a togliere la maschera
+ Dal Vangelo secondo Matteo - Mt 11,2-11
In quel tempo, Giovanni, che era in carcere, avendo sentito parlare
delle opere del Cristo, per mezzo dei suoi discepoli mandò a dirgli: «Sei tu
colui che deve venire o dobbiamo aspettare un altro?». Gesù rispose loro:
«Andate e riferite a Giovanni ciò che udite e vedete: I ciechi riacquistano la
vista, gli zoppi camminano, i lebbrosi sono purificati, i sordi odono, i morti
risuscitano, ai poveri è annunciato il Vangelo. Beato è colui che non trova in
me motivo di scandalo!». Mentre quelli se ne andavano, Gesù si mise a parlare
di Giovanni alle folle: «Che cosa siete andati a vedere nel deserto? Una canna
sbattuta dal vento? Allora, che cosa siete andati a vedere? Un uomo vestito con
abiti di lusso? Ecco, quelli che vestono abiti di lusso stanno nei palazzi dei
re! Ebbene, che cosa siete andati a vedere? Un profeta? Sì, io vi dico, anzi,
più che un profeta. Egli è colui del quale sta scritto: “Ecco, dinanzi a te io
mando il mio messaggero, davanti a te egli preparerà la tua via”. In verità io
vi dico: fra i nati da donna non è sorto alcuno più grande di Giovanni il
Battista; ma il più piccolo nel regno dei cieli è più grande di lui».
Commento di Salvatore Mazza
Brutto, sporco e cattivo.
San Giovanni Battista è senz’altro una delle figure di spicco nella storia
della salvezza. Di più, anzi, una figura centrale. Ma, nonostante questo, non
si può dire che abbia mai goduto di una buona stampa, per modo di dire. Citato
in mille romanzi e in innumerevoli film, è stato sempre, o quasi sempre,
ritratto come un mezzo esaltato, uno con qualche rotella fuori posto, un po’
suonato, un fondamentalista, si direbbe oggi. E, questo, lasciando perdere che
il “piatto forte” della narrazione della sua vicenda, quello più gettonato, è
comunque sempre lo stesso: la sua testa servita su un piatto d’argento da Erode
alla capricciosa Salomè. Così alla fine, tra le figure del Vangelo, quella di
Giovanni Battista forse è la più distorta. Eppure, come disse nel 2012
Benedetto XVI, «se si eccettua la Vergine Maria, il Battista è l’unico santo di
cui la liturgia festeggia la nascita, e lo fa perché essa è strettamente
connessa al mistero dell’Incarnazione del Figlio di Dio. Fin dal grembo
materno, infatti, Giovanni è precursore di Gesù: il suo prodigioso concepimento
è annunciato dall’Angelo a Maria come segno che nulla è impossibile a Dio».
Figlio di Zaccaria e di Elisabetta, parente di Maria, i genitori non credettero
subito a quella gravidanza ormai insperata. Quando nacque il bambino, gli
«dettero il nome indicato da Dio, cioè Giovanni, che significa “il Signore fa
grazia”... E quando un giorno, da Nazaret, venne Gesù stesso a farsi
battezzare, Giovanni dapprima rifiutò, ma poi acconsentì, e vide lo Spirito
Santo posarsi su Gesù e udì la voce del Padre celeste che lo proclamava suo
Figlio». Ma la missione di San Giovanni Battista non era ancora compiuta: poco
tempo dopo, infatti, «gli fu chiesto di precedere Gesù anche nella morte
violenta: Giovanni fu decapitato nel carcere del re Erode, e così rese piena
testimonianza all’Agnello di Dio, che per primo aveva riconosciuto e indicato
pubblicamente».
Quando, come nel Vangelo
di domenica scorsa, Giovanni Battista viene descritto come una persona che
«portava un vestito di peli di cammello», che il «suo cibo erano locuste e
miele selvatico» e che invitava tutti alla conversione, gli stereotipi
accennati all’inizio non possono che tornare in mente. Certo il Battista, ha
spiegato Papa Francesco domenica scorsa, all’Angelus, è «un uomo austero e
radicale, che a prima vista può apparirci un po’ duro e incutere un certo timore.
Ma allora ci chiediamo: perché la Chiesa lo propone ogni anno come principale
compagno di viaggio durante questo tempo di Avvento? Cosa si nasconde dietro la
sua severità, dietro la sua apparente durezza?». In realtà il Battista, ha
spiegato Francesco, «più che un uomo duro, è un uomo allergico alla doppiezza.
Ad esempio, quando si avvicinano a lui farisei e sadducei, noti per la loro
ipocrisia, la sua “reazione allergica” è molto forte, e ci fa riflettere. Non
siamo anche noi a volte un po’ come quei farisei? Magari guardiamo gli altri
dall’alto in basso, pensando di essere migliori di loro, di tenere in mano la
nostra vita. Dimentichiamo che soltanto in un caso è lecito guardare un altro
dall’alto in basso: quando è necessario aiutarlo a sollevarsi; l’unico caso,
gli altri non sono leciti». L’Avvento, così, è «un tempo di grazia per
toglierci le nostre maschere – ognuno di noi ne ha – e metterci in coda con gli
umili; per liberarci dalla presunzione di crederci autosufficienti, per andare
a confessare i nostri peccati, quelli nascosti, e accogliere il perdono di Dio,
per chiedere scusa a chi abbiamo offeso».
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