giovedì 28 marzo 2019

E' NECESSARIO UN NUOVO PATTO TRA LE GENERAZIONI

È necessario uscire dalla trappola del futuro garantito, per riporre al centro un patto intergenerazionale alimentato dalla logica della promessa e dell’impegno.
«Le nuove generazioni ci spingono non solo a metterci in relazione, ma ci insegnano anche a relativizzarci, a considerarci non “possessori” della vita, ma “genitori” nel senso più ampio del termine. Ci spingono a essere persone capaci di lasciare spazio, capaci di consegnare»

di PIERPAOLO TRIANI*

Il rapporto tra le generazioni, con l’allungamento dell’età media della popolazione, risulta più esteso nel tempo (e perciò potenzialmente più intenso e ricco di scambi); ugualmente, con il rafforzarsi dell’individualismo, appare più frammentato e più sterile. Nuovi nodi strutturali stanno facendosi sempre più chiari: come fare in modo che i bisogni e i diritti delle persone di ogni generazione siano rispettati? Su quali aspetti è possibile intervenire affinché le generazioni più adulte, per la prima volta più numerose, non 'schiaccino' quelle giovani? Come evitare che le generazioni numericamente più 'forti' non danneggino quelle più 'deboli'? Come garantire lavoro per lungo tempo a tutti? Come riequilibrare un utilizzo scriteriato delle risorse del pianeta, tutto concentrato sui vantaggi immediati invece che alla sostenibilità sul lungo periodo?
La dinamica intergenerazionale comporta sempre una sorta di patto più o meno implicito, che regola i rapporti e gli scambi tra le generazioni, che può assumere forme diverse a seconda di che cosa si ponga al centro. È su questo aspetto che vi è bisogno di rinnovamento. Non basta preoccuparsi di lasciare in eredità 'sicurezze', abbiamo bisogno, come mondo adulto, di riscoprire la necessità di consegnare ai giovani delle buone ragioni per costruire, continuamente e incessantemente, una vita umana più giusta e solidale. Si tratta di riconoscere che il legame tra le generazioni continua a restare generativo quando non ha soltanto la forma della trasmissione di beni materiali, ma quando è animato dalla logica della promessa .
Promettere è affermare, con scelte concrete, che vale la pena impegnarsi. Ma per che cosa? Per quale presente e per quale futuro vogliamo nuovamente promettere e chiedere alle nuove generazioni di lasciarsi coinvolgere e portare le loro energie e risorse? Un patto intergenerazio-nale non può essere neutrale, ma richiede delle opzioni e delle linee di azione. Rilanciare l’impegno di un rapporto intergenerazionale più solidale e generativo comporta innanzitutto di operare sulle condizioni organizzative ed economiche della vita sociale. Occorrono nuove politiche per la famiglia e per il lavoro, ma anche una rinnovata attenzione alle reti sociali, al valore dei 'corpi intermedi', alla partecipazione. Tutto questo è necessario, ma non sufficiente se non è accompagnato da uno sforzo, propriamente educativo, che operi su alcuni aspetti culturali fondamentali.
Per uscire da uno sguardo chiuso abbiamo bisogno di un mondo adulto attento a trasmettere non soltanto la 'cura del sé', ma il senso del noi, l’attenzione e la passione per un bene più grande, per il bene di tutti. Si tratta al riguardo di aiutarci a guardare e interpretare la realtà non soltanto dal nostro punto di vista, o pensando semplicemente ai bisogni del proprio gruppo (che Mounier avrebbe chiamato di 'noialtri'), ma tenendo presente l’interdipendenza tra le parti. Si tratta al riguardo di scegliere di coltivare uno sguardo che considera le diverse generazioni (ma anche le diverse culture) unite da un destino comune; che riconosce il valore di ogni generazione, anche quelle più deboli e silenziose; si tratta, per riprendere papa Francesco, di accogliere e coltivare una dinamica sociale dove si cerca di far prevalere l’unità sul conflitto, e dove lo sguardo d’insieme è considerato necessario per valorizzare le singole parti.
L’assoluto affettivo, l’amore di sé inteso in modo narcisistico, ha notato Pierangelo Sequeri , ferma la storia. Per questo motivo rilanciare il patto tra le generazioni significa recuperare il senso di ciò che è prima di noi e di ciò che sarà; comporta lo scegliere di ricominciare
a far sentire le nuove generazioni dentro un cammino comune, un’avventura condivisa; il ritornare ad elaborare narrazioni capaci di far sentire le persone dentro una storia dove il bene interpella continuamente la responsabilità di ciascuno. Occorre 'pensare per generazioni', come ha evidenziato in un suo saggio Ivo Lizzola, che riprendendo l’idea dell’albero genealogico, osserva: «Senza alberi genealogici resta parziale e in un certo senso mutilata, la nostra coscienza del tempo e della storia, pregiudicando il delinearsi di una nostra responsabilità storica e di legami meno generici, meno manipolabili, meno asfittici. Il legame sociale non viene alimentato, e si costruisce solo sul presente, sugli interessi e gli scambi di oggi, sulle rappresentazioni e le ansie attuali: nel corto respiro di due, tre generazioni. Non si radica nell’intreccio di tanti alberi, che hanno fatto la vicenda della storia e delle storie, che si sono ramificati attraversando la storia e le storie locali» .
Un rapporto intergenerazionale promettente significa, inoltre, uscire - come avevano già ben indicato alcuni anni fa Benasayag e Schimt - da una narrazione che presenta il futuro solo come 'minaccia', come una realtà poco desiderabile. Occorre infatti innalzare gli sforzi per un’educazione che apra gli orizzonti della mente e del cuore delle persone, che parli del futuro come un insieme di possibilità non già predefinite, ma consegnate alla libertà, all’impegno, alla scelta responsabile. Alimentare il futuro comporta al riguardo l’aiutare le persone a prendere sul serio la ricerca del bene, del giusto, del vero, del bello, dell’amabile. Temi che possono erroneamente apparire fuori moda, ma che in realtà rappresentano il nucleo fondante della nostra umanità. Un nuovo patto intergenerazionale chiede di scegliere la generatività come 'cifra' della vita adulta e come dinamica di fondo dei legami tra le generazioni. Quattro, ci ricordano Magatti e Giaccardi, sono i verbi che fondano la logica generativa umana: desiderare, mettere al mondo, prendersi cura, lasciare andare. È su quest’ultimo, in conclusione, che vorrei soffermarmi un momento: «Il lasciar andare dice insieme che siamo stati insostituibili e che non siamo indispensabili. Consente di procedere oltre quello che abbiamo costruito, e di progredire in un modo che è per noi inaspettato. Perché così il mondo si rifà sempre nuovo, anziché ripetersi a immagine e somiglianza dei nostri limiti e dei nostri schemi». Avere uno sguardo realmente intergenerazionale significa riconoscere che abbiamo bisogno di imparare continuamente a non pensarci 'per sempre' e 'indispensabili'; in questo aspetto il ruolo delle nuove generazioni è fondamentale. Ci spingono non solo a metterci in relazione, ma ci insegnano anche a relativizzarci, a considerarci non 'possessori' della vita, ma appunto dei 'genitori' nel senso più ampio del termine. Ci spingono ad essere persone capaci anche di lasciare spazio; capaci di consegnare.


*Docente di Pedagogia -Università Cattolica Sacro Cuore

Articolo pubblicato in "Dialoghi", trimestrale dell'Azione Cattolica

www.Avvenire.it  


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