Domenica delle Palme (Anno A) (05/04/2020)
Visualizza Mt 26,14-27,66
Commento di don Roberto Seregni
Dopo una quaresima davvero indimenticabile, siamo arrivati alla domenica
delle Palme. Quest'anno non sventoleremo rami di ulivo, ma le nostre paure e le
nostre solitudini; non faremo processioni verso le nostre chiese, ma
santificheremo con pazienza e amore i corridoi e le stanze delle nostre case;
non potremo riunirci come comunità, ma potremo trasformare le nostre case in
chiese domestiche in ascolto della Parola.
Quest'anno il Signore ci chiama a una profonda conversione per vivere
questa Settimana Santa “rivestiti di Cristo” (Rm 13,14) in comunione con tutti
quelli che stanno lottando, soffrendo e sperando.
Vorrei fermare la vostra attenzione sull'iscrizione posta sulla Croce di
Gesù:“Costui è Gesù, il re dei Giudei”. È vero: Gesù è re, ma è un re
completamente diverso dalle attese dei suoi discepoli. Un re che sorprende. Un
re che dobbiamo ancora imparare a conoscere, a amare, a contemplare.
É un re che entra a Gerusalemme non con un cocchio regale, ma con un
asinello dato in prestito.
È un re che tra il tradimento di Giuda e l'annuncio del rinnegamento di
Pietro, dona tutto se stesso nel pane spezzato e nel calice della nuova
alleanza.
É un re che si spoglia delle sue vesti e tra gli sguardi sbigottiti dei
presenti si mette in ginocchio e inizia a lavare i piedoni dei dodici
discepoli.
É un re fragile e indifeso come ogni uomo.
É un re solo, abbandonato dai suoi amici.
É un re senza trono e senza scettro, nudo e irriconoscibile, appeso ad
una croce.
É un re che ha bisogno di un cartello per essere riconosciuto.
È un re che muore nella piú completa solitudine, come sono morti tutti
gli infettati del coronavirus.
Questo è senza dubbio uno dei tratti piú misteriosi e stupendi della
Croce: Gesù condivide l'abbandono, la solitudine, la povertà e la morte con
tutti i crocifissi della storia. Gesù non ci salva dalla morte, ma nella morte,
ci salva condividendo radicalmente la nostra povertà e fragilità. Questa è la
grandezza dell'amore di Gesù. La sua debolezza è il segno piú luminoso della
potenza del suo amore.
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