Il Rapporto prende in
considerazione vari aspetti del mondo dell'istruzione, dalla scuola all'università.
E l'Italia non ne esce benissimo a partire dalla spesa in istruzione, tra le
più basse, e dalla quota di giovani Neet che cresce e che preoccupa. Ecco
alcuni punti del Rapporto Ocse in sintesi.
Giovani neet
Non studiano, non lavorano, non risultano
in formazione. Si chiamano Neet (l'acronimo sta per Not Engaged in Education, Employment or Training) e l'Italia
registra la terza quota più elevata di giovani in queste condizioni tra i Paesi
dell'Ocse: il 26% dei giovani di età compresa tra 18 e 24 anni è Neet, rispetto
alla media Ocse del 14%. L'Italia e la Colombia sono gli unici due Paesi con
tassi superiori al 10% per le due categorie (inattivi e disoccupati) tra i
18-24enni. Circa l’11% dei 15-19enni sono Neet, ma questa quota triplica per i
20-24enni, raggiungendo il 29% per le donne e il 28% per gli uomini nella
classe d’età in cui inizia la transizione verso l’istruzione terziaria e il
mercato del lavoro. Sebbene il livello d’istruzione sia più alto tra le donne,
il tasso di giovani Neet aumenta fino al 37% per le donne di età compresa tra i
25 e i 29 anni e scende al 26% per gli uomini della stessa coorte.
La spesa in istruzione
L'Italia spende circa il 3,6% del
suo Pil per l'istruzione dalla scuola primaria all'università, una quota inferiore
alla media Ocse del 5% e uno dei livelli più bassi di spesa tra i Paesi
dell'Ocse. La spesa è diminuita del 9% tra il 2010 e il 2016 sia per la scuola
che per l'università, più rapidamente rispetto al calo registrato nel numero di
studenti, che è sceso dell'8% nelle istituzioni dell'istruzione terziaria e
dell'1% nelle istituzioni dall'istruzione primaria fino all'istruzione
post-secondaria non terziaria. La quota del finanziamento privato
nell'istruzione terziaria è lievemente superiore in Italia (36%) rispetto alla
media dei Paesi dell'Ocse (32%). Tra le fonti pubbliche, le amministrazioni
regionali e locali contribuiscono a una piccola quota del finanziamento
dell'istruzione non terziaria (5% dall'amministrazione regionale e 8% dalle
amministrazioni locali); le amministrazioni regionali contribuiscano al 18% del
finanziamento pubblico per l'istruzione terziaria.
La spesa per studente spazia da
circa 8 000 dollari statunitensi nell’istruzione primaria (94% della media
Ocse) a 9 200 dollari statunitensi nell’istruzione secondaria (92% della media
Ocse) e 11 600 dollari statunitensi nei corsi di studio terziari (74% della
media Ocse) o circa 7 600 dollari statunitensi se si esclude la spesa per
ricerca e sviluppo. Le famiglie contribuiscono al 5% del finanziamento totale
dell’istruzione dalla scuola primaria alla scuola post-secondaria non terziaria
e al 30% al livello d’istruzione universitaria.
Il primato sull'infanzia
Il tasso d'iscrizione scolastica
dei bambini di età compresa tra i 3 e i 5 anni è del 94%, un valore superiore
alla media Ocse. Insomma è piena scolarizzazione sin dai tre anni. L'istruzione
nella scuola dell'infanzia (pre-primaria) è principalmente erogata dal settore
pubblico, con il 72% dei bambini iscritti presso istituti pubblici. Nelle
scuole dell'infanzia il numero di bambini per maestra si attesta a 12, rispetto
alla media Ocse di 15.
L'Italia spende circa 7.400
dollari statunitensi per allievo nelle scuole pre-primarie, circa 1.000 dollari
statunitensi in meno rispetto alla media Ocse di 8.350 dollari statunitensi. A
questo livello d'istruzione la spesa complessiva è stata pari allo 0,5% del
prodotto interno lordo (PIL) nel 2016, la stessa quota del 2012. La spesa
privata è stata pari al 12% del totale delle risorse finanziarie a questo
livello, mentre l'88% residuo è stato finanziato da fonti pubbliche.
"Più incentivi per laurearsi"
Siamo fanalino di coda per numero
di laureati. Il grido d'allarme risuona da tempo: il 19% dei 25-64enni hanno
un’istruzione terziaria conferma anche in questo Rapporto l'Ocse contro una
media del 37%. Unico dato positivo è che la quota di laureati è in aumento per
le generazioni più giovani. La quota di giovani adulti (di età compresa tra i
25 e i 34 anni) che hanno un titolo di studio di istruzione terziaria - si
legge - è più elevata e ha raggiunto il 28% nel 2018 (34% per le giovani
donne), nonostante il tasso di occupazione dei 25-34enni con un titolo di
studio terziario sia del 67%, rispetto all’81% dei 25-64enni.
Le lauree di secondo livello sono
relativamente apprezzate: si stima che il 22% degli italiani dovrebbe
iscriversi a un corso di studio di secondo livello prima di aver compiuto 30
anni, rispetto al 14% in media tra Paesi dell’Ocse. In Italia, chi arriva a una
laurea di primo livello (tasso di conseguimento: 31%) ha maggiori probabilità
di iscriversi a un corso di laurea di secondo livello rispetto ad altri Paesi
dell’Ocse. Il tasso di diploma al secondo livello in Italia ha raggiunto il 22%
nel 2017 (media: 18%).
In Italia, gli adulti con un
titolo di studio universitario nelle discipline scientifiche (scienze,
tecnologia, ingegneria e matematica) registrano tassi di occupazione prossimi
alla media Ocse: questo è il caso per le tecnologie dell’informazione e della
comunicazione (87%), ingegneria, industria manifatturiera ed edilizia (85%). La
quota di adulti con un’istruzione terziaria in ingegneria, industria
manifatturiera ed edilizia è comparativamente bassa (15%), sebbene sia
leggermente più alta tra i neo-laureati (17%). Il tasso di occupazione è
inferiore per gli adulti laureati nelle discipline artistiche (72%) o
umanistiche (78%), sebbene l’Italia registri la seconda quota più alta (29%) di
adulti laureati nelle discipline artistiche e umanistiche, in scienze sociali,
giornalismo e nel settore dell’informazione tra i Paesi dell’Ocse.
La laurea conviene. In Italia, gli
adulti con un’istruzione universitaria guadagnano il 39% in più rispetto agli
adulti diplomati, rispetto al 57% in più, in media, nei diversi Paesi
dell’Ocse.
Università gratuita: crescono gli esonerati
Le tasse universitarie in Italia
sono più elevate rispetto a molti altri Paesi europei e sono simili al livello
delle tasse universitarie dei Paesi Bassi e della Spagna, ma inferiori a quelle
dell’Inghilterra e della Lettonia. Nell’ultimo decennio, le tasse universitarie
al primo livello sono aumentate meno che in altri Paesi Ocse e la quota di
studenti che ricevono aiuti finanziari in forma di esenzione totale dalle tasse
universitarie è cresciuta, grazie alla legge sulla No Tax area, dal 17% al 39%.
Da Repubblica
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