In quel
tempo, Gesù (...) salì sul monte e là si pose a sedere con i suoi
discepoli. Era vicina la Pasqua, la festa dei Giudei. Allora Gesù,
alzàti gli occhi, vide che una grande folla veniva da lui e disse a
Filippo: «Dove potremo comprare il pane perché costoro abbiano da
mangiare?». (...) Gli disse allora uno dei suoi discepoli, Andrea,
fratello di Simon Pietro: «C'è qui un ragazzo che ha cinque pani d'orzo e
due pesci; ma che cos'è questo per tanta gente?». Rispose Gesù: «Fateli
sedere».
C'era
molta erba in quel luogo. Si misero dunque a sedere ed erano circa
cinquemila uomini. Allora Gesù prese i pani e, dopo aver reso grazie, li
diede a quelli che erano seduti, e lo stesso fece dei pesci, quanto ne
volevano. E quando furono saziati, disse ai suoi discepoli: «Raccogliete
i pezzi avanzati, perché nulla vada perduto». Li raccolsero e
riempirono dodici canestri con i pezzi dei cinque pani d'orzo, avanzati a
coloro che avevano mangiato (....).
(Letture: 2 Re 4,42-44; Salmo 144; Efesini 4,1-6; Giovanni 6,1-6).
Di seguito il commento di Enzo Bianchi.
L’ordo
delle letture bibliche dell’annata liturgica B ha previsto che, giunti
nella lettura cursiva di Marco all’evento della moltiplicazione dei pani
(cf. Mc 6,35-44), si interrompa la lettura del vangelo più antico e la
si sostituisca con la lettura dello stesso episodio narrato nel quarto
vangelo. Per cinque domeniche si legge dunque il capitolo 6 di Giovanni,
un testo che richiede una breve introduzione generale.
In verità
questo capitolo, tutto incentrato sul tema del “pane di vita”, che mai
appare altrove, sembra piuttosto isolato nello svolgimento del racconto
giovanneo. Con buona probabilità, si tratta di un brano aggiunto più
tardi per dare alla chiesa giovannea una catechesi sull’eucaristia,
essendo il racconto della sua istituzione mancante nel quarto vangelo,
sostituito da quello della lavanda dei piedi (cf. Gv 13,1-17).
Questo
capitolo in ogni caso è decisamente importante nel quarto vangelo,
perché proprio attraverso la comprensione eucaristica Pietro e gli altri
discepoli giungono alla confessione dell’identità di Gesù: per i giudei
è il figlio di Giuseppe, semplicemente un uomo della Galilea (cf. Gv
6,42), mentre Gesù dichiara di essere il Figlio di Dio, colui che è e
disceso dal cielo come inviato del Padre (cf. Gv 6,57); la vera identità
di Gesù è proclamata con la confessione di Pietro, che riconosce in lui
“il Santo di Dio” (Gv 6,69).
Dell’evento
della moltiplicazione dei pani i vangeli ci danno ben sei testimonianze
perché Matteo e Marco hanno conservato due tradizioni di quel
“prodigio”, recepito dalla chiesa come profetico del dono del pane
eucaristico dato da Gesù ai suoi discepoli la sera della sua passione.
Il quarto vangelo in modo ancora più esplicito lo narra come “segno”
(semeîon) che annuncia il dono del corpo e del sangue, dell’intera vita
di Gesù.
Gesù si
trova in Galilea, sul lago di Tiberiade, quando decide di attraversare
l’ampia insenatura per raggiungere l’altra riva, sempre sul lato
occidentale del lago, forse per cercare un luogo di riposo e di
preghiera. Ma “una grande folla” lo segue, e subito l’evangelista ce ne
fornisce la ragione: Gesù ha compiuto molti segni sui malati, la sua
azione e la sua predicazione destano stupore e curiosità.
Questa
sembra dunque essere un’ora di successo per lui, che sceglie di salire
sul monte, come aveva fatto Mosè in occasione della celebrazione
dell’alleanza tra Dio e il suo popolo. Viene anche esplicitata
un’informazione temporale: “era vicina la Pasqua, la festa dei Giudei”.
Era dunque un’ora vigiliare (come l’ora dell’istituzione eucaristica), e
infatti il segno che Gesù opererà sarà il segno della Pasqua cristiana
per eccellenza.
Seduto in
alto, Gesù ha davanti a sé la grande folla, che osserva alzando gli
occhi: è una folla in attesa! Ed ecco che liberamente e gratuitamente
prende l’iniziativa di dare un segno, di compiere un gesto che racconti
l’amore di Dio, il quale ama così tanto l’umanità da darle in dono suo
Figlio (cf. Gv 3,16). Chiama a sé un discepolo, Filippo, e gli chiede:
“Da dove potremo comprare il pane per sfamare costoro?”.
In realtà
Gesù sa cosa sta per compiere, perché la sua intenzione è frutto della
sua comunione con i pensieri di Dio, che lui chiama “Padre”. Filippo
invece compie i calcoli per determinare la spesa dell’acquisto del pane
per tanta gente e Andrea fa presente che i cinque pane d’orzo e i due
pesci che un ragazzo ha portato con sé sarebbero assolutamente
insufficienti.
