TU NON PUOI
- -di Salvino Leone
Tale
iniziativa trova un recente riscontro in una nuova proposta di legge, già
approvata alla Camera con ampia maggioranza bipartisan, che modifica l’art.
609-bis del Codice penale in tema di violenza sessuale. Con tale
nuovo dispositivo di legge, ai fini del reato, viene identificata la
fattispecie dell’assenza di «consenso libero e attuale».
Si
tratta di un’importante sottolineatura che, al di là di quello che potrebbe
apparire assolutamente ovvio (senza consenso non può esservi partecipazione
consapevole e l’atto è certamente subìto), presenta però interessanti
sfumature. Ad esempio quella della possibile «interruzione» di un approccio
all’inizio consenziente ma che poi, per motivazioni che la vittima di abuso non
è tenuta a manifestare, potrebbe non essere più tale; o quella di una persona
che – pur se genericamente e precedentemente consenziente – si trovi in uno
stato di momentanea incapacità mentale (ubriachezza, uso di sostanze dopanti
ecc.) che le tolgono l’attualità di un possibile consenso.
Indubbiamente,
pur nella linearità del dettato legislativo (che peraltro applica quanto
previsto dalla Convenzione di Istanbul, entrata in vigore in Italia nel
2014), rimane la criticità della «dimostrazione», sia da parte dell’accusato
che della vittima. La fattispecie stessa del reato, infatti, è di per sé
avvolta in una sfera di riservatezza e intimità difficilmente valicabile, che
in ogni caso gli attori dell’evento tendono a confinare il più possibile nella
sfera del privato. Non sarà facile dimostrare il mancato consenso solo sulla
base della parola di uno dei due convenuti e sulla presunzione d’innocenza di
ogni potenziale colpevole.
La
questione giuridica e la questione etica
Al
di là di queste criticità, ben presenti al legislatore e che toccherà alla
prassi giurisprudenziale dipanare, il problema si pone in termini diversi sul
piano morale.
Sappiamo
bene, infatti, che ordine giuridico e ordine etico non sempre coincidono, e
questo può essere uno dei casi più emblematici. Un violentatore potrà essere
«dichiarato» innocente secondo un ordine prettamente forense, ma non esserlo
sul piano etico che deve sempre prevalere. L’assoluzione penale non sempre
coinciderà con quella morale.
In
un antico passato alcuni testi patristici e di storia ecclesiastica ricordavano
il caso di donne violentate che, per amore dei figli o per non creare ulteriori
danni, tacevano e assecondavano passivamente il violentatore, addirittura
venendo incoraggiate a farlo.
Ma
anche nel nostro recente passato, a parte casi eclatanti di violenza di gruppo
o di altri delitti efferati, la violenza entro le mura domestiche è rimasta
assolutamente nell’ombra, consentendo al maschio di continuare a vittimizzare
imperterrito le sue prede.
La
moderna sensibilità umana ed etica, pur nel valutare alcune possibili
«eccezioni», spinge invece a denunciare sempre chi ha commesso violenza, anche
se si preoccupa di salvaguardare e tutelare la vita o altri interessi di terze
persone, ma senza il colpevole silenzio nei confronti del violentatore.
In
ogni caso l’orizzonte di un’effettiva libertà relazionale anche
nell’affettività sessualmente espressa è ancora lontano dall’essere raggiunto,
ma eventi sociali come le manifestazioni di piazza o alcune opportune modifiche
legislative possono contribuire a realizzarlo e a dare il coraggio di
farlo.
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