giovedì 24 aprile 2025

SETE DI LIBERTA'

 La Resistenza 

non finisce mai e non ha confini,

 i ladri di libertà ci sono sempre

 

-         di Salvatore Parlagreco 

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Il 25 aprile non è solo la conquista della libertà e della democrazia in Italia, la Resistenza dei partigiani italiani non è solo anniversario e memoria civile di un popolo di uomini e donne che diedero la vita per c riprendersi il Paese usurpato dai nazifascisti; il 25 aprile è anche, o dovrebbe essere anche, la Festa della Liberazione da ogni usurpatore di diritti umani. C’è un obbligo morale per chi festeggia il 25 aprile, l’obbligo di testimoniare a coloro che sono morti per la democrazia e la libertà, il sostegno, la fratellanza, la solidarietà attiva.

Tacere sulla Resistenza del popolo ucraino segnala una imperdonabile omissione, una visione riduttiva e angusta, un intollerabile vulnus ai valori di quella lotta per la libertà.

Come si può testimoniare la Festa della Liberazione senza sentirsi, con il  cuore e con la mente, vicini a quanti, non solo in Ucraina, ma ovunque nel mondo, danno tutto, anche la vita, per la difesa di valori e diritti, che danno dignità alla esistenza degli uomini e delle donne? 

Chi celebra la Liberazione e su chi oggi combatte per la propria indipendenza, democrazia, dignità umana, tradisce quello stesso spirito che afferma di onorare. Non basta sventolare la bandiera il 25 aprile se poi si resta silenti. Il 25 aprile non è una commemorazione da cartolina, né un semplice appuntamento del calendario civile. È un giuramento rinnovato, un patto vivo tra generazioni che si sono consegnate la fiaccola della libertà, del coraggio, della resistenza alle ingiustizie. I partigiani di libertà devono sostenere la Resistenza ovunque si manifesti oggi. Ignorarla, sminuirla è tradire la nostra.

L’Ucraina, come altre nazioni aggredite, è diventata terreno di una nuova resistenza: non retorica, ma fatta di fango, sangue, madri che piangono figli caduti, città distrutte, e milioni di persone costrette a scegliere se arrendersi o morire liberi. Mezzo milione di vite spezzate non possono essere ignorate nel nome di un malinteso “equilibrio” o di un pacifismo astratto e inerte, che nella pratica si trasforma in complicità con l’usurpatore. Chi oggi si rifugia nel silenzio o in una neutralità sterile, non è un pacificatore. Diviene un complice, magari inconsapevole, ma pur sempre complice dell’aggressione.

Il 25 aprile è anche oggi. È adesso. È in ogni trincea, in ogni strada bombardata, in ogni grido che chiede aiuto e libertà. 

Chi tace, chi relativizza, chi equidista, ha abbandonato la Resistenza. Ha abbandonato se stesso.

 La Storia ci osserva, e non accetta i silenzi come risposta. Chi ama la libertà, la difende ovunque. Chi ama la giustizia, non chiude gli occhi. E chi celebra la Liberazione, deve prima di tutto scegliere da che parte stare. Perché oggi, come allora, il silenzio è già una scelta. Ed è la scelta sbagliata.

 

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