L’architrave del ddl Zan è solo l’esito ultimo di un’ideologia che punta a cambiare la nostra condizione
La cancellazione della differenza sessuale consegna al mercato un individuo perfettamente neutro, soggetto fluido, precario assoluto. Perfino nel suo corpo
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- di MARINA TERRAGNI
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L’allattamento
maschile è una pratica già piuttosto diffusa nel mondo occidentale, in
particolare negli Stati Uniti: atto politico-performativo e/o feticismo
autoginefilo, senza troppe differenze. Indurre la produzione di latte in un
maschio non è così difficile, basta l’assunzione off label e
in dosi adeguate di un gastroprotettore piuttosto comune. Esiste anche la
chirurgia di 'nullificazione del sesso' per persone non-binary: interventi
demolitivi che rimuovono del tutto i genitali senza nemmeno abbozzare quelli
del sesso opposto, conferendo al pube l’aspetto di quello di una bambola. Venduta
– a tariffe ragguardevoli – come libertà, ricorda l’orrore delle mutilazioni
genitali. Ecco il transumanesimo. Meglio distrarsi dai dettagli, per quanto
stupefacenti, e osservare il quadro d’insieme. L’ orizzonte
transumano sembra orientare sempre di più la proposta progressista: il vuoto
del fine-guerra fredda si è progressivamente colmato di un dirittismo
individualistico ossessivo. Modello di ogni libertà diventa potersi resettarsi
in radice, nel corpo, manipolando e riconfigurando i propri caratteri sessuali
primari e secondari o avventurandosi in percorsi di ibridazione almeno
simbolica con le altre specie, e perfino con il non-vivente.
Le
geografie politiche otto-novecentesche – destra e sinistra – non danno
adeguatamente conto del quadro. Prendiamo la Spagna. Il Psoe, maggiore partito
della sinistra, si oppone alla libera identità di genere, o self-id, ma
non al commercio di ovociti (quel Paese è il più grande fornitore d’Europa).
Non è raro vedere nelle università grandi cartelli pubblicitari per cooptare
ragazze che non riescono a pagarsi gli studi. D’altro canto l’utero in affitto
è sempre stato un cavallo di battaglia di Ciudadanos, formazione di destra.
Sui
temi transumani la faglia destra-sinistra si muove a zig zag. E non basta
nemmeno, come per altri temi sensibili, parlare di trasversalità. La bandiera,
certo, è tenuta più alta da una sinistra che a quanto pare non trova altri
contenuti per significare la propria vocazione al progresso, e cavalca il
transumano come un destino ineluttabile: si veda l’ultima, iconica cover
dell’Espresso con il transman incinta. Il popolo di sinistra
spesso non capisce ma si adegua, autocensurandosi ed evitando la rogna del
libero pensiero ' uncorrect'. Dal canto suo, la destra
tende ad arroccarsi su posizioni esasperatamente conservatrici che si spingono
fino al rifiuto della 'semplice' omosessualità. L’alternativa al progetto
transumano non può venire di qui. E da dove, allora?
Il fatto è che questo progetto è in larga parte business, il che complica ulteriormente il quadro. Qualcuno ha calcolato che ogni bambina/o transitato verso l’altro sesso può fruttare a Big Pharma una media di 1 milione e 300mila dollari in terapie ormonali a vita e per inevitabili patologie iatrogene (esclusi interventi chirurgici ed eventuali complicazioni). Non è strano che la propaganda dei transattivisti punti alle scuole per introdurre prima possibile la libera scelta del genere e la cosiddetta 'carriera alias', ovvero la possibilità di essere riconosciuti e chiamati con nomi e pronomi corrispondenti al genere di elezione, diversi da quelli anagrafici. In Canada, paradiso del transumanesimo, nelle scuole è stato ingaggiato Gegi, magico unicorno che non solo aiuta i bambini a scegliere ma insegna anche, da amico del cuore, come difendersi da genitori impiccioni che provino a mettere i bastoni fra le ruote.
I profitti
di Big Pharma però sono il meno. La questione del business transumano è molto
più complessa e nessuno l’ha spiegata meglio del filosofo Ivan Illich, padre
dell’ecologismo contemporaneo, che nel 1984 in Gender aveva
profetizzato il «sogno futurista di una società moderna in cui le persone sono
plastiche, e le loro scelte di di- ventare dentisti, maschi, protestanti o
manipolatori di geni meritano tutte il medesimo rispetto». Illich lo chiama
«imbroglio unisex » e vede l’annullamento della differenza sessuale come «un
cambiamento della condizione umana che non ha precedenti » e che si rende
necessario perché la differenza sessuale, «segno caratteristico della civiltà tribale
e contadina», è ritenuta un «ostacolo allo sviluppo». «La scomparsa del
genere – aggiunge – è la condizione decisiva dell’ascesa del capitalismo e di
un modo di vivere che dipende da merci prodotte industrialmente»: se
all’economia di sussistenza corrispondono differenza sessuale e relazioni, il
mercato chiede l’individuo neutro. Illich gli dà il nome di neutrum
oeconomicum, «soggetto su cui si basa la teoria economica ». Un
soggetto fluido, flessibile, fungibile. Un precario assoluto, perfino nel corpo,
soggetto-oggetto perfetto per il neocapitalismo liberale, in una logica del
profitto senza regole, limiti o contrappesi.
