domenica 26 gennaio 2020

ADOLESCENTI, L'ARTE DI ACCOMPAGNARLI


Servono più genitori ed educatori 
e meno psichiatri

 


Bellezza, denaro, morte, corpi, vecchiaia, attesa, le droghe che sono una maschera. Lo psichiatra racconta con onestà gli adolescenti di oggi. «La soluzione migliore per lavorare con loro è accettare e dire che non sappiamo chi sono. E aggiungo: essere adolescenti significa, prima di tutto,"essere contro". Preoccupatevi quindi di quelli che non hanno conflitti»

 

Vittorino Andreoli, psichiatra, è intervenuto durante il seminario “Adolescenti e dipendenze” organizzato dalla Fondazione Exodus di don Mazzi. Andreoli restituisce un’immagine degli adolescenti inedita. E per farlo parte della dipendenza: «Il problema della dipendenza è grande. Ma per parlarne dovremmo partire dalla nostra vita e della società, solo così possiamo capire quella dei nostri figli».
Chi sono gli adolescenti di oggi?
Non c’è nessuna dottrina in grado di spiegare chi è l’adolescente. Vive dentro la società ma muta continuamente. La soluzione migliore per lavorare con loro è accettare e dire che non sappiamo chi sono, solo cosi potremmo conoscerli meglio. Poi, bisogna guardare all’adolescenza nel mondo e nell’ambiente. Non è possibile separare i ragazzi, decontestualizzarli. Mi chiedete chi sono gli adolescenti? Per me giovani che vivono in un’età difficile ma piena di fascino e che meritano di essere non aiutati ma capiti. Io non ho formule, sia chiaro, ma solo alcune considerazioni.
Quali?
La prima – fondamentale – è che l’adolescenza non è una malattia. Sembrerà banale sottolinearlo, ma ormai c’è la tendenza a considerarla tale appena si presenta un problema, anche minimo. L’adolescenza è una fase dell’esistenza che ha delle caratteristiche precise. Come la vecchiaia d’altronde, che pure è una fase straordinaria dell’esistenza con caratteristiche proprie da cui non bisogna scappare, anzi bisogna viverle perché hanno grande senso e valore nel mondo sociale. Ecco la vecchiaia c’entra molto con l’adolescenza. Questi giovani hanno bisogno dei vecchi, del rapporto con i nonni: perché la figura del nonno rappresenta la storia e bisogna far sentire all’adolescente che anche lui si inserisce in una storia, e la storia si capisce solo in relazione a chi è più grande. Adolescenza e vecchiaia non sono diversissime tra loro.
In alcuni adolescenti la bellezza è diventata un trauma. Se non sei bello sei da buttare.
Da cosa è caratterizzata questa età?
Essere adolescenti significa, prima di tutto, essere contro. E questo dipende da una percezione del mondo che vorrebbero diverso. Ma non perché non gli piaccia la famiglia, la mammà, il papà, o la casa. Ma perché in qualche modo devono trovare un equilibrio, una sincronia tra il loro mondo che sta cambiando e quello che hanno attorno. “Sono contro” perché non si sentono più simmetrici: l’adolescenza è una metamorfosi. E sono conviti che sia il modo a dover cambiare e non loro ad aspettare di cambiare, di trasformarsi appunto.
Non sanno aspettare?
Bisogna amarla l’attesa. Oggi, e questo non riguarda più solo gli adolescenti, nessuno sa più aspettare. Si vuole tutto subito. Invece l’attesa vuol dire poter vedere che cos’è la crescita, la curiosità. Attesa significa saper immaginare. Quello che dobbiamo insegnare è la pazienza. Ma “essere contro” non significa conflitto, non è una patologia. Abbiamo considerato il conflitto una patologia per molti anni. Senza accettare che esiste anche un conflitto positivo, che alla fine è quello che si verifica con più frequenza negli anni dell’adolescenza. “Essere contro” è fondamentale, preoccupatevi di quelli che non hanno conflitti.
Quali sono le altre possibilità?
Poi ci sono le adolescenze difficili e quelle malate, ma non sono la regola. È questo che dobbiamo capire.
In quanti modi si può essere contro?
