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domenica 9 febbraio 2025

LASCIARONO LE RETI E LO SEGUIRONO

LA PESCA MIRACOLOSA




-Luigi, Comunità Kairòs

La liturgia presenta per questa domenica il brano della cosiddetta “pesca miracolosa”, ma l’eccezionalità di tale evento, una pesca in pieno giorno alla fine di una notte andata a vuoto, non è però il vero nucleo narrativo del brano evangelico.

Il centro della narrazione non è pertanto la vicenda di un miracolo, ma l’esperienza dell’incontro con il Signore, di come un uomo possa cambiare profondamente la propria vita mettendo in gioco sé stesso, il proprio tempo, le proprie certezze e i propri averi “sulla parola” di Gesù di Nazareth.

Più che il racconto straordinario della potenza divina, si tratta della storia semplice di Simon Pietro, ovvero della chiamata di un uomo che insieme ad altri compagni di viaggio si imbatte un giorno in Gesù che gli chiede di salire sulla barca della sua vita e di prendere il largo verso acque profonde.

Faceva ressa

Il brano si apre con la folla che “faceva ressa” attorno a Gesù per ascoltare la parola di Dio (v.1). Tra la gente c’è una grande sete di senso, ciò che le persone desiderano è la parola di Dio, un incontro con il Dio vivente che interpella, trasforma l’esistenza, impegna all’avventura della sequela nel cammino della vita. L’attitudine all’ascolto nell’opera dell’evangelista Luca costituisce il punto di partenza del cammino di fede. Di fronte alla folla, Gesù vede due barche da cui erano scesi i pescatori per lavare le reti, sale sulla barca che era di Simone e gli chiede di scostarsi un pò da terra: lì, stando seduto, “insegnava alle folle” (v.3). La prima richiesta del Signore è di essere accolto. Simone che finora è apparso solo intento alle sue attività lavorative e disinteressato ai discorsi di Gesù alle folle, si trova inaspettatamente faccia a faccia con Gesù stesso. Il suo primo “sì” al Signore avviene così, quasi per caso, senza troppa convinzione, senza poter minimamente prevedere il seguito. La barca, luogo del fallimento per la mancata pesca durante la notte, diviene ora il luogo da cui Gesù attrae persone all’ascolto della parola di Dio. I pescatori stanno riponendo gli arnesi di lavoro per la notte successiva, è di notte, infatti, il tempo propizio per pescare. La richiesta che Gesù fa a Simone di prendere il largo e di calare le reti per la pesca rappresenta pertanto una follia, un’assurdità dal punto di vista umano. Simone oppone a questa richiesta la sua esperienza di pescatore: “Abbiamo faticato tutta la notte e non abbiamo preso nulla” (v.5).

Getterò le reti

Ma proprio qui interviene il salto della fede: “ma sulla tua parola, getterò le reti” e Simone accetta la contraddizione che smentisce le sue competenze, facendo affidamento sulla parola del Maestro. Su questa parola si espone al rischio di mettere in discussione tutto quello in cui ha creduto fino ad ora per entrare nella sfera dell’impossibile per l’uomo e del non certo. E così entra nella sfera di quel Dio che lo ha chiamato proprio nel giorno del fallimento e nel momento di maggiore difficoltà. Questo faticoso lavoro di apertura al Signore diverrà però un’occasione di fecondità. Dopo che la rete gettata sulla parola di Gesù risale dai fondali stracolma di pesci al punto che 1 l’altra barca è chiamata a partecipare di questa grazia sovrabbondante, “e presero una grande moltitudine di pesci e le loro reti quasi si rompevano” (v.6), Simone riconosce il suo Signore. E così assistiamo al vero “miracolo”: Simone riconosce Dio in Gesù e diviene un altro. Quando Simon Pietro avverte questa vicinanza, cade alle ginocchia di Gesù chiedendogli di allontanarsi, di farsi nuovamente distante da lui che si riconosce ora peccatore: “Signore, allontanati da me, perché sono un peccatore” (v.8). Simone, pur avendo già una conoscenza di Gesù e della potenza della sua parola, non l’ha ancora conosciuto del tutto e, soprattutto, non ha ancora conosciuto se stesso alla luce del Signore.

