lunedì 10 agosto 2020

GIOVANI: COVID E VOGLIA DI VIVERE


Il Covid, la voglia di vivere dei ragazzi e i messaggi sbagliati degli adulti

Salgono a 21 i positivi tra i ragazzi veneti e lombardi tornati dalla Croazia. 
Nuovi casi anche tra chi rientra da Grecia e Albania. Ed è polemica sulla movida



 Nella mente di un adolescente c’è solo il presente. Mettere in prospettiva il tempo, vedere adesso le conseguenze che può avere domani un gesto fatto qui e ora, è molto difficile, perché è la grande conquista della maturità. Non di quella liceale, che anzi sembra essere all’origine di tanti atti di immaturità: i più giovani, reduci dall’esame di Stato, in concitato movimento per le meritate vacanze, sono oggi forse la coorte di più attivi trasmettitori indigeni del contagio.
Se prima i protagonisti nelle conferenze stampa degli scienziati erano gli «anziani con plurimorbilità», oggi i virologi parlano solo di loro: i «giovani positivi e asintomatici».
Prendersela con i ragazzi sarebbe però alquanto puerile. Sono stati buoni buoni in casa nei mesi difficili, tranquillamente indivanati, senza dar di matto; anzi, riconquistando serenità e dialogo in famiglia. Abbiamo tolto loro per mesi la scuola, unica, vera, grande scuola di vita. E poi li abbiamo ributtati nella vita di prima, dimenticando tutto il buono che era nato in quelle settimane insieme, abbandonandoli nelle mani dell’imperativo del tempo: divertiti e pensa positivo. E loro positivi diventano.
Faccio un esempio che conosco. A Ponza, magnifica isola al largo della costa laziale, ogni anno e da anni le ultime settimane di luglio sono ostaggio dei «pariolini», come i locali, con sineddoche tratta dal nome di un noto quartiere borghese della capitale, definiscono gli adolescenti romani che i genitori mandano a festeggiare la raggiunta maturità. «Mandano» è la parola chiave. Perché loro, mamma e papà, non ci vanno. È una specie di rito di iniziazione, di prima vacanza «da soli». Affittano una stanza e ci mandano i figli.
Quest’anno la movida estrema ha raggiunto un apice forse spiegabile proprio con la furia da fine del lockdown: notti violente, risse, bottiglie spaccate, un barcaiolo picchiato, pericolosi bagni notturni di gruppo nel porto tra motori e traghetti, un ragazzo in coma etilico, un altro denunciato perché fa scappare quattro amiche da un controllo anti-Covid, perfino un mega-assembramento con cori e senza mascherina davanti alla caserma dei carabinieri. Il sindaco ha provato con le ordinanze di impedire ai locali di affittare stanze a ragazzi non accompagnati da adulti, o ai bar di servire alcolici ai minori. Ma a diciotto anni puoi fare tutto, e di solito lo fai. Se hai in tasca i soldi per pagartelo. A chi dareste la colpa? A loro, i ragazzi? O ai genitori (qualcuno dei quali spero mi stia leggendo)?
I giovani fanno tutto quello che è socialmente ammesso, più qualcosa di più. Siamo noi adulti che creiamo la «bolla» culturale entro cui si muovono. Voglio dire che è difficile dire a un giovane che non si deve divertire in vacanza quando sente continuamente parlare di bonus vacanze e di bonus consumi. Quando intorno a lui tutti si comportano, più o meno, come se nulla fosse stato.
Una ragazza padovana, di ritorno col virus dalla vacanza organizzata in Croazia, lo ha raccontato ieri al Corriere: «La situazione sembrava essere così tranquilla, nessuno portava la mascherina, né gli animatori, né il conducente dell’autobus. Ci siamo fatte condizionare». Si sono fatte contagiare. Perché i ragazzi saranno anche difficili da capire, ma sono molto facili da condizionare: nel male, certo, ma forse anche nel bene. E noi «grandi», invece di provare a guidarli nella direzione migliore, tentiamo di cavarcela spesso con soluzioni un po’ ipocrite, come quella delle discoteche chiuse ma aperte se «en plein air», con la pretesa di due metri di distanza sulla pista da ballo e mascherina al bancone del bar. Quando la vita di un ragazzo in vacanza è tutta una discoteca, e basta un wi-fi per trasformare qualsiasi rotonda sul mare in un grande Papeete.
Invece ci toccherebbe — ci tocca — parlare, spiegare, argomentare, ripetere, suggerire, condividere uno stile di vita adeguato al rischio che ancora corriamo. Forse ci tocca fare le vacanze con i figli ancora per un anno.
Forse la festa della maturità raggiunta non può ancora cominciare. Cari ragazzi, freschi di Manzoni: «Adelante, con juicio».




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