sabato 4 aprile 2020

RIVESTITI DI CRISTO !

Visualizza Mt 26,14-27,66

Commento di don Roberto Seregni 

Dopo una quaresima davvero indimenticabile, siamo arrivati alla domenica delle Palme. Quest'anno non sventoleremo rami di ulivo, ma le nostre paure e le nostre solitudini; non faremo processioni verso le nostre chiese, ma santificheremo con pazienza e amore i corridoi e le stanze delle nostre case; non potremo riunirci come comunità, ma potremo trasformare le nostre case in chiese domestiche in ascolto della Parola.
Quest'anno il Signore ci chiama a una profonda conversione per vivere questa Settimana Santa “rivestiti di Cristo” (Rm 13,14) in comunione con tutti quelli che stanno lottando, soffrendo e sperando.
Vorrei fermare la vostra attenzione sull'iscrizione posta sulla Croce di Gesù:“Costui è Gesù, il re dei Giudei”. È vero: Gesù è re, ma è un re completamente diverso dalle attese dei suoi discepoli. Un re che sorprende. Un re che dobbiamo ancora imparare a conoscere, a amare, a contemplare.
É un re che entra a Gerusalemme non con un cocchio regale, ma con un asinello dato in prestito.
È un re che tra il tradimento di Giuda e l'annuncio del rinnegamento di Pietro, dona tutto se stesso nel pane spezzato e nel calice della nuova alleanza.
É un re che si spoglia delle sue vesti e tra gli sguardi sbigottiti dei presenti si mette in ginocchio e inizia a lavare i piedoni dei dodici discepoli.
É un re fragile e indifeso come ogni uomo.
É un re solo, abbandonato dai suoi amici.
É un re senza trono e senza scettro, nudo e irriconoscibile, appeso ad una croce.
É un re che ha bisogno di un cartello per essere riconosciuto.
È un re che muore nella piú completa solitudine, come sono morti tutti gli infettati del coronavirus.
Questo è senza dubbio uno dei tratti piú misteriosi e stupendi della Croce: Gesù condivide l'abbandono, la solitudine, la povertà e la morte con tutti i crocifissi della storia. Gesù non ci salva dalla morte, ma nella morte, ci salva condividendo radicalmente la nostra povertà e fragilità. Questa è la grandezza dell'amore di Gesù. La sua debolezza è il segno piú luminoso della potenza del suo amore.



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