i
ladri di libertà ci sono sempre
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di Salvatore Parlagreco
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Il 25 aprile non è solo la conquista della libertà e della
democrazia in Italia, la Resistenza dei partigiani italiani non è solo
anniversario e memoria civile di un popolo di uomini e donne che diedero la
vita per c riprendersi il Paese usurpato dai nazifascisti; il 25 aprile è
anche, o dovrebbe essere anche, la Festa della Liberazione da ogni usurpatore
di diritti umani. C’è un obbligo morale per chi festeggia il 25 aprile,
l’obbligo di testimoniare a coloro che sono morti per la democrazia e la libertà,
il sostegno, la fratellanza, la solidarietà attiva.
Tacere sulla Resistenza del popolo ucraino segnala una
imperdonabile omissione, una visione riduttiva e angusta, un intollerabile
vulnus ai valori di quella lotta per la libertà.
Come si può testimoniare la Festa della Liberazione senza
sentirsi, con il cuore e con la mente, vicini a quanti, non solo in
Ucraina, ma ovunque nel mondo, danno tutto, anche la vita, per la difesa di
valori e diritti, che danno dignità alla esistenza degli uomini e delle
donne?
Chi celebra la Liberazione e su chi oggi combatte per la
propria indipendenza, democrazia, dignità umana, tradisce quello stesso spirito
che afferma di onorare. Non
basta sventolare la bandiera il 25 aprile se poi si resta silenti. Il 25 aprile
non è una commemorazione da cartolina, né un semplice appuntamento del
calendario civile. È un giuramento rinnovato, un patto vivo tra generazioni che
si sono consegnate la fiaccola della libertà, del coraggio, della resistenza
alle ingiustizie. I partigiani di libertà devono sostenere la Resistenza
ovunque si manifesti oggi. Ignorarla, sminuirla è tradire la nostra.
L’Ucraina, come altre nazioni aggredite, è diventata terreno
di una nuova resistenza: non retorica, ma fatta di fango, sangue, madri che
piangono figli caduti, città distrutte, e milioni di persone costrette a
scegliere se arrendersi o morire liberi. Mezzo milione di vite spezzate non
possono essere ignorate nel nome di un malinteso “equilibrio” o di un pacifismo
astratto e inerte, che nella pratica si trasforma in complicità con
l’usurpatore. Chi oggi si rifugia nel silenzio o in una neutralità sterile, non
è un pacificatore. Diviene un complice, magari inconsapevole, ma pur sempre
complice dell’aggressione.
Il 25 aprile è anche oggi. È adesso. È in ogni trincea, in
ogni strada bombardata, in ogni grido che chiede aiuto e libertà.
Chi tace, chi relativizza, chi equidista, ha abbandonato la
Resistenza. Ha abbandonato se stesso.
La Storia ci osserva, e non accetta i silenzi come
risposta. Chi ama la libertà, la difende ovunque. Chi ama la giustizia, non
chiude gli occhi. E chi celebra la Liberazione, deve prima di tutto scegliere
da che parte stare. Perché oggi, come allora, il silenzio è già una scelta. Ed
è la scelta sbagliata.
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