DELLA
SAPIENZA
-
di Rosanna Virgili
-
In
tempi di sbandamento diffuso, c’è una materia prima di cui si avverte
acutamente il bisogno e che però proprio quando necessiterebbe disporne ci si
mostra come una risorsa a lungo trascurata. Mentre abbondano la violenza
praticata ed esibita, il disprezzo per il senso comune, l’indifferenza persino
vantata verso lo spirito comunitario e il dialogo civile a vantaggio
dell’affermazione di sé e del proprio interesse, affiora prepotente un’arsura
che ci divora quanto più sconcertante si fa la realtà: non di una risposta
pronta e polemicamente all’altezza della provocazione abbiamo sete, ma di sapienza.
Sapienza
Parolona
persino pretenziosa – ci accontenteremmo di molto meno... –, tanto in là ci
siamo inavvertitamente spinti sotto l’incalzare dello spirito contrappositivo
che avvelena il confronto pubblico, con l’aggiunta degli eccessi verbali e
simbolici imposti da una retorica muscolare. Colpa di chi? Non interessa qui
fare il processo dei colpevoli di questa caligine che si è stesa sul confronto
con quel che ci accade attorno, ognuno potrebbe proporre un suo valido elenco
di imputati. Il problema semmai è allo specchio: dov’è finita la nostra
capacità di giudizio critico e libero davanti alle cose, se anche noi ci
lasciamo trascinare dal mercato al ribasso delle idee, come se tutto finisse
lì, nella mischia dei consumi e delle liti? Ci vuole un pensiero, certo, e su
queste pagine cerchiamo di proporlo a cadenza quotidiana. Ma serve soprattutto
chi ci spinga a tornare nel profondo del nostro sentire, giudicare e anche
credere, fino alle sorgenti del pensiero e della parola, là dove sgorga ancora
un rivolo di sapienza. A evocarci questa necessità è la nostra radice biblica –
si abbia fede o meno –, e forse è proprio un certo analfabetismo scritturistico
a renderci poco familiare la frequentazione con la sapienza, come fosse
un’estranea, ormai.
A
sapere chi è e dove ci attende ora è proprio “una di casa”: ce lo ricorda, con
la sua prosa colta e amichevole, Rosanna Virgili, che su questo giornale per
mesi ha tenuto una sua “cattedra della sapienza”, in due tappe: dapprima con
una serie in sei puntate sul “Corpo e la Parola” nell’estate 2023, e poi,
riprendendo il filo di quella riflessione sull’autoesaltazione umana e la
consapevolezza del limite che proprio nel corpo trova la sua evidenza,
attraverso una nuova successione (domenicale, come la precedente) di ben dodici
“lezioni” dal luglio all’ottobre 2024 e la scelta di un tema ( Al
cuore della sapienza) che oggi va a dare il titolo raccolta
completa di tutti e diciotto i saggi brevi firmati dalla biblista e teologa
marchigiana, apprezzatissima editorialista del nostro quotidiano, tra le voci
più autentiche e coinvolgenti dell’esegesi e del pensiero credente al cospetto
della contemporaneità, con tutto il suo groviglio di bellezze commoventi e di
spaventosi disastri. Edita da Vita & Pensiero nella collana “Pagine prime”
realizzata insieme ad Avvenire (pagine 124, euro 13,00),
quest’opera non è semplicemente la collazione degli articoli pubblicati – e già
questo avrebbe il suo merito, potendone cogliere in uno sguardo l’ambizione di
pensiero – perché una lettura sequenziale ce la presenta come fosse in un veste
tutta nuova. Se i singoli articoli coglievano infatti al volo – nello stile
colloquiale e realistico di Virgili – spunti dal clima e dalla cronaca dei
giorni in cui erano nati, la loro lettura collettiva adesso ci offre proprio
ciò di cui abbiamo lamentato la mancanza, e prima ancora la coscienza
improvvisa: che è di sapienza oggi che abbiamo disperato bisogno. Potremmo
fermarci qui, e ne avremmo a sufficienza per ringraziare la biblista che ci
incoraggia a dipanare la matassa del pensiero riportandoci alla “intelligenza
della vita” come a un luogo dove tutto ritrova un senso. Ma c’è molto di più in
questo succedersi di originali riflessioni che si leggono col piacere di un
editoriale ricco di citazioni e di “sguardi in macchina”, a cogliere ogni volta
una sintonia di emozioni col lettore. Intrecciando la Scrittura e le
contraddizioni del nostro mondo, la Parola che resta e quelle che volano,
Virgili ci parla anzitutto «dell’umano nelle sue forme e posture fisiche e
affettive» a partire dall’«inestricabile intreccio tra fango e soffio, tra
carne e anima». È solo qui che possiamo cogliere davvero la dimensione della
nostra realtà creaturale, che «esalta l’umano fatto a immagine e somiglianza di
Dio» ma allo stesso tempo deve fare i conti con l’invincibile vulnerabilità
della nostra natura che ci «chiede inevitabilmente conto della sua debolezza
legata proprio al suo essere corpo, vale a dire esposto – a differenza di Dio –
anche alla malattia, alla decadenza e allo sfiguramento».
