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venerdì 5 novembre 2021

PEDAGOGIA DELLA SPERANZA

                Paulo Freire: 

la rivoluzione dell’educazione

 -         di Italo Fiorin

 Probabilmente nessuno, più di Paulo Freire, ha saputo mettere in evidenza lo stretto rapporto che lega l’educazione alla politica. Il tema principale della riflessione e dell’impegno del pedagogista brasiliano del quale stiamo celebrando il centenario della nascita è, infatti, quello della liberazione, come appare fin dal titolo dei due suoi fondamentali lavori, “Pedagogia degli oppressi”, pubblicato la prima volta nel 1968, e “Pedagogia della speranza“, ultimo suo lavoro, pubblicato nel 1992, grazie alla dedizione intelligente della moglie “Nita” (Ana Maria Araujo Freire).

 La liberazione, che consiste nel dare anche agli ultimi, ai dimenticati, agli oppressi, la coscienza della dignità del loro essere persone umane, e gli strumenti per sottrarsi alla fatalità di un condizionamento sociale, economico, culturale senza scampo, tutto questo può avvenire grazie all’educazione. “Io penso che il tema fondamentale della nostra epoca sia quello della dominazione, che suppone a sua volta il suo contrario, quello della liberazione come obiettivo da raggiungere”.

 I fondamenti antropologici della visione educativa di P. Freire possono sintetizzarsi in tre essenziali convinzioni: l’uomo è chiamato ad essere soggetto, e non oggetto; la condizione umana non è definita dai condizionamenti naturali, sociali, economici nella quale una persona nasce, ma è quella che si realizza attraverso lo sforzo creatore del lavoro, dell’impegno per trasformare e rinnovare i rapporti con gli altri uomini, per cui la cultura è il risultato di questa azione creativa; la storia non è già scritta, con i ruoli assegnati, ma è frutto della ricerca dell’uomo di essere sempre più uomo, di umanizzarsi.

 Da qui il compito educativo si esprime, prima di tutto, come impegno a far prendere coscienza del proprio essere nel mondo come soggetto pensante, creativo, critico, capace di partecipare al processo decisionale. Prendere consapevolezza che il mondo non è ‘dato’ (quindi immodificabile), ma ‘prodotto’ (quindi il risultato delle nostre azioni, e per ciò aperto al continuo perfezionamento), porta a passare da quella che Freire chiama coscienza intransitiva, dominata dall’idea che niente può cambiare, alla coscienza transitiva, consapevole che si può sottrarsi al fatalismo di una sorte di oppressi, senza speranza, grazie agli strumenti di liberazione che l’educazione può fornire, a cominciare dal possesso della parola e del giudizio critico.

 Analogamente alla contrapposizione tra coscienza intransitiva e coscienza transitiva, Freire contrappone due orientamenti educativi, quello depositario e quello liberatorio. L’educazione depositaria è quella che lascia l’uomo nella sua condizione di oppresso, e avviene attraverso dispositivi pedagogici che vedono l’educatore trasmettere il sapere in senso unidirezionale, mirando a che le nozioni vengano assimilate meccanicamente e riprodotte in maniera ripetitiva. Non si pongono problemi da analizzare, ma nozioni da archiviare, in un deposito che cresce passivamente. Tale educazione non mira alla formazione di una mente critica, non favorisce la riflessività, non chiede autonomia di pensiero e ricerca di soluzioni, tutto ‘spiega’, senza problematizzare nulla. In questo contesto non vi è spazio per la collaborazione, per la corresponsabilità e per la solidarietà di chi apprende, che rimane un ricevente isolato della trasmissione unidirezionale dell’educatore.

 Una simile impostazione è funzionale ai sistemi educativi che mirano alla conservazione dell’esistente, e non hanno interesse al cambiamento dello status quo. Ma l’educazione, se è autentica, è sempre generatrice di novità. Questa caratteristica appare evidente nell’orientamento liberatorio, nel quale la relazione tra insegnante e alunno è di tipo dialogico, tra soggetto e soggetto.

 L’insegnamento si realizza ponendo grande attenzione al vissuto degli allievi, al loro mondo di significati, alla loro cultura. È questo il segreto del successo del metodo di alfabetizzazione degli adulti poveri e marginali inventato da Freire, che parte dal riconoscimento della loro situazione di vita, dalla loro cultura, per portarli attraverso un processo dialogico a prendere coscienza della loro situazione e della loro potenzialità, dando loro, non solo alfabeticamente, le parole per capire e trasformare la realtà. Mentre si realizza molto rapidamente il processo di acquisizione della capacità alfabetica, altrettanto rapidamente avviene la presa di coscienza politica dei soggetti coinvolti. Da qui può iniziare il cammino emancipatorio.

 

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