L’incontro diviene sconvolgimento esistenziale.

 La conoscenza del Signore è il percorso di una vita, è un cammino in divenire, e questo, per ciascun credente come per Simon Pietro, avviene spesso grazie a una crisi. Egli, che conosceva Gesù nella sua forza, ora arriva alla conoscenza di sè stesso nella propria debolezza. La risposta autentica alla chiamata è innanzitutto un andare in profondità nella conoscenza di sé e del Signore. Simon Pietro viene scelto proprio nel suo peccato e lo svelamento della sua condizione lo ha reso ancora più vicino a Gesù. Analogamente accade al profeta Isaia, colto di sorpresa da una teofania, dove l’incontro col Signore aveva provocato una medesima comprensione della propria debolezza e del proprio peccato, “uomo dalle labbra impure io sono” (Is 6,5), ma nonostante tutto Isaia aveva accettato la missione, “eccomi, manda me!” (Is 6, 7), come leggiamo nel testo della prima lettura. E succederà anche all’apostolo Paolo: “Io non sono degno di essere chiamato apostolo…per grazia di Dio, però, sono quello che sono” (I Cor, 15,9-10), dal brano della seconda lettura.

Non temere

L’invito finale di Gesù a non temere, rivolto a Simon Pietro, accorcia nuovamente le distanze, d’ora in poi sarebbe divenuto “pescatore di uomini” (v.10), impegnato nella missione dell’annuncio della Parola per salvare dal mare del non senso e dalla disperazione quanti rischiano di annegare. A quelle parole, Simon Pietro e gli altri “lasciarono tutto e lo seguirono” (v.11), segno di radicalità ed essenzialità di vita a cui si è chiamati alla sequela di Gesù di Nazareth. Un lasciare tutto e una perdita che risulterà però un guadagno: “Chiunque avrà lasciato case, o fratelli, o sorelle, o padre, o madre, o figli, o campi per il mio nome, riceverà cento volte tanto e avrà in eredità la vita eterna” (Mt 19,29). Il ministero degli apostoli non potrà che essere in continuità con ciò che faceva Gesù: annunciare la Parola di Dio. La comunità cristiana nasce attorno all’ascolto della Parola di Dio, criterio che fonderà tutte le nuove relazioni con Gesù. Egli stesso infatti definisce qual è la sua nuova famiglia: “Mia madre e i miei fratelli sono coloro che ascoltano la Parola di Dio e la mettono in pratica” (Lc 8, 21). A Gesù adesso guardano Simon Pietro e i compagni con sguardo rinnovato dalla fede all’inizio del cammino che sta per cominciare e che ripartirà sempre nuovo al termine di ogni fallimento, di ogni nottata andata a vuoto.

 Così, come Pietro, ciascun uomo e ciascuna donna sta di fronte a Dio con le sue reti vuote in attesa di prendere il largo sulla sua Parola, verso una salvezza inattesa e una fecondità di vita che si rivelerà ben più grande delle nostre aspettative.

 