La
debolezza della malattia
Limite quasi intollerabile, quanto più l’umanità avanza nello sviluppo dell’intelletto e della padronanza delle forze del mondo: l’essere umano «può mettere a frutto l’eredità di quella conoscenza che ha portato con sé uscendo dall’Eden e usarla per sfidare la morte». Tutti i saperi umani sono messi così al servizio della battaglia contro la finitezza: «Il desiderio di vincere la morte – nota Rosanna Virgili – si scontra sempre con i limiti del corpo», con una insofferenza che induce a esaltare la biologia, quasi fosse solo lì il campo di battaglia per spuntarla sulla fine già segnata, e insieme a «vincere i limiti» della corporeità «sperimentando con curiosa avidità nuovi ambienti vitali, quelli dell’inforsfera e del metaverso; producendo delle esperienze di vita virtuale, alleggerite dal “peso” del corpo», fino al tentativo di «sostituire ai nostri coralla pi quelli dei robot che, muniti di una memoria e di un’intelligenza artificiali, potrebbero superare in larga parte quelle impotenze tipicamente umane». Questo naturale «desiderio di superare i limiti del corpo» è accolto e sublimato in chiave soprannaturale dai sacramenti, che Virgili propone come risposta definitiva a una umanità che «azzera la trascendenza con gli occhi ciechi di chi non vede oltre la superficie delle cose. E del corpo». Indizi di sapienza, che si rinvengono lungo le “lezioni” della biblista anche considerando altre forme di riappropriazione dell’umano salvato dalla sua pretesa di “essere tutto” (grottesca finzione che va in scena in molteplici forme nella cronaca quotidiana): dalla riconquista della bellezza («sbocciata dall’incontro di due sguardi, sembra essere la gestante, la conchiglia del corpo») alla riscoperta dell’altro («senza mettersi in relazione l’identità muore di smarrimento»), e poi la libertà, la dignità femminile, la carne talmente poco “finita”
Lo sguardo cristiano
Lo
sguardo cristiano, nutrito dalla radice biblica, torna con il suo potenziale di
scuotere la persuasione che non ci sia nulla oltre la volontà umana di potere e
di conoscenza. Ed è qui che il navigatore indica la strada della sapienza,
invisibile finché eravamo ostaggio dell’apparenza. Il salto di un anno da una
serie di articoli all’altra è chiuso dal libro con il semplice volgere di una
pagina oltre la quale si va, una meditazione dopo l’altra, verso il “cuore”
della sapienza, «un affaccio – così lo definisce Virgili – su una dimensione
del tutto preminente dell’umano biblico che è l’esercizio dell’intelligenza e
della scienza, l’educazione alla conoscenza e alla sapienza», autentica
«peculiarità umana» che ci rende più “persone” (e meno esecutori di algoritmi).
Nel viaggio l’esegeta ci porta dentro «testi biblici dove viene indicata la Via
della Sapienza, maestra di tutte le arti e di ogni creatività, a cominciare da
quella politica».
È
con la sua stessa Sapienza che il Creatore conferisce la dimensione umana di
ogni realtà costituendo un luogo nel quale possiamo abitare in armonia tra noi
e il mondo. Nell’incessante operare di Dio «vengono stabiliti i confini di
tutte le creature» e «si rivela la ragione e il fine delle stesse: «La Sapienza
personificata – nota Rosanna Virgili – è maestra di scienza e di tecnica, di
vita e di futuro, di giustizia e di fraternità, nella costruzione della “città”
terrena ». Dentro il frastuono del «selfismo solitario, predicato dell’“io”,
del “mio”, del “tutto e solo per me”, del “mi voglio bene”, del “per
realizzarmi” », c’è una voce che ci richiama a tornare in noi stessi smettendo
di «sconfinare da sé per togliere anche a Dio la sua distanza »: se la udiamo
bene, ci sta domandando «“volete andarvene anche voi?”. Se non altro perché non
si intravede una “casa” migliore – conclude la nostra biblista –, conviene,
come Pietro, provare a restare». Ed è proprio qui che la sapienza, forse, ci
stava aspettando.
Nessun commento:
Posta un commento