Io ne riconosco tre. Utilizzando la trasgressione, i ragazzi che seguono le regole e in maniera ritmica le infrangono per poi rientrarci. Poi si può essere oppositivi. Oppositivo è il ragazzo che dice sempre no a tutto, dice di no anche quando vorrebbe dire sì. L’opposizione è una dipendenza al contrario e in questo caso il ragazzo va aiutato.
Le droghe sono le maschere che gli adolescenti usano perché non si piacciono, con le droghe l’adolescente si percepisce diverso
Vittorino Andreoli
Come si supportano i ragazzi durante gli anni dell’adolescenza?
Nella nostra società c’è bisogno di sicurezza. La nostra è la società della paura. Ogni giorno ci facciamo sollecitare, oltre che da quella esistenziale, anche da tante altre paure. La paura è uno strumento difensivo che ci permette di riconoscere i rischi ma noi la stiamo esasperando. E allora come facciamo da insicuri a supportare gli adolescenti nelle loro insicurezze? Nell’adolescente l’insicurezza ha una via potentissima e privilegiata.
E il rapporto con le dipendenze?
Tutto è cambiato e continua a cambiare velocemente. In 10 anni si sono diffuse altre 600 nuove sostanze. E il rapporto tra gli adolescenti e le sostanze è molto cambiato.
In che senso?
Partiamo dalla bellezza, occupiamoci della bellezza. Ormai è diventata un trauma. Una specie di imperativo. Se non sei bello sei da buttare. Ma sentirsi orrendi è la condizione più ricorrente nell’adolescenza. Proprio perché è una condizione di trasformazione. E gli adolescenti non sanno come cambierà il corpo e se sarà uguale all’immagine stabilita dai giornali di moda. Domina la bellezza di superficie in questa società dei sacerdoti della dieta. Questa società sta ossessionando l’adolescenza. Ma la bellezza è un’altra cosa. C’è la bellezza del modo di fare, del sorriso, dello sguardo. Quindi per evitare che i ragazzi cadano nel circolo delle dipendenze, la prima cosa, è aiutarli parlando con loro della bellezza. Discutere con loro su che cos’è essere belli. Altrimenti si corre il rischio di buttarsi via, e ci sono tanti modi per farlo: usando le sostanze per non sentirsi più brutti, bere cinque bicchieri di vino alla volta perché così si sballano e non si sentono più preoccupati per il naso o non so che cosa. Il secondo tema è il denaro, che è un vero problema per l’adolescente. Perché se non hai quei venti euro li devi avere, diventa una questione di vita o di morte, di morte sociale. Poi se non hai denaro e avverti la bruttezza è difficile girare per strada. Ci sono persone brutte che vogliono morire e la droga si inserisce in questo malessere per essere la maschera. Le droghe sono le maschere che gli adolescenti usano perché non si piacciono, con le droghe l’adolescente si percepisce diverso. Attenua il dolore. La terza parola è la morte. Non si parla mai di morte, la morte è un tabù. Eppure se parliamo di morte possiamo spiegare ai ragazzi che cosa significa essere in questo mondo, e che la vita è un’esperienza straordinaria, basta superare delle difficoltà e non credere che tutto sia legato al denaro.
Dobbiamo dire della bellezza di vivere, raccontare la gioia di vivere. L’amore è una grande cosa e anche il corpo è una cosa meravigliosa, le persone con il corpo si devono amare. Il corpo l’ha dato il Padreterno quindi basta con questi tabù. Basta vederlo come qualcosa di osceno. Il corpo è un’espressione straordinaria, gli educatori la devono raccontare questa cosa ai loro ragazzi. Perché non dire dell’umanità straordinaria e della bellissima storia di essere amati e che se perdiamo – attraverso le sostanze – la sensazione della nostra fragilità queste cose non possiamo ricordarcele.

Testo raccolto durante il seminario “Adolescenti e dipendenze” organizzato dalla Fondazione Exodus di don Mazzi



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