martedì 6 dicembre 2022

MERAVIGLIA, ESPERIENZA, SOGNO

Qualche punto in comune tra l’azione educativa e i testi di Papa Francesco 

- di Francesco Perini - Friday for Future


Meraviglia

“Laudato si’, mi’ Signore, per sora nostra matre terra, la quale ne sustenta et governa, et produce diversi fructi con coloriti flori et herba” cantava san Francesco. Tutto inizia così: dalla meraviglia (più o meno consapevole) di fronte alla bellezza della natura, del Creato. San Francesco l’ha esplicitata nel Cantico delle creature, i miei ragazzi nella gioia di raccogliere e mangiare le ciliegie durante una giornata di attività all'aperto. 

Anche Bergoglio è partito da qui, scegliendo per il suo ministero il nome di Francesco, “uomo di povertà e semplicità, uomo di pace, uomo che ama e custodisce il creato”. Semplice non significa senza profondità; leggerezza non è superficialità; meraviglia non porta a ignorare i problemi sociali-ambientali-economici di oggi, ma anzi pone come punto di partenza il sentirsi fratelli e sorelle di tutto il creato.

Esperienza

 John Muir è stato uno dei più grandi naturalisti e filosofi statunitensi. Aveva cercato invano di convincere, con pubblicazioni e articoli, il presidente Theodore Roosvelt (1901-1909) a promuovere leggi che tutelassero le aree naturali degli USA, finché i due uomini non passarono insieme una notte proprio in una di quelle foreste di sequoie millenarie (la valle di Yosemite, in California). Il fuoco acceso, la tenda, la stellata, un po’ di neve a coprire il prato la mattina seguente convinsero Roosvelt a tutelare quell’area più delle pubblicazioni scritte o delle argomentazioni scientifiche che Muir portava avanti da oltre 15 anni.

Quanto è importante l’esperienza? Nella Laudato sì c’è scritto che “leggi e norme volte ad impedire cattivi comportamenti non sono sufficienti a cambiare le cose, senza adeguate motivazioni” (LS.211). Nella Fratelli tutti però il papa fa un ulteriore passo in avanti: le motivazioni (e ancora meno le conoscenze) non sono sufficienti. L’esempio è la parabola del Buon Samaritano (Lc, 10) citata nell’enciclica (FT.2), dove il samaritano non sappiamo se ha studiato, se è ricco o se è di fretta, sappiamo solo che vide, ebbe compassione e agì.

Una delle maggiori critiche rivolte agli studenti e alle studentesse in piazza, negli scioperi per il clima di Fridays For Future del 2019, era quella di voler parlare di un problema senza averne la piena consapevolezza, senza “aver studiato” i temi dell’emergenza climatica. Eppure, sono state soprattutto queste manifestazioni, questo scendere in piazza in prima persona, a fare sì che l’attenzione alla crisi climatica avesse un nuovo slancio a livello globale. Più forti delle conoscenze o delle motivazioni ci sono le esperienze, programmate o impreviste: la notte in tenda per Roosvelt, le manifestazioni di Fridays, l’assedio di Mafeking per Baden-Powell sono state micce che hanno cambiato qualcosa, eventi capaci di cambiare veramente la storia.

Sogno

 È vero che nemmeno le esperienze da sole sono sufficienti, se poi “amare e rispettare la natura” si declina soltanto in “piccoli gesti” o in esperienze spot: serve arrivare a capire l’interazione dei temi, quanto veramente “tutto è connesso”. Per esempio, pensando alla crisi climatica, uno dei temi più frequenti che vengono in mente è la “deforestazione della foresta amazzonica”. In realtà è una semplificazione che non descrive bene né la devastazione ambientale dell’Amazzonia (che riguarda sì la deforestazione, ma anche le attività minerarie, l’agricoltura intensiva di foraggi e la perdita di biodiversità) né le ingiustizie e i crimini che le popolazioni indigene subiscono ogni giorno (basti pensare per esempio a quante persone muoiono ogni anno, uccise a causa del loro attivismo, o alle politiche criminali del presidente brasiliano). Ragionare in questa complessità significa cogliere gli aspetti ambientali, economici e sociali della questione.

Nel 2007, alla Conferenza episcopale latino-americana, Papa Francesco, allora vescovo di Buenos Aires, davanti alle proposte dei vescovi brasiliani che chiedevano maggiore attenzione per la regione amazzonica, non capiva come questa potesse essere importante per l’evangelizzazione. Tredici anni dopo, da papa, ha scritto “Querida Amazonia”, un testo che è “in ascolto” del documento finale del Sinodo speciale per l’Amazzonia. Il papa qui non vuole insegnare o argomentare o convertire, vuole sognare: “Sogno un’Amazzonia che lotti per i diritti dei più poveri, dei popoli originari, degli ultimi, dove la loro voce sia ascoltata e la loro dignità sia promossa. Sogno un’Amazzonia che difenda la ricchezza culturale che la distingue, dove risplende in forme tanto varie la bellezza umana. Sogno un’Amazzonia che custodisca gelosamente l’irresistibile bellezza naturale che l’adorna, la vita traboccante che riempie i suoi fiumi e le sue foreste. Sogno comunità cristiane capaci di impegnarsi e di incarnarsi in Amazzonia, fino al punto di donare alla Chiesa nuovi volti con tratti amazzonici” (QA.7).

Quanto questi sogni possono essere universali e “validi” anche per noi? Quanto in qualche modo lo sono già? Guardare il mondo con meraviglia, vivere esperienze, sognare la giustizia sociale, la bellezza umana, l’ecologia integrale, un Vangelo “incarnato”. Ma soprattutto, “nessuno può affrontare la vita in modo isolato, c’è bisogno di una comunità che ci sostenga, che ci aiuti e nella quale ci aiutiamo a vicenda a guardare avanti. Com’è importante sognare insieme! Da soli si rischia di avere dei miraggi, per cui vedi quello che non c’è; i sogni si costruiscono insieme!” (FT.8).

RS-Servire

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