Due
riflessioni che prendono le mosse dal pensiero di Vittorino Andreoli, noto
psichiatra e scrittore italiano sul senso dell’educazione. Infatti, al di là dei
metodi (che sono tutti, ugualmente limitanti, pur avendo svariati pregi) rimane
il dilemma di capire cosa significhi educare.
EDUCAZIONE
COME SCOPERTA DELLA VITA
“Il
primo requisito per rendere possibile l’educazione è far scoprire la vita e la
sua bellezza” (Vittorino Andreoli).
Questo
passaggio è il più difficile: la vita e la bellezza, infatti, sono
straordinariamente complesse. L’educazione moderna, spesso, semplifica fino
all’eccesso. Prendiamo un esempio: quando parliamo di sviluppo sensoriale, pur
toccando un tema nodale all’interno dello sviluppo psicologico, non possiamo
dimenticare che ci sono infinite altre sfere della persona e della sua crescita
bisognose di attenzione. Il rischio dell’educazione moderna è quello di
risultare sbilanciata, a favore di alcuni elementi quali sensorialità,
socialità, logica. Sono elementi essenziali, è vero, ma lo sono anche tutti gli
altri.
Il Prof.
Andreoli si sofferma spesso sul tema dell’unicità dell’uomo, che va
considerato nel suo insieme, in termini olistici: non possiamo ridurlo ad una
sequenza di sintomi (per quanto attiene alla psichiatria), comportamenti o
linee di sviluppo.
Dunque, nello
sforzo di educare, dovremmo innanzitutto trasmettere il nostro amore per la
vita, la nostra ricerca per la bellezza. Inevitabilmente chi farà propri
questi elementi li modificherà; alle volte saranno stravolti rispetto a come
noi li intendevamo. Eppure, se saremo riusciti a trasmettere la passione, il
nostro sforzo sarà produttivo.
EDUCAZIONE COME RELAZIONE
“L’educazione
è una relazione tra due persone di generazioni diverse. Un buon educatore deve
essere fragile. La fragilità è la forza della relazione” (Vittorino Andreoli).
Questo
passaggio è particolarmente significativo per comprendere come l’educazione non
si possa limitare ad una staffetta di valori.
Educare significa accettare il rischio di mescolare i propri valori con quelli dell’altro, di contaminarsi. Non possiamo in alcun modo educare se rinunciamo a comprendere il mondo dell’altro; questo è specialmente valido quando si parla di adolescenza, oppure di relazioni difficili.
Educare significa accettare il rischio di mescolare i propri valori con quelli dell’altro, di contaminarsi. Non possiamo in alcun modo educare se rinunciamo a comprendere il mondo dell’altro; questo è specialmente valido quando si parla di adolescenza, oppure di relazioni difficili.
Prima di
Andreoli, un altro grande (tra i tanti) aveva trattato il tema della relazione
nei termini della fragilità: Antoine de Saint-Exupéry; ne “Il Piccolo Principe”,
infatti, il dialogo con la Volpe, mette proprio in evidenza come le relazioni
siano qualcosa che ha a che fare con la fragilità della nostra natura, capaci
anche di fare soffrire; le relazioni si costruiscono giorno dopo giorno, un
mattoncino sopra l’altro. E ogni tanto, inevitabilmente, qualcuno di essi cede.
Proprio
la lettura (e rilettura) di questo testo può aiutarci a capire meglio
l’importanza della fragilità, intesa non come debolezza ma come consapevolezza.
NOTA:
le citazioni contenute in questo passo sono “riadattate” mettendo insieme
alcuni stralci dell’intervista che Andreoli ha rilasciato al SIR (Servizio
Informazione Religiosa) e che potete leggere integralmente
qui.
da Portale bambini
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