesù è stato tentato da Satana e lo ha vinto (Mc 1,12), hanno
concretamente sperimentato nei vari miracoli che il male ed il maligno non
possono reggere alla presenza di Gesù. Tutti questi elementi aderiscono
perfettamente alla formula del Padre nostro, ne sono per così dire la
preparazione e ci aiutano a comprenderne il significato.
Il
Vangelo di Matteo
Il
Padre nostro che noi recitiamo riprende la formulazione proposta dal Vangelo di
Matteo: essa è inserita nel discorso della montagna, che si apre con le
beatitudini e continua esponendo il programma della vita cristiana. Particolare
rilievo ha la preghiera del discepolo che è rivolta al Padre che vede nel
segreto, che è un dialogo che non ha bisogno di molte parole, caratterizzato da
un’intensa intimità filiale. In questo contesto viene inserito il Padre nostro,
preghiera che parte dal cuore del credente per raggiungere il cuore di Dio.
Essa,
tuttavia, nell’intenzione di Gesù non appare come una formula fissa, ma
piuttosto una griglia di riferimento per ogni altra preghiera e per la vita.
Padre! La risonanza di questo termine è fortissima nell’ambiente di Gesù: fa
riferimento all’ambiente collettivo della famiglia; il padre è colui che
comprende ed educa il figlio, e ne riceve le confidenze, ma è anche colui che
compatta la famiglia, che vincola i fratelli tra di loro.
Noi
diciamo appunto “Padre nostro” con un forte riferimento alla dimensione socio
familiare perché i primi cristiani si trovano a vivere insieme e avvertono
questo filo che li unisce tutti nei valori più profondi.
Dio moltiplica la sua paternità: è
infinitamente Padre.
E’
il Padre “che sei nei cieli”, il “Padre vostro celeste” che va infinitamente
oltre le categorie della paternità terrena. Sia santificato il tuo nome: questa
santificazione si realizza non per mezzo di un’aggiunta impensabile alla
santità di Dio, ma facendo in modo che la sua santità si diffonda e si realizzi
in noi e in tutta la grande famiglia cristiana. Venga il tuo regno: Dio per
mezzo di Cristo viene incontro all’uomo con una alleanza di amore e chiede a
noi di andare incontro a Lui mediante il sì della fede; il regno di Dio è in
sviluppo fino alla fine dei tempi quando
Dio sarà “tutto in tutti”.
Sia
fatta la tua volontà.
E’ aderire a ciò che Dio vuole attraverso ai
comandamenti, alla sua Parola incarnata in Cristo, e anche attraverso alla
nostra storia personale e agli imprevisti della vita. Dacci oggi in nostro pane
quotidiano. Chiediamo il nutrimento fatto dall’uomo e per l’uomo, condiviso in
famiglia e tutto ciò che rende la vita familiare non solo possibile, ma anche
gradevole: in sintesi una vita vissuta con serenità e con dignità. Il pane è
nostro, non mio. Lo chiediamo gli uni per gli altri.
Rimetti a noi i nostri debiti come noi li
rimettiamo ai nostri debitori.
Ognuno
con i suoi peccati ha dei debiti verso Dio e Dio colma questo vuoto con il suo
amore, ma vuole che nello stesso tempo come famiglia di Dio saniamo le fratture
che abbiamo con i nostri fratelli per non bloccare quel flusso di bontà che
scende da Lui ed a Lui attraverso il perdono deve tornare. Non possiamo
pretendere di raggiungere Dio da soli, escludendo gli altri.
Non
abbandonarci alla tentazione, ma liberaci dal male.
Le
ultime due richieste riguardano ancora il mistero del male, del peccato. Tutti
siamo nel deserto della vita esposti alla tentazione. Con l’aiuto di Dio
possiamo superare la prova e consolidare i nostri valori cristiani. Ma data la
debolezza umana la tentazione può avere uno sbocco negativo: chiediamo allora
al Signore che ci eviti di entrare in quelle situazioni il cui esito sarebbe
rovinoso, facendoci cadere nel potere del “maligno”. Il Padre celeste ha
tuttavia debellato il male attraverso alla morte ed alla risurrezione di Gesù e
con il pentimento sincero è sempre possibile riprendere il nostro cammino di
fede.
