domenica 12 aprile 2020

DARE AI RAGAZZI LA CERTEZZA CHE CI SARA' ANCORA UN FUTURO

 Caffo: «Tocca a noi trovare strade nuove.
 Ora i bambini sono confusi e non ottengono dai genitori le risposte che servono»

di NICOLETTA MARTINELLI

I bambini sono stati sfiorati dall’epidemia di Covid–19 che tra i più piccoli ha mietuto poche vittime. Eppure, rischiano di essere loro a pagarne lo scotto maggiore. Adesso, isolati in casa, non sempre in rosei contesti familiari, e in seguito, alle prese con una trasformazione epocale che prescinde tutti noi.
Ma mentre agli adulti si dà voce, se ne considerano le necessità, i problemi, le difficoltà, ai bambini no: «Della loro sofferenza, di quella degli adolescenti si parla pochissimo, anche se è sotto gli occhi di tutti. Di fatto sono compressi tra quattro mura, in uno spazio fisico ed emotivo angusto. Basti pensare a quanta socialità hanno dovuto rinunciare. Niente scuola e nessuna attività extrascolastica significano anche niente dialogo con i coetanei. Che è indispensabile tanto quanto lo studio o lo sport».
È Ernesto Caffo a prendere le parti dei bambini, come fa da una vita: fondatore e presidente di “Telefono Azzurro”, è professore di psichiatria infantile e adolescenziale all’Università di Modena e Reggio Emilia; nel 2018 papa Francesco lo ha nominato membro della Pontificia commissione per la tutela dei minori.
Quindi, professore, nel programmare la “Fase 2”, la prossima tappa verso la normalità, il governo non considera abbastanza le esigenze dei più piccoli?
La scuola non ricomincerà, questo è evidente, ma cosa succederà a giugno? I bambini e i ragazzi hanno bisogno più di altri di sapere cosa li aspetta in futuro. Che non significa sapere se si sarà promossi e che va al di là dell’emergenza sanitaria. È necessario un progetto complessivo perché questa estate sia il momento per i ragazzi di ritrovare la dimensione sociale di cui patiscono la mancanza.
Ma anche quest’estate sarà difficile incontrarsi come prima.
Tocca a tutti noi, gli adulti, trovare strade nuove, proporre ai ragazzi modelli di aggregazione inediti, cambiare il modo stesso di educare.
Niente sarà più come prima, almeno per un po’, né la scuola né lo sport né lo svago. Bisognerà individuare aree di confronto e di incontro, progettare insieme il futuro. In questo momento, i piccoli sono fortemente confusi e non ottengono dai genitori le risposte che servono.
Risposte non facili da trovare...
Questo è il momento della paura, dell’isolamento, della fatica quotidiana. In certe città si sentono solo i rumori dell’emergenza, le sirene delle ambulanze. I bambini ascoltano i discorsi dei genitori, in gran parte preoccupati per il lavoro che non c’è e che forse non ci sarà. E la televisione non aiuta, sempre concentrata sull’epidemia, sul brutto che ci è toccato in sorte. Anche la Rete non sempre viene usata nel modo corretto dagli adolescenti lasciati soli. Usare meglio il mondo digitale è un’altra cosa che dovremo imparare.
Lei disegna un panorama desolante.
Le famiglie che funzionano continuano a funzionare. Ma in quelle disfunzionali i problemi sono destinati a incancrenirsi. Lo dimostrano i fatti, con un aumento delle violenze domestiche, dei maltrattamenti sulle donne e sui bambini. La povertà educativa esiste e prende anche la forma degli abusi, della sofferenza, del disagio. Lo testimonia un forte aumento delle chiamate a “Telefono Azzurro”. I ragazzi vogliono capire. E vogliono che si dica loro che possono ancora sperare, sognare. Che il mondo sta cambiando e che faremo di tutto perché non sia in peggio, che il futuro ci aspetta e che lo costruiremo insieme.






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