Nella prefazione al volume dedicato a Evangelii gaudium in chiave
salesiana, il Papa ricorda la «misura alta della vita cristiana» che il
santo fondatore mise in pratica entrando nella periferia sociale ed
esistenziale della Torino dell’800
di PAPA FRANCESCO
Voi salesiani siete fortunati perché il vostro fondatore, Don Bosco,
non era un santo dalla faccia da “venerdì santo”, triste, musone...
Ma piuttosto da “domenica di Pasqua”. Era sempre gioioso, accogliente,
nonostante le mille fatiche e le difficoltà che lo assediavano
quotidianamente. Come scrivono nelle Memorie biografiche, «il suo volto raggiante di gioia manifestava, come sempre, la propria contentezza nel trovarsi tra i suoi figli» ( Memorie biografiche di Don Giovanni Bosco,
volume XII, 41).
Non a caso per lui la santità consisteva nello stare “molto allegri”.
Possiamo definirlo quindi un “portatore sano” di quella “gioia del
Vangelo” che ha proposto al suo primo grande allievo, San Domenico
Savio, e a voi tutti salesiani, come stile autentico e sempre attuale
della «misura alta della vita cristiana» (Giovanni Paolo II, Novo Millennio Ineunte,
31). Il suo è stato un messaggio rivoluzionario in un tempo in cui i
preti vivevano con distacco la vita del popolo. La «misura alta della
vita cristiana» Don Bosco la mette in pratica entrando nella
“periferia sociale ed esistenziale” che cresceva nella Torino dell’800,
capitale d’Italia e città industriale, che attirava centinaia di
ragazzi in cerca di lavoro. Infatti, il “prete dei giovani poveri e
abbandonati”, seguendo il consiglio lungimirante del suo maestro san
Giuseppe Cafasso, scendeva per le strade, entrava nei cantieri, nelle
fabbriche e nelle carceri, e lì trovava ragazzi soli, abbandonati, in
balia dei padroni del lavoro, privi di ogni scrupolo. Portava la gioia e
la cura del vero educatore a tutti i ragazzi che strappava dalle
strade, i quali ritrovavano a Valdocco un’oasi di serenità e il luogo
in cui apprendevano ad essere «buoni cristiani e onesti cittadini».
È lo stesso clima di gioia e di famiglia che ho avuto la fortuna di
vivere e gustare anche io da ragazzo frequentando la sesta elementare
al Colegio Wilfrid Barón de los Santos
Ángeles, a Ramos Mejía. I salesiani mi hanno formato alla bellezza, al
lavoro e a stare molto allegro e questo è un carisma vostro. Mi hanno
aiutato a crescere senza paura, senza ossessioni. Mi hanno aiutato ad
andare avanti nella gioia e nella preghiera. Come ebbi occasione di
ricordarvi nella visita alla Basilica di Maria Ausiliatrice, il 21
giugno 2015, torno a raccomandarvi i tre
amori bianchi di Don Bosco: la Madonna, l’Eucaristia e il Papa. Oggi
si parla poco della Madonna con lo stesso amore con cui ne parlava il
vostro Santo. Si affidava a Dio pregando la Madonna e quella fiducia in
Maria gli dava il coraggio di affrontare sfide e pericoli della vita e
della sua missione. L’Eucaristia, come secondo amore di
Don Bosco, deve ricordarvi di avviare i ragazzi alla pratica della
liturgia, vissuta bene, per aiutarli ad entrare nel mistero eucaristico
e non dimenticate anche l’Adorazione. Infine, l’amore al Papa: non è
solo amore per la sua persona, ma per Pietro come capo della chiesa e
come rappresentante di Cristo e sposo della Chiesa. Dietro quell’amore
bianco per il Papa, c’è l’amore per la Chiesa.
L’interrogativo che dovete porvi è: «Che salesiano di Don Bosco bisogna
essere per i giovani di oggi?». Io direi: un uomo concreto, come il
vostro fondatore, che da giovane prete ha preferito alla carriera di
precettore nelle famiglie dei nobili il servizio tra i ragazzi poveri e
abbandonati. Un salesiano che sa guardarsi attorno, vede le situazioni
critiche e i problemi, li affronta, li analizza e prende decisioni
coraggiose. È chiamato ad andare incontro a tutte le periferie del
mondo e della storia, le periferie del lavoro e della famiglia, della
cultura e dell’economia, che hanno bisogno di essere guarite. E se
accoglie, con lo spirito del Risorto, le periferie abitate dai ragazzi
e dalle loro famiglie, allora il regno di Dio inizia ad essere presente
e un’altra storia diventa possibile.
Il salesiano è un educatore che abbraccia le fragilità dei ragazzi che
vivono nell’emarginazione e senza futuro, si china sulle loro ferite e
le cura come un buon samaritano. Il salesiano è anche ottimista per
natura, sa guardare i ragazzi con realismo positivo. Come insegna
ancora oggi Don Bosco, il salesiano riconosce in ognuno di loro, anche
il più ribelle e fuori controllo, «quel punto di accesso al bene» su
cui lavorare con pazienza e fiducia. Il salesiano è, infine, portatore
della gioia, quella che nasce dalla notizia che Gesù Cristo è risorto ed
è inclusiva di ogni condizione umana. Dio infatti non esclude nessuno.
Per amarci non ci chiede di essere bravi. E né ci chiede il permesso di
amarci. Ci ama e ci perdona. E se ci lasciamo sorprendere con quella
semplicità di chi non ha nulla da perdere, sentiremo il nostro cuore
inondato di gioia.
Quando queste caratteristiche vengono a mancare, ecco quei musi lunghi,
facce tristi. No! Ai ragazzi si deve portare questa notizia bella, una
notizia vera contro tutte le notizie che passano ogni giorno sui
giornali e la rete. Cristo è veramente risorto, e a dimostrarlo sono
stati Don Bosco e Madre Mazzarello, tutti i santi e i beati della
Famiglia Salesiana, come anche tutti i membri che ogni giorno
trasfigurano la vita di chi li incontra perché si sono lasciati loro
per primi raggiungere dalla misericordia di Dio. Il salesiano diventa
così testimone del Vangelo, la Buona Notizia che nella sua semplicità
deve confrontarsi con la cultura complessa di ogni Paese. Mettere
insieme semplicità e complessità, per un figlio di Don Bosco, è una
missione quotidiana. L’ampio commento che segue, rilegge l’Esortazione
apostolica Evangelii gaudium
in chiave salesiana. È affidato a grandi esperti delle diverse
discipline che, con fine sensibilità e sotto la lente di Don Bosco,
mettono in risalto il pensiero del Papa in collegamento con le diverse
situazioni attuali, per educare e orientare al bene dei ragazzi e dei
giovani.
Sono convinto
che la lettura di queste pagine potrà fare del bene a tutti i figli e
alle figlie di Don Bosco sparsi nel mondo, e a quanti condividono il
carisma educativo salesiano. Troveranno nelle pagine di questo testo
molti spunti di interpretazione della realtà e di rinnovamento della
prassi educativa al servizio dei ragazzi e dei giovani del nostro tempo.
Papa Francesco
Prefazione del Santo Padre al volume "Evangelii gaudium con don Bosco", curato da Antonio Carriero
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