- di MARCO IMPAGLIAZZO -
Il Papa, nel suo Messaggio, spiega che lo stesso
discorso vale, a maggior ragione, per la guerra: se siamo un’unica umanità
quando si combatte in un luogo è come se ne fossero coinvolti tutti, ovunque.
C’è infatti un’intima solidarietà nella sofferenza come nella speranza. Se
qualcuno soffre per la pandemia o per la guerra vuol dire che presto o tardi
tutti ne soffriranno. Di conseguenza tutti ne devono essere consapevoli e
coinvolti nel dare una risposta comune per superare insieme ogni crisi
sanitaria o conflittuale.
Il 2022 è stato segnato dalla guerra in Ucraina,
mentre troppi conflitti ereditati dal passato restano aperti. Ma proprio nel
buio della notte che viviamo è risuonata più forte la voce della ragionevolezza
e della sapienza racchiusa nelle parole di Francesco: «Abbiamo tutti bisogno
gli uni degli altri».
Dare voce all’impegno per realizzare
la fratellanza umana è sempre più necessario.
Infatti, l’urgenza che una voce di pace sia sempre presente
per essere ascoltata, la osserviamo anche nella vita quotidiana: se in una
città si fa la guerra contro qualcuno, ad esempio contro una minoranza o per
motivi religiosi o etnici, contro un ceto o una classe o contro i poveri, ecco
che questa città si spacca, si divide e si prepara allo scontro di tutti contro
tutti. Dentro tale città va fatta risuonare la voce della pace perché qualcuno
la ascolti, ridia speranza e cambi il corso delle cose. Così riceviamo le
parole di papa Francesco, come un appello alla responsabilità di ognuno a
tenere – si legge nel messaggio – «i piedi e il cuore ben piantati sulla terra,
capaci di uno sguardo attento sulla realtà e sulle vicende della storia». Un
invito a essere vigilanti per non restare spiazzati da eventi che sembrano
troppo grandi, come appunto la pandemia o la guerra, e cercare sempre la
risposta del “noi” e non quella dei tanti “io” in lotta fra loro.
Lasciarsi andare alla
contrapposizione e alla paura
può accadere ovunque, anche nei paesi del mondo che possono apparire tra i più
aperti e rispettosi dei diritti. Ma l’odio che viene seminato prima o poi si
paga e a pagarlo sono soprattutto i più poveri. Per preparare un futuro di pace
occorre fare udire con forza la voce della pace. È la ragione per la quale
celebrare la Giornata del primo gennaio non è un rituale, ma un’occasione
preziosa per ricordare a tutti che vale la pena parlare di pace e di
fratellanza umana.
G ià solo parlarne e scriverne ci libera da un clima
inquinato dai veleni della guerra, dall’idea che la pace non sia possibile,
come anche il vivere insieme, specialmente nel tempo della globalizzazione.
La pace è necessaria per il nostro
benessere, che però è connesso a
quello di tutti. Troppe armi terribili e di distruzione di massa sono prodotte
con il rischio che vengano utilizzate, magari per errore, come nel caso delle
armi nucleari. Non possiamo accettare che tale destino oscuro incomba su di
noi. Ci serve per questo un impegno rinnovato e mai rassegnato a trovare strade
di pace, anche perché – come osserva Francesco – «mentre per il Covid-19 si è
trovato un vaccino, per la guerra non si sono ancora trovate soluzioni adeguate».
La pace deve essere possibile sempre: è lo spirito con cui il Messaggio ci aiuta a
entrare nell’anno nuovo senza mai rinunciare alla speranza che un giorno la
guerra sia abolita. Le generazioni passate riuscirono ad abolire la schiavitù:
l’onore della nostra generazione potrebbe essere quello di un passo decisivo
che abolisca la guerra. Non è un’utopia ma un sogno da realizzare. Nel 2022
abbiamo visto troppa morte per non amare di più la vita in ogni sua fase e
stagione. Ripartiamo nel 2023 rimettendo al centro la parola “insieme”, quella
che rende tutti più forti.
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