VIII
Domenica del Tempo Ordinario C
Lc
6,39-42
Commento di S.B. Pierbattista Pizzaballa, Patriarca L. di Gerusalemme
Nel
suo “Discorso della pianura”, l’evangelista Luca inserisce queste parole di
Gesù sulle guide cieche (Lc 6,39-42) che Matteo colloca in una sezione diversa
del suo Vangelo, e non nel parallelo Discorso della Montagna.
Proviamo
a ripercorrere il discorso di Gesù.
All’inizio
ha posto le beatitudini (Lc 6,20-25), ovvero l’annuncio di un mondo nuovo, dove
non c’è più chi domina e chi subisce, chi comanda e chi sopporta; non ci sono
più i primi e gli ultimi. È l’annuncio di un mondo dove spariscono le categorie
tradizionali che vogliono il mondo diviso in due, un mondo in cui qualcuno è
considerato grande, e qualcuno considerato piccolo.
Il
discorso prosegue annunciando una nuova modalità di relazione tra le persone,
che non può essere se non quella dell’amore reciproco, del perdono, della
misericordia: “Amate i vostri nemici…. Siate misericordiosi… non giudicate…”
(Lc 6, 27-38). Solo l’amore, infatti, è capace di abolire le categorie, di
mettere tutti sullo stesso piano: ogni uomo, ugualmente, è degno di amore e
degno di stima.
La
sezione di oggi continua in questa direzione, e pone un esempio concreto di
quanto Gesù ha detto finora.
Infatti,
un modo per porsi sopra gli altri, di confermare le categorie che dividono le
persone in due mondi separati, è quello di dividere il mondo in giusti e
peccatori, in persone corrette e persone che sbagliano.
Gesù
racconta una parabola (“Disse loro anche una parabola: «Può forse un
cieco guidare un altro cieco? Non cadranno tutti e due in un fosso?” -
Lc 6,39) in cui vediamo un cieco che si offre di guidare un altro cieco. Ci
sono due persone, unite dallo stesso problema: sono cieche.
Una,
però, non riconosce il proprio problema, e prende le distanze dall’altra, pone
una distinzione: si pone in qualche modo sopra, e decide di fare da guida, da
accompagnatore, mentre lui stesso avrebbe bisogno di esser guidato.
Così
è per chi si arroga il diritto di correggere gli altri, di far notare all’altro
i suoi difetti: si pone dalla parte di chi non sbaglia, e divide il mondo in
due. Si pone sopra l’altro.
Che
ciascuno di noi può essere una luce per il proprio fratello e la propria
sorella in difficoltà, ad una condizione. La condizione è quella di
riconoscersi solidale nel limite, ugualmente bisognoso di salvezza.
E
questo perché solo chi per primo ha sperimentato la misericordia del Padre su
di sé può veramente amare l’altro senza presunzione e senza autosufficienza,
nella verità. Solo chi per primo ha sofferto il dolore del proprio peccato avrà
cura e tenerezza per non giudicare, per non rinchiudere i fratelli nella
categoria degli sbagliati e dei perdenti.
Un
mondo nuovo, dove si superano le distinzioni e le barriere e si vive da
fratelli, chiede uno sguardo nuovo e parole nuove.
È
proprio quello che Gesù dice alla fine del brano di oggi: le parole
sovrabbondano dal di dentro, dal cuore, ed esprimono il mondo interiore che
nutriamo dentro di noi (“Come puoi dire al tuo fratello: “Fratello,
lascia che tolga la pagliuzza che è nel tuo occhio”… Togli prima la trave
dal tuo occhio e allora ci vedrai bene per togliere la pagliuzza dall’occhio
del tuo fratello” - Lc 6,42).
Un
cuore buono non è un cuore che non sbaglia, ma, al contrario, è un cuore che
accetta di essere continuamente salvato, che ricomincia sempre a costruire il
mondo delle beatitudini, dove si prova a non cadere nella tentazione di chi si
sente diverso e migliore.
Infine,
la buona notizia di oggi, a questo proposito, sta al v. 40, dove Gesù dice che
“ognuno”, che sia ben preparato, può essere guida e luce per altri: “Un
discepolo non è più del maestro; ma ognuno, che sia ben preparato, sarà come il
suo maestro.”
“Ognuno”
è già una parola che esce da categorie, distinzioni e discriminazioni: la
possibilità di essere luce è donata a tutti. Si tratta solo di essere “ben
preparati”, che non significa essere persone che hanno imparato qualcosa come
si impara una lezione a scuola. È ben preparato chi accetta di rimanere un
discepolo (Lc 6,40): solo così, rimanendo discepoli, si diventa maestri.
Chi
rimane discepolo è come un uomo che, costruendo la sua casa, ha scavato molto
profondo, sulla roccia (Lc 6,48).
Nessun commento:
Posta un commento