Allora
Gesù, con la sua sovranità, chiede ai discepoli di far adagiare la folla
su quell’erba verde che ricorda i pascoli dove Dio, il Pastore, conduce
le sue pecore (cf. Sal 23,2), affinché abbiano cibo abbondante. Poi
davanti a tutti compie il gesto: “prese i pani e, dopo aver reso grazie
(eucharistésas), li distribuì a quelli che erano adagiati sull’erba, e
lo stesso fece con i pesciolini, secondo il loro bisogno”.
Ecco il segno dato e i gesti che preannunciano quelli dell’istituzione eucaristica nell’ultima cena: Gesù
prende nelle sue mani il pane, rende grazie a Dio (o lo benedice,
secondo Marco e Matteo), lo spezza e lo dà, lo distribuisce ai
discepoli. È lui, il Cristo
Signore, che dà, distribuisce (dédoken) quel pane che sfama cinquemila
persone, quei cinque pani che, condivisi, riescono a saziare tutti.
E proprio
in virtù di questa azione totalmente decisa e fatta da lui stesso, potrà
dire: “Il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo” (Gv
6,51). Così Gesù appare come il Profeta escatologico, ben più di Eliseo
che aveva moltiplicato i pani d’orzo (cf. 2Re 4,42-44), perché non
soccorre solo la fame, il bisogno umano di mangiare per vivere, ma fa il
dono del suo corpo, amando i suoi fino alla fine (cf. Gv 13,1).
Il pane,
che è una necessità per l’uomo, per il suo bisogno di vivere, è anche
ciò che Dio dona a ogni creatura (cf. Sal 136,25). Nel gesto di Gesù vi è
dunque il venire incontro al bisogno umano ma anche la narrazione
dell’amore di Dio, amore gratuito e sovrabbondante, eccessivo, che non
chiede contraccambio, ma solo accoglienza e ringraziamento.
Anche
l’ingiunzione di Gesù “Raccogliete i pezzi avanzati, perché nulla vada
perduto” ha un significato particolare: non manifesta solo l’abbondanza
del pane condiviso ma significa che sempre nella comunità del Signore ci
sarà il pane eucaristico, che dovrà essere conservato con cura e
sollecitudine.
Il racconto
di questo segno si risolve però in un malinteso. Attraverso questo
segno Gesù ha voluto rivelare qualcosa della sua identità e del suo
inserimento nella storia di salvezza: è il Profeta, è il Messia, è colui
che rinnova e trascende in un’inedita pienezza i segni operati da Dio
stesso nell’esodo, ma la gente che giunge a questa comprensione di Gesù
trae delle conseguenze che egli rigetta, fino a sottrarsi e a fuggire
nella solitudine.
Infatti,
posta di fronte a quel segno profetico e a quel prodigio della
moltiplicazione del pane condiviso, la folla pensa che sia giunta l’ora
di proclamare Gesù Re dei Giudei e di celebrare la sua gloria. Equivoco,
malinteso che svela come anche l’acquisizione della conoscenza di Gesù
possa essere sviante e tradire la sua vera identità e l’autentica
intenzione dei suoi gesti.
Percepire
Gesù come re al modo dei re, dei potenti di questo mondo, sarebbe negare
la missione che egli ha ricevuto dal Padre e acconsentire alle
intenzioni del Principe di questo mondo, Satana. Gesù è il Re dei
Giudei, e tale sarà proclamato sulla croce dal titolo che Pilato farà
innalzare sul suo capo (cf. Gv 19,19); ma è un Re crocifisso, nella
debolezza dell’uomo dei dolori, vittima dell’odio del mondo, solidale
con i perseguitati, gli oppressi, i poveri, gli scarti della storia.
La numerosa
folla misconosce dunque quel Gesù che ha seguito, perché lo interpreta e
lo vuole secondo i propri desideri e le proprie proiezioni, non essendo
disposta ad accettare un Profeta e Messia conforme al disegno di Dio. È
significativo che Giovanni annoti che “volevano impadronirsi di lui per
farlo re”, volevano cioè ridurlo a un oggetto, un idolo plasmato dai
loro desideri, volevano un Messia con un programma mondano.
Ma Gesù
rifiuta perché sa che quel potere che gli vogliono dare non è il vero
potere conferitogli dal Padre. Come aveva fuggito le tentazioni di
potere nel deserto (cf. Mc 1,12-13; Mt 4,1-11; Lc 4,1-13), così ora si
ritira nella solitudine della montagna, fuggendo dalla folla che lo
acclama, discernendo l’illusione di un apparente successo, che non può
né desiderare né accettare.
Salendo su
quel monte, da solo, lasciando a valle anche i discepoli, Gesù medita su
quell’incomprensione e si affida nuovamente al Padre, affidandogli
anche quella folla e quei discepoli che non avevano capito né il suo
gesto né la sua intenzione. Ma il
seguito del racconto, che ascolteremo nelle prossime domeniche, ci
rivelerà, attraverso un lungo discorso di Gesù, che colui che ha dato il
pane in abbondanza è in verità lui stesso il pane dato da Dio
all’umanità per la pienezza della sua vita.
(tratto da www.monasterodibose.it)
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