lunedì 5 gennaio 2015

STRANIERO E MULTICULTURALITA'

Straniero e multiculturalità:
 il dato della Rivelazione

                                                  di Vito MIGNOZZI - Facoltà Teologica Pugliese 

1. Il “caso serio” dello straniero nel tempo della globalizzazione
Il momento storico che viviamo, con i fatti della cronaca e gli scenari nuovi che si vanno delineando anche nel mondo della scuola e delle comunità cristiane, ci porta a pensare che il secolo da poco iniziato sarà il secolo dello straniero per eccellenza. Se, infatti, nelle culture del passato, lo straniero aveva il tratto dell’evento eccezionale e soprattutto traumatico, nel villaggio globale che la tecnica e l’economia vanno instaurando e che noi abitiamo, quella figura diviene sempre più familiare. I tratti che lo identificano, tra l’altro, si presentano ben diversificati perché tra noi non ci sono solo stranieri per turismo, ma soprattutto ci sono gli stranieri per disperazione o, quantomeno, per necessità.
Accanto a loro, in una sorta di somiglianza rispetto alla condizione esistenziale dei primi, c’è pure colui che oggi vive questo tempo in una condizione di estraneità nei confronti di se stesso, abitato da un sentimento di spaesamento dell’io nei confronti del suo sé. Quest’ultimo tratto «è la trascrizione psicologica della disidentificazione dell’io con la cultura o con le culture di appartenenza e l’affermazione su di esse della sua alterità e trascendenza»1. Si tratta di quel fenomeno che la postmodernità ci ha recato, espresso nella negazione della ragione universale e nell’esplosione delle ragioni individuali che, mentre potenziano il narcisismo dell’io, creano al contempo sentimenti di grande estraneità. In quel prezioso libretto dal titolo La società dell’incertezza, Bauman pone insieme, quasi specularmente, la condizione degli stranieri oggi con la condizione dell’estraneità dell’uomo. Egli afferma: «Ora gli stranieri sono mal definiti e proteiformi; proprio come l’identità personale che ha fondamenta fragili, instabili, volubili. L’ipséité, quella differenza che separa il sé dal non-io, il “noi” da “loro”, non è più fornita dalla struttura precostituita del mondo, né da un ordine impartito dall’alto. Deve essere costruita e ricostruita, e costruita ancora e ricostruita di nuovo, in entrambe le dimensioni nel medesimo tempo, poiché nessuna può vantare una durata o una “stabilità definita” maggiore dell’altra. Gli stranieri di oggi sono i “prodotti”, ma anche “i mezzi di produzione”, dell’incessante e mai definitivo processo di costruzione dell’identità»2.
Di fronte ad un panorama che si va delineando con questi tratti e queste tinte, si fa urgente un nuovo pensiero che accolga la sfida e la novità avanzate dalla figura dello straniero ......

Nessun commento:

Posta un commento