Pagine

domenica 17 maggio 2020

LA GRAZIA DELL'UMORISMO


Francesco: 
a un cristiano 
senza umorismo manca qualcosa

Nel libro “Dio è Gioia”, scritto da Chiara Amirante, l’autrice chiede al Papa quale sia il suo “segreto” per uno stato d’animo gioioso nonostante le enormi responsabilità. Francesco risponde: la gioia che mi sostiene è un dono di Dio, una luce tranquilla che è unita alla pace

Alessandro De Carolis – Città del Vaticano

“Dammi, Signore, una buona digestione, e anche qualcosa da digerire. Dammi la salute del corpo, con il buonumore necessario per mantenerla”. È un incipit spesso citato di una preghiera altrettanto nota. 
I versi di Tommaso Moro sono molto cari a Francesco, che in un dialogo con Chiara Amirante dice con franchezza: “Il senso dell’umorismo è l’atteggiamento più umano più vicino alla grazia di Dio”.

Una preghiera da 40 anni
Il Papa si confida con la fondatrice di “Nuovi Orizzonti” in un colloquio successivo alla visita da lui compiuta lo scorso 24 settembre nella “Cittadella Cielo”, centro principale della Comunità, che nel 2019 festeggia i 25 anni di vita. Durante quel colloquio Chiara Amirante chiede a Francesco di poter conoscere cosa sia per lui la gioia, argomento centrale del libro che la stessa Chiara sta scrivendo per fissare su carta la visita del Papa alla Cittadella e che si intitola per l’appunto “Dio è Gioia”, pubblicato da Libreria Editrice Vaticana e Piemme. Il Papa confessa di non aver nessun particolare segreto. “Da quarant’anni – dice – recito la preghiera di San Tommaso Moro per avere il senso dell’umorismo”, il quale va di pari passo, sostiene, “alla gioia cristiana”.
Un dono fin dall’inizio
Del resto, ricorda Francesco, sono temi che ha già trattato nel quarto capitolo della Gaudete et exsultate. Per lui provare la gioia non è disgiunto dal sentirsi nella pace, entrambi doni di Dio, afferma, rivelando che questo stato d’animo è in lui fin dal conclave, quando constatando ciò che stava per accadere ha sentito scendere dentro di sé un sentimento di pace. “La gioia – osserva ancora il Papa – non è un sentimento chiassoso, non vuol dire fare rumore, anche se a volte si esprime così” e ribadisce che “senso dell’umorismo, pace e gioia vanno insieme, ma il segreto non lo so… è una grazia, io non la merito ma il Signore mi aiuta”.
Una riserva di ossigeno
Chiara Amirante domanda allora un suggerimento per vivere in questa condizione e Francesco risponde che si favorisce imparando “lo spogliamento di sé”. “Io da me non me le darei – riconosce – io lo vivo come un dono. Il diavolo, nel mio caso, cerca sempre di rovinare questo stato d’animo, ma non riesce perché è una cosa così tanto gratuita che il Signore la custodisce Lui stesso”. Ciò che conta, prosegue, è fare come indica San Paolo, camminare “secondo lo Spirito” perché “amore, gioia, pace” sono “frutto dello Spirito”. Mi aiuta, dice Francesco, ripetere “Dio è più grande”, e “sapendo che lo Spirito è più potente, è come camminare con una riserva di ossigeno quando ti manca l’ossigeno. La gioia – ripete – è un dono, come la pace è un dono”.
Non ce la faccio, fallo tu”
L’ago della bussola per capire interiormente se il cammino è quello giusto, sono le “inquietudini”, il riflettere nell’esame di coscienza giornaliero “a cosa è successo nel mio cuore, quale gente è passata per il mio cuore, questo mi aiuta a individuare le inquietudini buone e distinguerle da quelle cattive, non buone”. La gioia è come la luce, c’è la luce mite, tranquilla, che ti fa stare bene, e invece la luce del diavolo, fuoco d’artificio, che è forte e poi sparisce”. Un problema, chiede Chiara Amirante, può essere custodire la gioia quando si è nella sofferenza e ci si sente sopraffatti. E qui Francesco confida la preghiera che rivolge a Dio in queste circostanze: “Non ce la faccio, fallo tu”. E conclude riandando con la memoria a un suo professore che invitava gli studenti a fissarsi per un minuto nello specchio. “Quando qualche volta l’ho fatto – racconta il Papa – mi porta in mezzo minuto a ridere di me stesso… Ridere di se stessi, questo è molto importante! “
“Fammi la grazia di capire gli scherzi”
L’intervista sulla gioia finisce e resta sullo sfondo il profilo di Tommaso Moro, l’eco antica della sua preghiera modernissima: “Dammi un’anima che non conosca la noia, i brontolamenti, i sospiri e i lamenti, e non permettere che mi crucci eccessivamente per quella cosa tanto ingombrante che si chiama “io”. Dammi, Signore, il senso dell’umorismo. Fammi la grazia di capire gli scherzi, perché abbia nella vita un po’ di gioia e possa comunicarla agli altri”.



Nessun commento:

Posta un commento