Comunità Kairos

sabato 5 febbraio 2022

BARCHE VUOTE


 -         Is 6,1-2.3-8/1Cor 15,1-11/Lc 5,1-11

 + Dal Vangelo secondo Luca

 In quel tempo, mentre la folla gli faceva ressa attorno per ascoltare la parola di Dio, Gesù, stando presso il lago di Gennèsaret, vide due barche accostate alla sponda. I pescatori erano scesi e lavavano le reti. Salì in una barca, che era di Simone, e lo pregò di scostarsi un poco da terra. Sedette e insegnava alle folle dalla barca. Quando ebbe finito di parlare, disse a Simone: «Prendi il largo e gettate le vostre reti per la pesca». Simone rispose: «Maestro, abbiamo faticato tutta la notte e non abbiamo preso nulla; ma sulla tua parola getterò le reti». Fecero così e presero una quantità enorme di pesci e le loro reti quasi si rompevano. Allora fecero cenno ai compagni dell’altra barca, che venissero ad aiutarli. Essi vennero e riempirono tutte e due le barche fino a farle quasi affondare.  Al vedere questo, Simon Pietro si gettò alle ginocchia di Gesù, dicendo: «Signore, allontànati da me, perché sono un peccatore». Lo stupore infatti aveva invaso lui e tutti quelli che erano con lui, per la pesca che avevano fatto; così pure Giacomo e Giovanni, figli di Zebedèo, che erano soci di Simone. Gesù disse a Simone: «Non temere; d’ora in poi sarai pescatore di uomini». E, tirate le barche a terra, lasciarono tutto e lo seguirono.

 Commento di p. Paolo Curtaz

 Vibrano

 Vibrano gli stipiti delle porte del tempio di Gerusalemme, perché Dio lo riempie col lembo del suo mantello. E Isaia, affascinato, scosso, travolto da tanta bellezza, misura la distanza tra la sua poca fede e l’immensa bellezza di Dio.

Vibra di passione il più piccolo fra gli apostoli che difende la comunità che ha evangelizzato e che viene turbata da presunti “super-apostoli” che denigrano il suo annuncio, primi di una lunga serie di sé-dicenti avvocati di Dio.

Vibra il cuore di Simone, disincantato e stanco dopo una lunga e infruttuosa notte di pesca, che si ritrova, lui uomo di corda e di acqua, di odore di pesce e di notti insonni, a dare retta a quel perdigiorno di falegname e gli impresta la barca.

Vibrano i nostri sensi, la nostra intelligenza, quando ci abbeveriamo alla Parola che illumina e orienta la nostra settimana. Bussola per condurre la nostra barca in questi tempi di onde agitate, di paure irrisolte, di comunità in affanno. Vibrano gli stipiti, perché Dio riempie le nostre piccole vite.

La folla gli faceva ressa intorno per ascoltare la parola di Dio.

Perché siamo assetati di parole divine, di parole che costruiscono, illuminano, orientano, incoraggiano, svelano, scuotono, riempiono. Ascoltano le riflessioni dei rabbini, dei guaritori, degli scribi e quelle severe e credibili dei farisei, ma nessuna parola rimanda a Dio come quelle del Nazareno. Nessuna accarezza l’anima. La accende. La provoca. Nessuna. Allora fanno ressa, si accalcano, sgomitano per stargli accanto. Hanno camminato per ore, attirati dalle notizie che giungono dal lago e, infine, siedono, assetati.

E Gesù li disseta.

Quando qualcuno con le sue parole ci smuove e ci spinge verso un mondo nuovo tutto, in noi, fiorisce. Certo, alcuni ci manipolano, ci blandiscono, sono dei piazzisti, abili nel sedurre.

Allora le loro parole prima accendono ma, ben presto, si affievoliscono e non lasciano traccia. Altri invece, colpiscono come un pugno in pieno volto. E ci cambiano la vita. Gesù è così. Perché proferisce le parole stesse di Dio.

Delusioni

Mentre parla vede, con la coda dell’occhio, quei tali che stanno riassettando le reti. Sono stanchi, si vede dai loro gesti affaticati. Sono delusi, lo immagina, vedendo le ceste tristemente vuote di pesci. Tacciono. In cuor loro, probabilmente, stanno giudicando quel perditempo che arringa le folle. E le folle che non hanno di meglio da fare di perdere il loro tempo ascoltando un idiota. E decide di coinvolgerli. Ha bisogno della loro barca. Quella vuota.

 Lo pregò di scostarsi un poco da terra.

Gesù prega Simone. È gentile. Rispetta il suo dolore. Non irrompe nella sua vita sguaiatamente. Sa che in certi momenti della vita le parole hanno un peso. E possono definitivamente incrinare e distruggere.