Quando
“il mio Padre celeste” di Gesù è diventato anche “il vostro Padre celeste” dei
discepoli si ha come un passaggio dal cuore di Gesù al cuore dei cristiani e la
preghiera del Padre nostro si rivela in tutta la sua bellezza e in tutto il suo
significato. Il Padre nostro in San Paolo Anche in San Paolo si possono trovare
numerosi riferimenti al Padre nostro. Per ben due volte l’apostolo afferma che
noi cristiani, guidati dallo Spirito, nelle assemblee ci rivolgiamo a Dio e
“gridiamo: Abbà! Padre!” (Rom. 8.15; cfr. Gal.4,5.6).
E’
lo Spirito di Gesù, effuso nei nostri cuori, che ci rende figli di Dio, ci
santifica, attiva la nostra speranza nella venuta del regno di Dio ora e poi
alla fine dei tempi, ci dona la mente, la volontà di Cristo per realizzarla nel
nostro comportamento, ci offre il pane
eucaristico e il pane quotidiano del nostro lavoro, ci aiuta a vincere il male
con il bene, ci rende capaci di perdono e di amore vicendevole e dà la forza di
resistere alle tentazioni con la preghiera e di respingere Satana, vivendo con
gioia la nostra filiazione divina.
Il
Padre nostro in San Luca
Troviamo
la formula del Padre nostro, con qualche omissione, anche nel vangelo di Luca.
Ma Luca è più vicino alla mentalità di Paolo che a quella di Matteo. La
preghiera rivolta al Padre nasce proprio dallo Spirito di Gesù, dall’esperienza
del Signore che prega: “Signore, insegnaci a pregare!” (Lc 11,1). La risposta
di Gesù è immediata, perentoria, coinvolgente: “Quando pregate, dite” (Lc.
11,2). Il cielo ove abita il Padre è il cuore di ogni credente, ove agisce lo
Spirito “riversato” in noi. La santificazione del nome di Dio e l’avvento del
suo regno avvengono nell’appartenenza alla comunità cristiana, obbediente alla voce
dello Spirito. Chiediamo con insistenza
ogni giorno il pane quotidiano e ci affidiamo pienamente a Dio, domandiamo
perdono dei nostri “peccati”, sappiamo che solo Lui può perdonarci, perché
“anche noi infatti perdoniamo ai nostri debitori” come Gesù sulla croce.
Infine, imploriamo di essere liberati dalla
tentazione: è implicito che dietro ogni tentazione c’è un tentatore, il
maligno, che si infiltra nelle strutture umane. Solo il sostegno del Padre,
ottenuto con la preghiera, ci aiuta ad uscire indenni e a neutralizzare il
male. Possiamo pertanto considerare la formula della preghiera in Luca, non
tanto come una riduzione del Padre nostro, ma come un approfondimento secondo
la linea di San Paolo, di cui Luca fu collaboratore.
Il
Padre nostro in Giovanni
Una
formula del Padre nostro non appare direttamente negli scritti dell’apostolo
Giovanni. Vi è invece la grande preghiera di Gesù al Padre nel capitolo 17 del
suo Vangelo. È di una vertiginosa profondità. Gesù è l’unigenito pieno di
grazia e di verità, che viene dal Padre, che vive in contatto con Lui ora per
ora, momento per momento, che opera in unione con Lui, che glorifica il suo
nome, in particolare quando è innalzato sulla croce per attirare tutti a
sè. Gesù è “una cosa sola” col Padre,
dona ai discepoli la vita eterna, vuole che essi “siano una sola cosa come noi”
(Gv 17,11), prega che siano tenuti lontani “dal Maligno (Gv. 17,15), che
contemplino “la mia gloria, quella che Tu mi hai dato”.
