QUEI FIGLI SMARRITI NEL PASSAGGIO
TRA INFANZIA ED ETA’ ADULTA
Ripeto da tempo che, tra i 10 e i 15 anni, esplode un’adolescenza troppo
precoce che noi adulti, disorientati, no sappiamo guidare alla scoperta
dell’interiorità
Vorrei che alcuni delitti terribili, come quello di Monza dove due adolescenti
sono accusati di aver accoltellato a morte un quarantaduenne che procurava loro
stupefacenti, venissero interpretati e intravisti attraverso riflessioni
dolorose, strazianti, ma che non andassero oltre. Tutti, sui due ragazzi, hanno
già parlato, come sempre si fa, di droga, di spaccio, di famiglie strane, di
soldi e subito dopo di galera, di coltelli e di assassini.
Lascio alla
giustizia e a chi conosce meglio il caso la sentenza e la pena. Invece,
permettete a me, di sussurrare poche idee che vivo sulla mia pelle e
soprattutto sento dentro al mio cuore. Da tempo vado scrivendo che l’età tra i
dieci e i quindici anni è diventata la più incompresa e la meno saggiamente
accompagnata da adulti preparati. Le prime vittime di questo sviluppo fisico
velocissimo e troppo anticipato sono proprio i quattordicenni, lasciati soli da
genitori disorientati da insegnanti poco motivati e da strutture inadatte e mal
gestite, oratori compresi.
A quest’età è l’esplosione del corpo che ha il sopravvento su tutte le azioni e
sui disordinati pensieri che noi adulti chiamiamo interiorità, ma che dentro
loro stanno facendo i primi pasi.
Per cui, la
violenza non ha freni, il sesso nemmeno e la condotta non ha formulato un
minimo di regole dentro e fuori casa. Noi abbiamo sottovalutato e a
tutt’oggi sottovalutiamo questo ponticello strategico che la vita ha posto tra
l‘infanzia e la prima giovinezza. Ci siamo accontentati di titolarlo
adolescenza e ci siamo fermati lì. La radicale trasformazione, che io chiamo
seconda nascita, dobbiamo avere il coraggio di fermarci per ascoltarla,
capirla, per poi trovare parole, modi e gesti per orientare i nostri “nuovi”
figli, ancora in balia degli istinti.
Tutto questo
lo ribadisco per due motivi: il primo, perché la scuola media inferiore,
essendo l’età nella quale i nostri ragazzi stanno attraversando il ponticello,
deve ripensare l’itinerario scolastico con modalità completamente diverse.
Il
secondo, perché il territorio, (e qui penso soprattutto alle periferie)
aiuti genitori, centri sportivi, ambienti giovanili e collochi tra le sue
priorità il coordinamento e la promozione di animatori e di educatori di
strada, capaci di far attraversare quel ponticello strategico tanto importante
come altrettanto fragile e che da qualche tempo è diventato più cimitero
che ponte, a causa di cattivi maestri.
Non possiamo
subire questi drammi e chiuderli dentro alle pagine di giornali o alle carceri
minorili. Trasformare le primavere dei nostri figli in un campo di crisantemi è
un fallimento per tutti.
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