Così fa con noi, il Signore.

 Ci raggiunge alla fine della notte. Quando le ceste sono vuote. E davanti abbiamo ancora una lunghissima giornata da portare a compimento. Sale sulla mia barca vota, in secca. Colma solo di fallimenti, di giudizi negativi, di peccato, di delusione, di amarezza. Come spesso accade. Anche se siamo discepoli. Anche se lo siamo da lunga data. Anche se, generosamente, abbiamo donato la nostra vita al Signore, spendendola per il Vangelo.

E, con garbo, pregando, ci invita scostarci dalla secca. Un poco, all’inizio. Quella minima distanza necessaria a poter udire le sue parole divine e non il sordo brusio del nostro scoraggiamento e delle nostre lamentele. Poi, quando Pietro, e noi, cominciamo a fidarci, osa.

Prendi il largo.

Non ha senso. Non ne hai la forza. Forse non lo vuoi nemmeno. Ma l’invito è troppo gentile. E vai. Sulla tua parola. Perché le tue parole mi hanno scosso.

Stupori

Pescano, e accade. La nave quasi affonda, serve aiuto. Tutti sono indaffarati ed eccitati dalla pesca inattesa e sovrabbondante. Tutti, eccetto Pietro. È scosso. Invaso dallo stupore, lui e gli altri, annota Luca. Stupito e stordito. Le emozioni debordano. Invadono ogni angolo della sua mente. Gesù ha chiesto una barca vuota. La restituisce colma.

Anche il cuore di Pietro è colmo. Spaventato.  Dunque, è così? Dio ti prega di aiutarlo? Anche quando sei sfinito e demotivato e arrabbiato? Anche quando non hai più né forza né desiderio? Sì, certo.

Pietro vede la sua ombra, davanti a tutta quella luce. Un’ombra cui, pure, Gesù non ha fatto nemmeno cenno. Di cui non ha tenuto conto. Ha visto la barca vuota. Ha visto il suo volto deluso. Ha visto il suo limite.  Ma non si è fermato. Si butta in ginocchio, ora, Pietro.  Allontanati da me, sono un peccatore. Sì, è vero. E allora? Pensi davvero, Pietro, che il tuo limite limiti Dio?

 Essere consapevole dei propri limiti è la condizione migliore per avvicinare dei fratelli e delle sorelle, per diventare pescatore di umanità. Siamo noi che vorremo essere puri e perfetti. Siamo noi che vorremmo essere lindi e immacolati. E sempre in forma. E coerenti. E credibili. Ed ammirevoli. Ed esemplari. A Dio serve una barca. Meglio se vuota. Se sgombra da tutte le nostre ansie e da tutti i nostri sogni di gloria.

Questo è il vero miracolo.

Vibrano, gli stipiti del nostro cuore. Dio ha bisogno di me.

Paolo Curtaz

sabato 4 maggio 2019

E' IL SIGNORE!

     (Anno C) (05/05/2019) 