E’ grazie alla fede e all’accoglienza di Gesù
che siamo diventati figli di Dio (Gv. 1,12); Egli ci pone profondamente in
rapporto con il Padre: “E’ Cristo che viene donato continuamente alla comunità
dalla mediazione dello Spirito. E così il Padre santifica e glorifica il suo
nome, coinvolge in una situazione di regno che si realizza giorno per giorno,
stabilisce una reciprocità di amore che porta a desiderare appassionatamente la
realizzazione della sua volontà. Dando Cristo come nutrimento, il Padre dona
quanto c’è di meglio per l’uomo, per la sua vita presente e futura, spingendolo
ad amare col suo stesso tipo di amore e difendendolo da qualunque insidia.
Muovendosi nell’orbita di Cristo, il cristiano diventerà pienamente figlio del
Padre” (pp. 100-101).
Conclusioni
Il
Padre nostro è un condensato di vita. Continua a viaggiare nella storia della
Chiesa sempre con nuove risonanze. Ogni generazione di credenti lo ha riletto,
approfondito e interpretato e così sarà fino alla fine dei secoli. Per esemplificare mi permetto di citare la
rilettura poetica di Dante, che troviamo nel Purgatorio, regno della preghiera.
«O Padre nostro, che ne’ cieli stai, non circunscritto,
ma
per più amore ch’ai primi effetti di là
sù tu hai,
laudato
sia ‘l tuo nome e ‘l tuo valore da ogni
creatura,
com’è
degno di render grazie al tuo dolce
vapore.
Vegna
ver’ noi la pace del tuo regno,
ché
noi ad essa non potem da noi, s’ella non
vien, con tutto nostro ingegno. Come del suo voler li
angeli tuoi fan sacrificio a te,
cantando osanna,
così
facciano li uomini de’ suoi.
Dà oggi a noi la cotidiana manna,
sanza la qual per questo aspro diserto a retro va chi più di gir s’affanna.
E come noi lo mal ch’avem sofferto perdoniamo a ciascuno,
e tu perdona
benigno, e non guardar lo nostro merto.
Nostra virtù che di
legger s’adona, non spermentar con
l’antico avversaro,
ma libera da lui che sì la sprona.
(Purg. XI, vv 1-21)
Parafrasando: Dio Padre è nei cieli, non
limitato da essi, Lui che tutto circoscrive; si dice così per il maggiore amore
che Egli ha per le prime cose da Lui create: gli angeli ed i cieli stessi. C’è
poi per la santificazione del nome di Dio una sottolineatura trinitaria e una
indiretta citazione del cantico delle creature di Francesco: “laudato sia” il
tuo nome (Il Figlio), il tuo valore (il Padre), il tuo dolce vapore (lo
Spirito).
Il regno di Dio è un regno di pace: ad essa
l’umanità non può giungere da sola, ma soltanto con l’aiuto di Dio, richiesto
nella preghiera. Gli angeli sono perfetti e gioiosi esecutori della volontà di
Dio, altrettanto sappiano fare gli uomini con la loro volontà nei confronti del
Padre. Nell’aspro deserto della vita
chiediamo il pane (la manna) quotidiano, materiale e spirituale: senza di esso
tutte le nostre fatiche non portano a nulla, anzi ci fanno solo retrocedere.
Come noi perdoniamo a tutti le sofferenze che ci hanno causato direttamente o
indirettamente, così chiediamo a Dio di perdonarci per il suo amore, non certo
per i nostri meriti.
Infine,
domandiamo al Padre di non mettere alla prova la nostra virtù, che si abbatte
(s’adona) facilmente, e di non lasciarci in balia del demonio, l’antico
avversario, che ci sprona al male.
Il
Padre nostro, parafrasato da Dante, è rivolto al Padre da anime in stato di
purificazione, ma è anche una preghiera fatta da loro per chi è rimasto sulla
terra, una preghiera che unisce spiritualmente i vivi, ossia la Chiesa
militante, con i defunti, con le anime oltre il confine della vita terrena,
tutti in cammino verso il paradiso, nostra definitiva casa nell’unione perfetta
con il Padre che è nei cieli.
Nessun commento:
Posta un commento