I
ragazzini sono ottimisti, inclusivi, curiosi e «green». Nella pandemia hanno
saputo sfruttare le tecnologie mantenendo vivi i legami familiari.
La
seconda ondata di COVID 19 sembra finalmente in recesso, ma gli effetti
psicosociali della pandemia restano ancora tutti da valutare. Se la generazione
degli anziani è stata quella colpita in modo più drammatico, e la più
vulnerabile agli effetti potenzialmente letali del virus e se gli adulti hanno
cercato di re-inventarsi, soprattutto in ambito lavorativo, sui giovani e
soprattutto sui bambini l’impatto è ancora tutto da verificare. L e
piattaforme digitali hanno svolto un ruolo di primo piano durante tutta la fase
pandemica: per la scuola, il lavoro, l’informazione e il tempo libero. Si è
trattato solo di una overdose, di una intossicazione da cui depurarci? O sono
emerse pratiche che possono gettare nuova luce sul nostro rapporto con un mondo
sempre più digitalizzato? E il legame tra le generazioni, che in tanti casi si
è rinsaldato per far fronte all’emergenza, può ricevere nuovo impulso
dall’esperienza maturata in questo anno e mezzo, anche grazie alla nuova
consapevolezza sulle potenzialità tutt’altro che “virtuali” del digitale? Se,
come sosteneva Bernard Stiegler, è l’educazione che fa le generazioni (che non
sono pura successione cronologica tra ascendenti e discendenti, ma trasmissione
di sapere, esperienze e conoscenza) possiamo forse intravvedere una nuova
alleanza possibile, sulla base di una reciprocità dove anche i piccoli hanno
qualcosa da insegnare agli adulti. Ottimisti, inclusivi, curiosi e green: sono
queste le caratteristiche dei giovani appartenenti alla generazione Alpha
(nati dal 2010 in poi) emerse da “Gen Alpha Docet”, l’approfondimento dedicato
alle ripercussioni della pandemia tra i più piccoli che si inserisce
all’interno di Opinion Leader 4 Future, programma di ricerca triennale
dell’Alta Scuola in Media, Comunicazione e Spettacolo (Almed) dell’Università
Cattolica, in collaborazione con le Media Relation di Credem Banca. La
rilevazione è stata effettuata da Tips Ricerche su un campione di 600 bambini
tra i 5 e gli 11 anni su tutto il territorio nazionale, attraverso gruppi di
discussione e interviste.
Come
si informano gli Alpha?
Dalla
ricerca è emerso che dal punto di vista mediale i bambini
manifestano grande duttilità e capacità di servirsi di
diverse piattaforme e diversi linguaggi (tra i device più
utilizzati emergono smart tv, citata dal 51%, smartphone 35% e tablet 29%). A
livello di temi gli Alpha sono attratti dalla natura, dalla scienza e dal
futuro (impegno e responsabilità verso l’ambiente sono rilevanti per il 71%
della fascia più grande del target). Cercano attivamente informazioni sui loro
interessi e sui loro personaggi preferiti, ricorrendo ai motori di ricerca e
soprattutto a YouTube (irrinunciabile per il 45% degli 8-10) e interagendo su
piattaforme social quali TikTok (cresciuto dal 2019 dal 13% al 35%) e Twitch
(+7%).