Tradizionalmente la difesa dei capitalisti e del business sarebbe un lavoro della destra, non della sinistra. Qui in apparenza sta capitando il contrario. Ma le cose sono ancora più complicate. In effetti i più grandi capitalisti che la storia umana abbia mai conosciuto, capi delle aziende hi-tech della Silicon Valley (Google, Amazon, Facebook...) – i cosiddetti capitalisti della sorveglianza, come li chiama Shoshana Zuboff –, ostentano un look decisamente progressista. Posizionandosi dalla parte giusta della Storia, Mark Zuckenberg alla fine ha bannato Donald Trump. Eppure non aveva disdegnato di farci affari, vedi lo scandalo Cambridge Analytica. Business is business.
Il diritto di fare profitti
multimiliardari sfruttando i nostri dati sensibili ( big data) fa
leva su un perfetto indifferentismo politico rivestito di progressismo. In
realtà destra, sinistra, perfino la democrazia non contano più nulla se provano
a ostacolare il profittevole lavoro degli algoritmi. I nostri avatar social
somigliano ai nuovi avatar di carne post-umani, corpi 'liberamente' smontati e
riassemblati in identità alias.
Nel
suo Il capitalismo della sorveglianzaZuboff chiarisce che il
vero obiettivo delle aziende della Valley non è tanto scrutare i
nostri comportamenti quanto piuttosto influenzarli e modificarli per
massimizzare i profitti. A quanto pare lavorare sui comportamenti non
basta più: anche i nostri corpi, come profetizzato da Illich, vanno modificati
per le ragioni del profitto. I social ci fanno sentire liberi, e anche la
guerra contro il corpo nella nuova dimensione onlife –
definizione del filosofo della comunicazione Luciano Floridi –, ambiente delle
nuove generazioni, viene venduta come libertà. I l
transumanesimo si presenta come una cosa nuova: non lo è affatto. Appare come
futuro ma è solo l’ultima – forse l’estrema – figura fenomenologica e
glitterata di un passato brutale e arcaico. L’uomo che allatta è la perfetta
rappresentazione di quel moto invidioso delle origini che ha dato vita
all’oppressione patriarcale. La negazione della realtà del corpo – questa volta
in direzione di un impalpabile percepito, l’«identità di genere» – è una mossa
antica e reiterata nei millenni. È rinascere dalla testa maschile purificati
dalla materia femminile. La stessa storia di sempre. Ma il
transumanesimo non è affatto un destino ineluttabile. L’alternativa è lì dove è
sempre stata, se la si fosse voluta vedere. È ricominciare dal punto in cui si
è generato l’errore capitale: l’aver fatto della donna l’Altro, l’eccentrico e
l’abietto, per fare largo a un unico Soggetto sessuato al maschile.
L’alternativa è ripartire da quella relazione materna, aggredita ovunque, che
oggi costituisce l’estremo punto di resistenza. Se il soggetto del
transumanesimo è l’individuo assoluto irto di diritti, quello del neoumanesimo
è più donna che uomo. Meglio: è l’inscindibile due rappresentato dalla
relazione materna, l’atomo non divisibile di una nuova possibile
civiltà umana a radice femminile. Ci si deve porre in ascolto
autentico delle donne, non limitarsi alla graziosa concessione di diritti. Si
deve guardare quello che stanno facendo in difesa delle bambine e dei bambini,
figli reali e simbolici, di loro stesse, della continuità della vita. Si deve
saper riconoscere che la posizione della donna non è ai margini, dove è stata
sospinta. Che le donne non sono una minoranza – come la definisce strabicamente
il ddl Zan –, bisognosa di tutela e di politiche inclusive. La natura ha
collocato la donna al centro insieme al figlio. Ne ha fatto la madre del mondo.
Sono capaci gli uomini di accettare questa centralità e questa autorità
femminile, che è al contempo cura, e di mettersi in ascolto autentico delle
donne? Perché altra strada non c’è.
Su
questi nodi la faglia culturale destra-sinistra si muove in modo imprevedibile.
Né l’ossessivo «dirittismo» individualistico né il rifiuto dei temi più
controversi offrono risposte a un progetto di manipolazione senza
precedenti L’estremo punto di resistenza è l’insuperabile relazione
materna, fondamento di un neoumanesimo a radice femminile.
Splendido! Lucido, realista, chiarissimo. Grazie.
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