Commento di don Lucio D'Abbraccio

In questa 3ª domenica di Pasqua l'evangelista Giovanni ci presenta un gruppo di apostoli incompleto, solo 7 su 11: «Si trovavano insieme Simon Pietro, Tommaso detto Didimo, Natanaèle di Cana di Galilea, i figli di Zebedeo e altri due discepoli». Pietro è il leader, che decide di andare a pescare da solo: «Io vado a pescare», ma gli altri lo seguono: «Veniamo anche noi con te». L'evangelista prosegue scrivendo che: «quella notte non presero nulla». Perché la pesca è vana? Perché Gesù aveva detto: «Senza di me non potete far nulla» (cf Gv 15, 5). Ciò significa che non basta che sia Pietro a guidare la pesca, occorre che ci sia anche il Signore. Non è Pietro, dunque, che salva ma Cristo che salva tutti coloro che si fidano e si affidano a lui.
Quindi, dopo una notte di inutile fatica, all'alba Egli si accosta al piccolo gruppo di pescatori e ribalta la loro deludente situazione. I discepoli non sanno riconoscerlo, poiché sono ancora avvolti dalle tenebre dell'incredulità. Nonostante ciò accolgono l'invito di Gesù il quale dice: «Gettate la rete dalla parte destra della barca e troverete». Il risultato della loro pronta obbedienza è che «non riuscivano più a tirarla su per la grande quantità di pesci». È allora che il discepolo amato grida: «È il Signore!». Udita questa confessione di fede sgorgata da un cuore che ama, Pietro si sente pervaso di vergogna, e, stringendosi «la veste attorno ai fianchi, perché era svestito, si gettò in mare», mentre gli altri raggiungono la riva sulla barca. Giovanni scrive che: «Appena scesi a terra, videro un fuoco di brace con del pesce sopra, e del pane». Gesù, prosegue l'evangelista, disse loro: «Portate un po' del pesce che avete preso ora». Giovanni, scrutando in profondità l'episodio della pesca miracolosa, annota un particolare: «la rete era piena di centocinquantatré grossi pesci». Il numero centocinquantatré, nel mondo greco-romano, era il totale di tutte le specie di pesci allora ritenute esistenti. Giovanni, dunque, ci ricorda che la Chiesa è chiamata a raccogliere tutti i popoli nella fede, usando soltanto la forza dell'umiltà e dell'obbedienza alla parola del Risorto. Il nostro apostolato deve confrontarsi continuamente con questo insegnamento. Chiediamoci allora: siamo sempre obbedienti e docili alla parola del Signore? Il nostro apostolato lo svolgiamo con umiltà o con superbia?
Al termine del pasto in cui il Signore Gesù si è fatto nuovamente servo dei suoi discepoli, egli si rivolge a Pietro chiamandolo con il nome che questi aveva prima della vocazione. E lo fa ponendogli una precisa domanda: «Simone, figlio di Giovanni, mi ami più di costoro?». Il Risorto non lo sta rimproverando, ma gli sta dando la possibilità di riscattare il triplice rinnegamento, perché non rimanga nessun residuo di senso di colpa. Per tre volte, infatti, Pietro aveva negato di conoscere Gesù, e ora per tre volte il Signore lo interroga, al punto che Pietro, addolorato per questa insistenza, gli risponde: «Signore, tu conosci tutto; tu sai che ti voglio bene». Gesù allora lo riabilita, chiamandolo per tre volte a essere pastore delle sue pecore: «Pasci le mie pecore». Il rinnegamento, dunque, è avvolto dalla misericordia, e Simone torna a essere Pietro, la Roccia della Chiesa.
La storia dei Papi, che sono i successori dell'umile pescatore di Galilea, va letta sempre alla luce di questo illuminante episodio e di queste decisive parole di Gesù. Il Signore, mentre conferma Pietro nel primato, gli ricorda con quale spirito deve esercitare l'autorità nella Chiesa. Comandare significa amare e servire, per questo Pietro è il «servo dei servi di Dio» e noi dobbiamo amarlo per questo e dobbiamo aiutarlo ad amare sempre di più, affinché il suo servizio, voluto da Gesù, sia luce per la Chiesa e per il mondo.
Infine il Risorto rivela a Pietro il futuro che lo attende: «Quando eri più giovane ti vestivi da solo e andavi dove volevi; ma quando sarai vecchio tenderai le tue mani, e un altro ti vestirà e ti porterà dove tu non vuoi». Ebbene sì, Pietro glorificherà Dio accettando di essere condotto là dove non avrebbe voluto: al martirio, quando verserà il sangue per attestare la sua fedeltà a Cristo. E così risuona per lui ancora una volta la chiamata originaria del Signore: «Seguimi».
Chiediamo a Dio Padre misericordioso, affinché accresca in noi la luce della fede per poter proclamare davanti a tutti che Gesù, il Risorto, è il Signore.