L’effetto
della pandemia sulle abitudini informative degli Alpha
La
pandemia ha stravolto le routine degli Alfa. Hanno conosciuto il dubbio e
l’incertezza. Hanno visto i loro genitori sotto pressione. Hanno avuto paura
per la salute dei loro nonni (a tal punto che in molti hanno ribattezzato il
Covid “l’influenza dei nonni”). I loro rapporti sociali sono diminuiti:
hanno incontrato poco gli amici, sono andati a scuola a intermittenza e hanno
dovuto abbandonare le attività sportive ed extra-domestiche. Molti però sono
stati anche gli aspetti di positività, tra cui la possibilità di passare
maggiore tempo con i propri familiari, spesso riscoprendoli: «Mio papà fa
ridere, è simpatico anche quando è in riunione di lavoro, io lo sentivo
sempre», afferma Roberta di 9 anni. Si sono gradualmente abituati a una
quotidianità più tranquilla, scandita da ritmi lenti e libera da
programmazione. Hanno appreso nuove abilità legate alla vita domestica (per
esempio la cucina e il giardinaggio). Se durante il primo lockdown sembrano
aver prevalso resilienza e ottimismo, soprattutto nel periodo estivo, la
seconda ondata ha procurato un senso di déjà-vu e di
stanchezza, ma ha anche aperto le condizioni di una nuova speranza. È vero che
alla stanchezza per il protrarsi dell’emergenza si è aggiunta una sorta di
saturazione dell’informazione, percepita a tratti come ansiogena e
contraddittoria. Nel complesso, però, l’informazione li ha aiutati a capire la
situazione, ad attrezzarsi, ma anche a sentirsi parte di una comunità pronta ad
affrontare il problema.
P er
capire cosa stava accadendo, hanno scelto come primo «filtro» la famiglia,
sviluppando al contempo un precoce senso critico e un atteggiamento «attivo»
rispetto alla tv e ai social media. Hanno avuto così la possibilità di
avvicinarsi a tematiche per loro nuove, come la politica, di cui hanno iniziato
a interiorizzare i volti e le logiche. Racconta Margherita di 8 anni: «C’era
Conte a capo, poi hanno litigato e ri-votato… io ho visto in tv quando
ri-votavano». Hanno mostrato inoltre un forte desiderio di partecipazione,
sfociato in un interesse sempre più costante per le tematiche ambientali,
ma anche nell’attivazione a favore della riapertura delle scuole. Sono scesi in
campo. Come Anita, la dodicenne di Torino, capofila del movimento “ School
for future”.
Alpha
docet
Molti
sono gli insegnamenti che le generazioni più adulte possono apprendere dai
più piccoli in materia di media: non cedere alla noia, alla ripetizione e
all’abitudine; rimanere curiosi e aperti, scoprendo continuamente nuove
possibilità; coltivare un atteggiamento disinvolto, ma anche proattivo nei
confronti delle novità tecnologiche (per il 36% essere tecnologicamente
attrezzati e competenti è una priorità) e preferire contenuti capaci di
raccontare in maniera originale e fedele la complessità della
quotidianità, al di là di luoghi comuni e stereotipi.
Ma
anche confrontarsi in famiglia su quello che i media propongono e godere della
piacevolezza dei consumi mediali condivisi, costruendo insieme quella che Roger
Silverstone chiamava una “economia morale” capace di filtrare in modo critico e
costruttivo le tante voci che affollano lo scenario mediale in modo troppo
spesso cacofonico. Lo spiega bene Vittorio di 10 anni: «Era da un po’ che non
vedevamo la tv insieme, perché la sera i miei genitori hanno tante cose da
fare, quando stavamo a casa invece l’abbiamo fatto tante volte… era bello stare
tutti vicini sul divano e dirsi delle cose!» C i si domanda,
giustamente, se la società digitale non allenterà sempre più i legami fra le
generazioni. Un esito tutt’altro che remoto, se ci si limita ad “adattarsi” a
un contesto sempre più plasmato da logiche tecnocratiche e di mercato. Ma questo
non impedisce di agire diversamente, e di “adottare” le potenzialità offerte
dallo sviluppo tecnologico, con tutte le ambivalenze che lo caratterizzano,
dentro contesti relazionali affettivamente caldi e intertemporalmente densi.
Piegandolo, quindi, a fini relazionali piuttosto che lasciar colonizzare le
relazioni da logiche che le strumentalizzano e le frammentano. Nell’era
digitale, una nuova alleanza tra le generazioni, sempre più
necessaria, può passare anche da qui.
*Università
Cattolica Milano
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